2022-11-22
Le parole dolci di Di Maio all’Iran gelano l’Ue
Luigi Di Maio (Getty Images)
Un comunicato di Teheran imbarazza l’ex ministro, in corsa per fare l’inviato europeo nel Golfo persico. In una telefonata Giggino aveva appoggiato la Repubblica islamica sulla repressione delle proteste e sul nucleare. In pericolo i rapporti tra l’Unione e Israele.«Rispettiamo la sovranità e le leggi della Repubblica islamica dell’Iran e siamo d’accordo con voi che rispondere alle richieste pacifiche delle persone è separato dal caos e dal terrorismo». Potrebbe essere tranquillamente il virgolettato del presidente russo, Vladimir Putin, per commentare la dura repressione che il governo iraniano sta portando avanti da ormai più di due mesi contro la popolazione. Invece sono le parole di solidarietà che, il 5 ottobre scorso, l’ex ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, aveva espresso in una telefonata al ministro degli Esteri iraniano, Hossein Amirabdollahian. A riportarle è una nota ufficiale dell’Iran, facilmente rintracciabile sul sito del governo di Ebrahim Raisi. La Farnesina non ha mai smentito questa ricostruzione, mentre Di Maio continua a restare in silenzio dopo la sconfitta elettorale. Passata sottotraccia negli ultimi giorni di mandato del presidente del Consiglio, Mario Draghi (a ottobre il governo era in carica solo per gli affari correnti), è ritornata di attualità nelle ultime 24 ore, mentre si discute dell’autocandidatura di Di Maio a inviato speciale dell’Unione europea nel Golfo persico. Gli altri candidati appaiono molto più forti nei propri curricula. Eppure pare che Di Maio sia in pole position per questo incarico da 12.000 euro al mese. La questione non è di poco conto, soprattutto a livello europeo. La posizione filo iraniana dell’ex leader 5 stelle, favorevole anche a un accordo sul nucleare iraniano, rappresenterebbe un problema nei rapporti tra Ue e Israele. Le parole di solidarietà al regime di Teheran, poi, cozzano con la linea europea sulla guerra tra Russia e Ucraina, dal momento che da mesi droni iraniani colpiscono le città ucraine. A citare il colloquio del 5 ottobre tra Di Maio e Amirabdollahian, è stato Andrea Costantino, l’imprenditore milanese che da quasi due anni è bloccato negli Emirati Arabi Uniti, dove ha trascorso 430 giorni di carcere duro. Da sei mesi si trova nell’ambasciata italiana di Abu Dhabi. Non può uscire né muoversi, perché verrebbe di nuovo fermato. Costantino fu arrestato nel marzo del 2021, di fronte a moglie e figlia, senza che gli fosse mossa un’accusa formale e senza l’assistenza di un avvocato. Dopo che sono cadute le fantasiose accuse su una vendita illegale di gasolio in Yemen, è stato scarcerato. In questi mesi anche Luigi Vignali, direttore generale della Farnesina con delega agli italiani all’estero, ha ribadito che l’arresto di Costantino è stato un atto politico da parte degli sceicchi. Si sarebbe trattato di una rappresaglia per il blocco italiano delle commesse di materiali di difesa verso gli Emirati Arabi Uniti, deciso il 29 gennaio 2021, proprio da Di Maio, al termine del secondo governo Conte. L’ex esponente del Movimento 5 stelle pensava che gli emiri fossero ancora impegnati nella guerra civile in Yemen, dimenticando che il disimpegno militare in quel territorio era già iniziato nel 2019. Il 5 ottobre scorso l’Iran aveva già iniziato la dura repressione nei confronti della popolazione, dopo la morte, il 16 settembre, della ventiduenne Mahsa Amini, picchiata dopo essere stata trattenuta dalla polizia morale perché aveva mostrato i propri capelli. Erano i giorni in cui era stata anche incarcerata la nostra connazionale Alessia Piperno. Il problema è che Di Maio, durante quel colloquio, non ha detto nulla né sulla repressione né soprattutto sui rischi del nucleare, anzi. Come ha ricordato Costantino a Radio Libertà, «l’ex ministro Di Maio appare disallineato con la politica estera italiana che è europea e atlantista, mentre Di Maio manifesta amicizia verso la Repubblica islamica iraniana e filocinese. Non sono certo ignoti i buoni uffizi mantenuti da Di Maio con Amirabdollahian, suo omologo iraniano, durante la conduzione della Farnesina, per incrementare relazioni bilaterali e negoziati per revocare le sanzioni all’Iran, definendo la road map dei rapporti tra Teheran e Roma». Del resto, lo si legge nel comunicato stampa del governo iraniano, Amirabdollahian aveva sottolineato come «la Repubblica islamica dell’Iran, credendo concretamente nella democrazia, ha sempre prestato attenzione alle richieste pacifiche del popolo». E ancora, aveva sostenuto di non ritenersi soddisfatto «degli interventi di alcune autorità europee negli ultimi eventi, e se l’Ue vuole intraprendere un’azione frettolosa e sconsiderata con un duplice atteggiamento, dovrebbe attendere l’effettiva e reciproca azione della Repubblica islamica dell’Iran». Una chiara minaccia al nostro continente, ma accolta «con filosofia» dal ministro degli Esteri pro tempore, che invece aveva sottolineato - si legge - «l’importanza del rapporto con la Repubblica islamica. Sosteniamo fortemente gli sforzi dell’Iran per raggiungere un accordo stabile nel Jcpoa». Accordi sul nucleare, questi ultimi, abbandonati dagli Usa ormai definitivamente anche per l’appoggio militare di Teheran alla Russia sul fronte ucraino.