2020-06-10
Di idee sui migranti neanche mezza. E intanto le Ong sfidano il governo
Portata a casa la sanatoria-flop, la Lamorgese continua a ignorare l'avanzata degli sbarchi, ormai il doppio dall'anno scorso. Un assist ai taxisti del mare, che la Sea Watch raccoglie: «Punteremo sui porti italiani».Osservando Laura Boldrini e altri esponenti del Pd inginocchiarsi alla Camera in memoria di George Floyd, viene inevitabilmente da pensare che sarebbe stato bello vedere analoga commozione in occasione di altre violenze derivate dalle «tensioni etniche» (qualcuno ha citato il caso orribile di Pamela Mastropietro, e non è certo il solo). Ma sul tempo che fu ormai abbiamo mollato il colpo, inutile sperare che si ammettano gli errori del passato. Ci accontenteremmo, più mestamente, che gli illustri progressisti mostrassero una parvenza di solidarietà anche verso gli abitanti della nostra malconcia nazione. In particolare quelli ridotti in ginocchio non da pelose esigenze retoriche bensì dalla mala gestione del fenomeno migratorio, che prosegue imperterrita a far danni. Quale sia la situazione di Lampedusa e della Sicilia lo abbiamo raccontato più volte nei giorni passati. A ieri gli immigrati sbarcati sulle coste italiane erano 5.472, contro i 2.128 registrati nello stesso periodo dell'anno scorso. Gli ingressi non si verificano soltanto dal mare, ma anche dalla rotta balcanica, come ci ha spiegato il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza: «Non abbiamo più strutture dove alloggiarli per trascorrere la quarantena. La popolazione è esasperata e preoccupata. Ci sono stati casi di violenza». Nel frattempo, i famigerati ricollocamenti negli altri Stati europei sono al palo, nonostante il tanto celebrato accordo di Malta, presentato da Luciana Lamorgese come un punto di svolta epocale per la politica migratoria. Come ha scritto Gian Micalessin, «da settembre l'Italia è riuscita a far partire verso la Germania e altri Paesi “volenterosi" appena 464 migranti. Il tutto a fronte degli oltre 11.800 sbarchi registrati sulle nostre coste dal primo settembre ad oggi». Il risultato è una congestione del sistema di accoglienza da cui deriva in primo luogo un aumento dei costi a carico dei cittadini italiani (compresi quelli di origine straniera), e in secondo luogo un caos sempre più complicato da gestire. Giusto ieri, come riportava il quotidiano La Sicilia, «quattro tunisini si sono allontanati dal centro Piano Torre Park Hotel ad Isnello (Palermo). I quattro che si trovavano nel centro in quarantena hanno abbandonato la struttura per i migranti fuggendo dalla finestra del bagno. Le grate sono state divelte in nottata e e gli uomini dai 35 ai 22 anni hanno fatto perdere le loro tracce. Sono scattate le ricerche nella zona da parte della polizia e degli uomini della forestale». Non è nemmeno la prima volta che i migranti fuggono dai centri di accoglienza dandosi alla macchia, con tutti i rischi per la salute (loro e degli italiani) che ne conseguono. Del resto che gli sbarchi siano in aumento costante, così come gli arrivi da Nord Est è noto da diverse settimane. Sempre ieri si è parlato di un nuovo naufragio con una ventina di dispersi al largo della Tunisia, altro grande successo della lotta ai trafficanti. È altrettanto noto che i ricollocamenti siano bloccati - per via dell'emergenza Coronavirus ma pure per la scarsa disponibilità degli amici europei a farsi carico dei clandestini - e si sa pure che le strutture di accoglienza sono al limite della capienza, se non oltre. Infine, sappiamo ormai da giorni che le Ong hanno ripreso il largo in cerca di barconi da avvicinare. Gli attivisti si dilettano persino a sfidare apertamente le autorità italiane, come ha fatto ieri - tramite intervista (in ginocchio, forse in omaggio a Floyd) a Repubblica - Giorgia Linardi, portavoce di Sea Watch. La signorina, del tutto incurante dei problemi dell'Italia, spiega che la sua organizzazione non ha la minima intenzione di lasciare gli aspiranti profughi alla guardia costiera libica. «Continueremo a rivolgerci a Italia e Malta perché ci diano un porto, non abbiamo alternative», dichiara. A suo dire, l'emergenza sanitaria è stata strumentalizzata «proprio per evitare un'assunzione di responsabilità» e per «ostacolare l'azione delle Ong». La Linardi parla addirittura di «ispezioni punitive» compiute dalla Guardia costiera italiana «che hanno bloccato in porto la Aita Mari e la Sea Eye». Giusto per essere precisi, queste due navi sono state fermate perché non avevano i requisiti necessari ad effettuare il soccorso in mare. Se un mercantile si imbatte in un barcone alla deriva e fa salire a bordo persone che rischiano di annegare è un conto. Ma se una nave si mette appositamente a pattugliare il Mediterraneo per recuperare gente, come fanno le imbarcazioni delle Ong, la legge prevede che siano rispettati determinanti standard, onde non mettere a rischio soccorritori e soccorsi. Comunque sia, visto il bellicoso atteggiamento degli attivisti e la sfida aperta lanciata al governo, ci si aspetterebbe una risposta istituzionale. Così come sarebbe logico attendersi qualche indicazione su come affrontare l'emergenza migratoria. Ma su tutto questo l'esecutivo è silente. Approvata la sanatoria flop dei clandestini, sembra aver perso la parola. Al massimo abbiamo sentito pronunciare qualche frase sull'abolizione dei decreti sicurezza. Il «piano Colao» non si occupa di sbarchi e accoglienza, e va bene. Ma qualcuno - al Viminale o altrove - potrebbe degnarsi di spiegare agli italiani come verranno gestiti gli stranieri già approdati qui e quelli che ci saranno gentilmente consegnati dalle Ong. Forse al governo manca il fiato?