2022-12-30
«Depistaggio sul Dna di Bossetti». Indagato il pm del caso di Yara
Sotto accusa i metodi di conservazione dei campioni genetici cruciali per la sentenza.Quando il giallo di Brembate sembrava ormai essere uscito definitivamente dal circuito mediatico è arrivato il colpo di scena: a 12 anni dalla morte di Yara Gambirasio e quattro anni dopo la condanna definitiva all’ergastolo di Massimo Bossetti, il pubblico ministero di Bergamo, Letizia Ruggeri, che dopo quattro anni di indagini e una raffica impressionante di prelievi del Dna chiuse i conti con il principale sospettato nel 2014, si ritrova un’iscrizione sul registro degli indagati per un reato pesantissimo: frode processuale o depistaggio. A disporla è stato il gip del Tribunale di Venezia Alberto Scaramuzza (competente sui magistrati bergamaschi) a conclusione dell’udienza durante la quale i legali di Bossetti si sono opposti all’archiviazione del fascicolo sulla conservazione di reperti portati dal pm di Bergamo come prova nel processo che ha deciso l’ergastolo per il muratore di Mapello. Il nodo principale della contestazione sono i 54 campioni di Dna trasferiti dopo i tre gradi di giudizio dall’ospedale San Raffaele di Milano all’ufficio corpi di reato del Tribunale di Bergamo. E ora, per «permettere una compiuta valutazione in relazione a tutte le doglianze dell’opponente (Bossetti, ndr)», che richiedono «un necessario approfondimento», spiega la toga veneziana, sia al fine di permettere alla collega bergamasca «un’adeguata difesa», dopo aver mandato in archivio la posizione del presidente della Corte d’Assise Giovanni Petillo e della funzionaria dell’ufficio corpi di reato Laura Epis, ha dato indicazioni alla Procura di Venezia di procedere nei confronti di Ruggeri. Per l’avvocato Claudio Salvagni, che difende Bossetti, proprio il cambio di destinazione delle provette del Dna, interrompendo la catena del freddo (i campioni erano conservati a 80 gradi sottozero) potrebbe aver compromesso il materiale genetico rendendo impossibile qualsiasi ulteriore analisi (e comprimendo così eventuali attività difensive). La memoria dei difensori di Bossetti (circa 70 pagine) parte dalla decisione della Corte di Cassazione di autorizzare le difese all’accesso ai campioni di Dna. Si scoprì che il pm Ruggeri aveva chiesto di spostare le provette, consegnate dal professor Giorgio Casari ai carabinieri di Bergamo e arrivate all’ufficio reperti 12 giorni dopo. E siccome non è emersa alcuna prova che il presidente della Corte d’assise o la cancelliera abbiano in qualche modo tentato di distruggere o di danneggiare i campioni di Dna, ora tocca al pm Ruggeri, che in questa inchiesta veneziana era, di fatto, il convitato di pietra, dimostrare che quell’attività è stata del tutto regolare. Il capo della Procura di Bergamo Antonio Chiappani si è detto «sorpreso» per la decisione del gip veneziano. E ha ricordato che l’iscrizione della sua sottoposta arriva «dopo tre gradi di giudizio e dopo sette provvedimenti di rigetto dei giudici di Bergamo sia per l’analisi che per la verifica dello stato di conservazione dei reperti e dei campioni residui di Dna». Il procuratore ha comunque affermato di essere «fiducioso che in sede di indagini emergerà la correttezza dei comportamenti tenuti dalla collega». I legali di Bossetti non hanno ancora svelato la prossima mossa. Ma se la nuova inchiesta veneziana dovesse offrire alla difesa del condannato qualche riscontro è prevedibile una richiesta di revisione del processo. E il caso, che sembrava definitivamente chiuso, potrebbe clamorosamente riaprirsi.