2021-11-01
Denigrare le piazze non basta: ora le vogliono vietare
Maurizio Gasparri: «Sgomberare i sit in a Trieste». Il sindaco contro gli assembramenti. Intanto, a Torino, ennesimo rave. E Luciana Lamorgese tace.Manganellare i no pass, sgomberare i sit in, proibire gli assembramenti a Trieste. Il vento di repressione soffia da un po': ne hanno fatto le spese addirittura certi ex mostri sacri della sinistra, da Massimo Cacciari ad Alessandro Barbero, rei di aver criticato la religione del vaccino e il lasciapassare verde, che è il suo profeta. Ma dalla criminalizzazione del dissenso, stiamo passando direttamente alla rimozione fisica del diritto di manifestare. Nel nome della sicurezza sanitaria, ovviamente.Primo fu Beppe Sala, con un appello al governo: visto che il prefetto, comprensibilmente, non vuole caricare i cortei, almeno il Viminale fornisca più agenti per contenerli. Poi è arrivato il forzista Maurizio Gasparri, scandalizzato dal focolaio triestino, «probabilmente alimentato da concentrazioni che, con argomentazioni pretestuose, non solo contestano i certificati sanitari […] e di fatto le vaccinazioni, ma diventano occasione di diffusione del virus». Perciò, «il sit in e le iniziative triestine vanno sgomberati con immediatezza, a tutela della salute pubblica». In altri tempi, per una sortita del genere, a Gasparri avrebbero dato del picchiatore fascista. Adesso, dopo lo spettacolo degli idranti contro i portuali, è corsa a dargli manforte persino Debora Serracchiani, del Pd, proponendo di «valutare provvedimenti» sui disobbedienti. A nessuno è venuto in mente di fare un confronto con l'anno scorso: il 31 ottobre 2020, in Friuli Venezia Giulia si erano registrati 726 contagi, con 36 pazienti in terapia intensiva e tre morti. Ieri, 272 infezioni, con 14 ricoverati in rianimazione e zero decessi. È pur vero che, nei pronto soccorso giuliani, si vivono giornate campali. L'incidenza dei casi, in provincia, è la più alta d'Italia. Così, il sindaco di centrodestra, Roberto Dipiazza, sta pensando a «un'ordinanza di divieto d'assembramento», per scongiurare il ritorno della zona gialla in città. La situazione è complicata, sì. Eppure, Dipiazza è lo stesso che, durante la Barcolana, la storica regata velica che si è tenuta nel golfo dall'1 al 10 ottobre, sul suo canale Youtube, ha pubblicato un video che lo immortalava mentre baciava e abbracciava i fan, rigorosamente «smascherato». E sul sito della gioiosa rassegna, campeggiano foto di gente ammucchiata, molto spesso a viso scoperto, mentre cammina tra gli stand allestiti lungo il porto. Tutti vaccinati con il pass, evidentemente; peccato che la tesserina Covid non offra alcuna «garanzia di trovarsi tra persone che non sono contagiose», come promise fallacemente Mario Draghi. Perché sul banco degli imputati finiscono solamente i camalli e nessuno più punta il dito sui cittadini in festa? C'erano una volta ministri e virostar scandalizzati per il reato di passeggiata aggravata...Ancora meno controllata, poi, era la celebratissima «marea umana», radunatasi a Milano, all'Arco della Pace, per protestare contro la bocciatura in Senato del ddl Zan. Erano in 10.000, per diritto divino immuni al virus e, soprattutto, al trattamento mediatico in stile «colonna infame». Trascorso senza conseguenze anche sabato 16 ottobre: la Cgil che sfilava verso piazza San Giovanni a Roma, intonando Bella ciao. Ecco: se i portuali cantano, si macchiano di epidemia colposa; se le note arrivano dalle rosse ugole - per lo più libere da mascherine - il Covid s'arresta, solidale con la nobile causa antifascista. Nell'Italia del coronavirus potete tenere, indisturbati, un rave party con sassaiola: è successo ieri a Torino e sono rimasti feriti tre agenti. In 10.000 hanno fatto baldoria, come al solito, alla faccia di Luciana Lamorgese. Guai, però, a contestare lo stato d'eccezione. C'è chi lo fa con cattivo gusto, come i no pass di Novara, che si sono vestiti da deportati nei lager, tra pettorine a righe e filo spinato. Sarà esagerato gridare al regime. Ma cos'altro è, quello che, oltre agli obbedienti, plasma pure i dissenzienti? Insomma, quello che seleziona le proteste «buone» - Lgbt, antifasciste e ambientaliste - voi come lo chiamereste?
Thierry Sabine (primo da sinistra) e la Yamaha Ténéré alla Dakar 1985. La sua moto sarà tra quelle esposte a Eicma 2025 (Getty Images)
La Dakar sbarca a Milano. L’edizione numero 82 dell’esposizione internazionale delle due ruote, in programma dal 6 al 9 novembre a Fiera Milano Rho, ospiterà la mostra «Desert Queens», un percorso espositivo interamente dedicato alle moto e alle persone che hanno scritto la storia della leggendaria competizione rallystica.
La mostra «Desert Queens» sarà un tributo agli oltre quarant’anni di storia della Dakar, che gli organizzatori racconteranno attraverso l’esposizione di più di trenta moto, ma anche con memorabilia, foto e video. Ospitato nell’area esterna MotoLive di Eicma, il progetto non si limiterà all’esposizione dei veicoli più iconici, ma offrirà al pubblico anche esperienze interattive, come l’incontro diretto con i piloti e gli approfondimenti divulgativi su navigazione, sicurezza e l’evoluzione dell’equipaggiamento tecnico.
«Dopo il successo della mostra celebrativa organizzata l’anno scorso per il 110° anniversario del nostro evento espositivo – ha dichiarato Paolo Magri, ad di Eicma – abbiamo deciso di rendere ricorrente la realizzazione di un contenuto tematico attrattivo. E questo fa parte di una prospettiva strategica che configura il pieno passaggio di Eicma da fiera a evento espositivo ricco anche di iniziative speciali e contenuti extra. La scelta è caduta in modo naturale sulla Dakar, una gara unica al mondo che fa battere ancora forte il cuore degli appassionati. Grazie alla preziosa collaborazione con Aso (Amaury Sport Organisation organizzatore della Dakar e partner ufficiale dell’iniziativa, ndr.) la mostra «Desert Queens» assume un valore ancora più importante e sono certo che sarà una proposta molto apprezzata dal nostro pubblico, oltre a costituire un’ulteriore occasione di visibilità e comunicazione per l’industria motociclistica».
«Eicma - spiega David Castera, direttore della Dakar - non è solo una fiera ma anche un palcoscenico leggendario, un moderno campo base dove si riuniscono coloro che vivono il motociclismo come un'avventura. Qui, la storia della Dakar prende davvero vita: dalle prime tracce lasciate sulla sabbia dai pionieri agli incredibili risultati di oggi. È una vetrina di passioni, un luogo dove questa storia risuona, ma anche un punto d'incontro dove è possibile dialogare con una comunità di appassionati che vivono la Dakar come un viaggio epico. È con questo spirito che abbiamo scelto di sostenere il progetto «Desert Queens» e di contribuire pienamente alla narrazione della mostra. Partecipiamo condividendo immagini, ricordi ricchi di emozioni e persino oggetti iconici, tra cui la moto di Thierry Sabine, l'uomo che ha osato lanciare la Parigi-Dakar non solo come una gara, ma come un'avventura umana alla scala del deserto».
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