2024-02-16
I dem insultano: «No vax squadristi»
Ancora lite sull’organo d’inchiesta, per la cui guida è favorita Alice Buonguerrieri . Attacchi a Fabio Rampelli, presidente della Camera al momento del voto. E Carlo Calenda punge i renziani.Nel day after del voto finale sull’istituzione della commissione d’inchiesta sul Covid, le polemiche non hanno accennato a diminuire. Dopo la bagarre che si è venuta a creare in Aula, hanno tenuto banco gli attacchi scomposti delle opposizioni (Italia viva a parte) via social e via comunicato stampa, per una decisione che loro ritengono politica, anziché dettata dall’esigenza di acclarare se vi siano state mancanze, malversazioni e clamorose omissioni nel periodo della pandemia. Lo schema di Pd e di M5s è sempre lo stesso: accostare con disprezzo i promotori della commissione ai no vax (e ciò di per sé basta a sottolineare una certa incoerenza dei grillini, partito ufficiale, nella scorsa legislatura, proprio della galassia no vax) e denunciare una sorta di «Norimberga» sanitaria.Ad avviare le ostilità, ieri, i dem con un tweet piuttosto ruvido, in cui campeggiava una grafica con scritto «Da Vox a no vax, ecco Meloni al governo», accompagnato da una didascalia in cui dal Nazareno condensano in poche righe una serie di slogan: «Alla Camera», scrive il Pd, «la destra, con atteggiamento squadrista, dà voce ai peggiori rigurgiti antiscientifici. Fortunatamente non erano alla guida del Paese durante la pandemia, avrebbero seguito i loro nefasti modelli Trump e Bolsonaro». Trump chi? Quello che fece piovere miliardi sulle case farmaceutiche, affinché sviluppassero velocemente un vaccino?È proprio «squadrismo» il mantra di giornata (di tutte e due le ultime giornate) delle prefiche giallorosse: il bersaglio preferito delle invettive è stato il vicepresidente della Camera e presidente di turno mercoledì, al momento del voto, Fabio Rampelli, accusato di aver condotto i lavori d’Aula a favore della maggioranza. Rampelli ha avuto la solidarietà di molti colleghi e si è difeso di persona, sottolineando di aver assicurato «il pieno esercizio della libertà di pensiero e di parola, perché questo prevede un libero Parlamento». «Il presidente», ha aggiunto, «non ha alcun titolo e diritto di censurare o addirittura interrompere qualsivoglia deputato nell’esercizio delle sue funzioni, fatta eccezione per la pronuncia di insulti, ingiurie e volgarità. Nel caso in cui un deputato si senta offeso dal contenuto dei giudizi di un altro collega, interviene il Regolamento della Camera che offre all’interessato la possibilità di prendere la parola per “fatto personale”, strada che ho indicato al presidente Conte e al deputato Speranza, che l’hanno poi percorsa». Ad andarci giù pesante, oltre a Pd e M5s, che nelle loro note hanno parlato in modo ricorrente di «brutta pagina parlamentare» e di «rivincita antiscientifica», è il leader di Azione, Carlo Calenda, con l’intento evidente di perpetuare la polemica col suo ex-compagno di strada Matteo Renzi: «Noi», scrive Calenda, «a differenza di altri che sostenevano il Conte 2, votando tutti i provvedimenti e che ora chiedono per ragioni di rivalsa personale un “tribunale politico”, eravamo all’opposizione, ma non per questo ci abbasseremo a questo ripugnante atto di giustizialismo politico. Chi ha sostenuto i governi Conte e Draghi», ha aggiunto, «e oggi vota questo testo dovrebbe vergognarsi». I renziani non raccolgono la provocazione: «La gazzarra lasci il posto alla scrupolosa valutazione dei fatti», osserva il capogruppo di Iv alla Camera e «papabile» per la presidenza, Davide Faraone». E proprio sul totopresidente, se è vero da un lato che sono circolate voci sul fatto che Iv, in cambio del proprio appoggio alla commissione, abbia chiesto la presidenza nella persona del citato Faraone, la scelta potrebbe cadere su uno dei due relatori che hanno accompagnato il provvedimento nei due rami del Parlamento, ovvero sulla deputata Fdi Alice Buonguerrieri o il suo compagno di partito, il senatore Gianni Berrino, con la prima in vantaggio.
Container in arrivo al Port Jersey Container Terminal di New York (Getty Images)
La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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