2022-09-03
Le freddure di Delpini celano gli strascichi di una storia di abusi
Mario Delpini (Imagoeconomica)
L’inopportuno show dell’arcivescovo di Milano ha origine dalla vicenda, mal gestita, di un prete condannato per molestie.Colpa del superlavoro, del navigatore rotto e del River Plate. Sono i tre motivi che l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, ha elencato davanti al collega Oscar Cantoni per motivare la nomina di quest’ultimo a cardinale e l’ennesima beffa subìta. Una scena spiacevole avvenuta nel duomo di Como davanti a 500 fedeli in raccoglimento per la cerimonia più solenne: la concessione ufficiale della porpora all’amato vescovo della città. Molti hanno commentato il discorso delpiniano come una «scherzosa protesta», una «divagazione ricamata sul filo dell’ironia»; in realtà si è trattato di uno sberleffo pubblico che in 400 anni mai era risuonato nella cattedrale intitolata a Santa Maria Assunta. Un accadimento che a Como nessuno dimenticherà, un affronto soprattutto a Papa Francesco che ha nominato Cantoni e non Delpini, perché «nemmeno la Trinità conosce cosa pensi un gesuita». Il giorno dopo il siluro coram populo è permeato di un silenzio assordante: il neocardinale è molto amareggiato ma, come si rileva nel vescovado lariano, «non ha nessuna intenzione di scendere in polemica e rovinare un momento così speciale per l’intera comunità comasca e valtellinese». In Vaticano, dove tutti hanno visto il video e letto i report, lo scandalo dell’augurio al confratello trasformato in stand up comica è soffocato in nome della fratellanza della tonaca. Ma nelle sacre stanze c’è chi se l’è legata al dito. Una scena ha fatto imbufalire i porporati: mentre Delpini parlava con accenti da Maurizio Crozza, i vescovi che gli facevano ala si sono esibiti in risate di approvazione che hanno aggiunto imbarazzo a imbarazzo. Il solo cardinal Francesco Coccopalmerio è rimasto pietrificato da ciò che stava ascoltando.Le tre ragioni elencate dall’arcivescovo di Milano per giustificare la scelta e legittimare il sorpasso sarebbero state: «Il Papa pensa che l’arcivescovo di Milano sia troppo occupato e ha voluto dare un po’ di lavoro anche al vescovo di Como», «Il Papa pensa che il metropolita bauscia di Milano non sappia nemmeno dove sia Roma e sarebbe meglio non coinvolgerlo nel governo della Chiesa universale», «Il Papa è tifoso del River Plate (in realtà del San Lorenzo de Almagro, tessera numero 88.235, ndr) che è una squadra che non vince e per affinità ha scelto Como, una città che non ha una squadra di calcio vincente perché lo scudetto è a Milano». Tutto questo a un metro dal raggelato neocardinale Cantoni. Come ridurre tutto a una macchietta. Chissà perché torna alla mente la frase di Jep Gambardella ne La Grande Bellezza: «Io non volevo solo partecipare alle feste, volevo avere il potere di farle fallire».Delpini ha deciso di accendere la miccia, nascondendo la frustrazione dietro il sarcasmo, con una domanda retorica: «Quali sono i motivi che hanno spinto il Papa a imporre la berretta a un vescovo lombardo e non al suo rispettivo metropolita?». Si è risposto da solo: superlavoro, navigatore rotto e football. Ma questo è folclore, ovviamente. Fra le cause del declassamento ce n’è una inconfessabile, che il nostro giornale ha raccontato dall’inizio alla fine: le responsabilità oggettive dell’Arcidiocesi nella gestione del caso di pedofilia sacerdotale che ha visto protagonista don Mauro Galli, condannato in secondo grado a cinque anni e sei mesi per abusi sessuali su un adolescente di Rozzano. La Cassazione ha rimandato il processo in Appello per un vizio di forma e c’è il rischio concreto che la sentenza venga congelata dalla prescrizione. Al tempo dei fatti (dicembre 2011) Delpini era vicario episcopale e invece di proporre l’apertura dell’«indagine previa» (l’inchiesta prevista dal diritto canonico per accertare i fatti) decise semplicemente di trasferire il sacerdote a Legnano, sempre in unità parrocchiali con oratori, quindi a contatto con potenziali giovani vittime. Un atteggiamento che il Papa avrebbe in seguito condannato nel motu proprio «Vos estis lux mundi», allargando l’imputabilità anche ai vescovi e agli altri prelati, cosiddetti omertosi o insabbiatori. Lo stesso Francesco aveva nominato Delpini arcivescovo nel 2017, quando il caso non era ancora arrivato in tribunale a Milano. E quando i pochi giornali che ne parlavano (noi in prima fila) venivano additati dalle alte sfere della comunicazione ecclesiastica come dei «divulgatori di fake news».Ecco perché la vicenda comasca non è fine a se stessa ma ci riporta nella terra di mezzo di peccati e peccatori. È difficile che le scelte del Papa non tengano conto del pregresso. L’arcivescovo metropolita lo sa e forse si sente al capolinea. Ma stando a Milano può sempre rivincere lo scudetto.
Bologna, i resti dell'Audi rubata sulla quale due ragazzi albanesi stavano fuggendo dalla Polizia (Ansa)
La Global Sumud Flotilla. Nel riquadro, la giornalista Francesca Del Vecchio (Ansa)
Vladimir Putin e Donald Trump (Ansa)