2025-07-22
«Dazi, vogliamo accordi di qualità»
Scott Bessent: «Washington non ha fretta. Nella trattativa l’Europa è partita lenta però ora è più impegnata». Ursula Von der Leyen giovedì in viaggio in Cina, ma intese difficili.La linea è trattare a oltranza ma senza riporre l’arma delle ritorsioni. Nel braccio di ferro tra Europa e Stati Uniti sui dazi, tutti gli scenari sono aperti. È ormai chiaro che Washington non ha intenzione di cedere più di tanto e si attende che Bruxelles, consapevole dei disastri che procurerebbero le tariffe al 30%, velocizzi il negoziato. Il segretario al Tesoro, Scott Bessent, lo ha detto a chiare lettere: «Il livello delle tariffe che abbiamo deciso sui loro beni incide in modo pesante, quindi immagino che vogliano negoziare più velocemente». E per far capire che non ci saranno grandi «sconti» rispetto a quel 30% che dovrebbe scattare dal prossimo 1° agosto, ha ricordato il «gigantesco deficit commerciale». Bessent ha anche sottolineato che l’Europa «è partita lenta ma ora è più impegnata» e ha detto che no ha fretta perché «preferiamo accordi di qualità». Il segretario al Commercio Howard Lutnick ha espresso ottimismo: «Sono fiducioso che riusciremo a raggiungere un accordo». Con questi presupposti, i margini di manovra per la Commissione europea sono davvero risicati. Stretta nell’angolo, Ursula von der Leyen vorrebbe giocarsi anche la carta cinese, ridefinendo l’alleanza economica e strategica con Pechino. Ma pure su questo fronte le possibilità che riesca a portare a casa qualche cosa dal vertice di giovedì prossimo con il presidente Xi Jinping e il premier Li Qiang sono vicine allo zero. Il dossier che la Von der Leyen porterà all’attenzione delle massime autorità cinesi riguarda il deficit commerciale raddoppiato nell’ultimo anno, oltre 300 miliardi di euro, a causa di un accesso limitato al mercato del Dragone. La Cina beneficia dell’apertura incondizionata dell’Europa ma importa molto poco: è questo il tema sul tavolo, a cui segue la richiesta di reciprocità, rimozione delle barriere, fine delle pratiche distorsive e rispetto degli impegni multilaterali. Il problema però è che queste richieste non sono supportate da un potere contrattuale Ue tale da essere almeno prese in considerazione. La questione del blocco delle esportazioni di terre rare non ha avuto nessuna evoluzione come non ci sono segnali per riaprire il discorso sulle tariffe imposte dalla Ue alle auto elettriche cinesi. Dulcis in fundo, Pechino ha avviato un’indagine per presunti sussidi su maiale e prodotti caseari. A conferma dell’assenza di un avvicinamento c’è il fatto che la durata del summit è stata ridotta da due a un giorno. Probabilmente non mancherà un comunicato conclusivo per salvare la faccia, ma non si vedono risultati all’orizzonte. Maggiore disponibilità Ursula von der Leyen dovrebbe trovarla a Tokyo dove sarà il giorno prima, mercoledì. Il Giappone è il principale partner commerciale in Asia dell’Europa e non sarà difficile concordare un rafforzamento della cooperazione. Un’operazione quasi scontata mentre la vera scommessa, quella cinese, è proiettata verso un nulla di fatto. L’insuccesso non potrà non pesare sul negoziato con gli Usa. Mentre la Von der Leyen è a Tokyo, gli Stati membri della Ue riuniranno gli ambasciatori del Coreper per mettere a punto una strategia in caso di mancato accordo con una raffica di controdazi. Anzi un gruppo di Paesi, quali Francia, Spagna, Austria e Danimarca, spinge per ritorsioni sui big della tecnologia. Secondo il Wall Street Journal, anche la Germania, fino a ora per la linea negoziale, avrebbe cambiato posizione, aprendo a soluzioni drastiche. Queste diverse voci non aiutano la trattativa, anche se la linea ufficiale della Ue rimane un accordo. Il momento di grande incertezza non può non condizionare le scelte della Bce. Nella riunione di giovedì, il Consiglio direttivo dell’Eurotower è pronto a tirare il freno, lasciando il costo del denaro al 2%, dopo l’ultimo ritocco al ribasso del 5 giugno. Dopo un anno di politica monetaria espansiva, con ben otto tagli consecutivi per un totale di 200 punti base, la Banca centrale seguirà la strada della prudenza secondo gli analisti. D’altronde l’inflazione è ormai vicina al target del 2%, per le nuove proiezioni macroeconomiche bisogna attendere il 10 settembre, quindi stare a bocce ferme è nell’ordine delle cose. Diversa invece la situazione della Federal reserve che si riunirà il 29-30 luglio con Jerome Powell nel mirino di Trump che preme per una riduzione del costo del denaro.Secondo Confindustria, con dazi al 30% e con il cambio euro-dollaro ai livelli attuali, le esportazioni si ridurrebbero di circa 38 miliardi di euro, pari al 58% delle attuali vendite dirette nel mercato americano. La manovra comporterebbe un impatto netto negativo sul Pil italiano, stimato in una perdita dello 0,8% nel 2027.
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