
Anche la difesa dell'ex consigliere Luigi Spina, indagato a Perugia, vuole interrogarlo sulla fuga di notizie relativa all'esposto anti Pignatone. La candidatura saltata di Stefano Fava.La difesa dell'ex consigliere del Csm Luigi Spina ha deciso di convocare come testimone il leader dei duri e puri di Autonomia & indipendenza Piercamillo Davigo per le indagini difensive, non solo nel procedimento disciplinare, ma anche nel processo penale in corso a Perugia. La questione ruota tutta attorno all'esposto che l'ex pubblico ministero di Roma Stefano Fava aveva inviato al Consiglio superiore della magistratura per segnalare presunti profili di incompatibilità del già procuratore Giuseppe Pignatone, che in un fascicolo che aveva assegnato ai suoi sostituti si era incrociato con indagati che conosceva personalmente o che avevano dato incarichi professionali al fratello avvocato Roberto. Spina è accusato dalla Procura di Perugia di rivelazione del segreto d'ufficio per aver svelato allo stratega delle nomine Luca Palamara l'esistenza dell'esposto, che era arrivato alla Prima commissione del Csm (della quale Spina faceva parte) ed era stato segretato dall'ufficio di presidenza, violando così i doveri della sua funzione e abusando della sua qualità. Il tutto, a leggere il capo d'accusa scritto dalla Procura di Perugia, sarebbe avvenuto il 7 e il 9 maggio 2019. Dalle indagini difensive dei difensori di Palamara, però, Spina ha appreso che Davigo in teoria, avrebbe saputo dell'esistenza di quell'esposto in tempi antecedenti. Come? Fu Fava a parlargliene. Il pm anti Pignatone fu contattato da Sebastiano Ardita, tramite il collega Erminio Amelio, per una proposta di candidatura con Autonomia & Indipendenza. Durante un pranzo romano, Fava parlò dell'esposto con i due consiglieri del Csm. Era la fine di febbraio o l'inizio di marzo 2019. Su questo punto Fava, sentito dai difensori di Palamara, non riesce a essere più preciso. Ma si tratta comunque di una data antecedente rispetto a quella contestata a Spina. Fava ricorda anche che entrambi i consiglieri «giudicarono la vicenda di indubbia rilevanza» e gli avrebbero detto che «meritava approfonditi accertamenti da parte del Csm». Non solo, stando al racconto di Fava, nel mese di maggio 2019 Ardita gli comunicò che la segnalazione era arrivata alla Prima commissione, di cui Ardita faceva parte e, pertanto, ritenne inopportuno continuare a sentire il collega a telefono. I contatti continuarono, ma solo tramite Amelio. Inoltre, c'è una intercettazione che retrodata la diffusione sulla notizia dell'esposto già al 3 aprile. A commentare l'esposto con Palamara è, come risulta alla Verità, Riccardo Fuzio, membro del comitato di presidenza del Csm. Quel giorno era stato trattato per la prima volta il caso nel comitato di presidenza. Esordisce dicendo che una «terza persona non è stata convocata e a domanda risponde di non sapere cosa possa essere». Palamara dice «che si farà dire bene (da terza persona, ndr)». E alla fine Fuzio chiosa: «Prima o poi deve andare alla Prima». E Palamara: «Appunto, ma deve andare subito e si ferma lì». Il particolare dei pranzi tra Ardita, Davigo e Fava proprio nel periodo precedente al momento in cui l'esposto arrivò in Prima commissione non è sfuggito alla difesa di Spina. Davigo, però, convocato per le indagini difensive non si è presentato. Con molta probabilità la difesa dovrà chiedere formalmente la convocazione tramite la Procura: la stessa procedura seguita dai difensori di Palamara per le sommarie informazioni di Amelio. Anche il pm romano snobbò i difensori, ma è stato costretto a deporre quando la convocazione gli è arrivata tramite la Procura.
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