2023-01-04
Daniele Pelliciardi: «Devo pagare le tasse all’assassino che ha massacrato i miei genitori»
Guido Pelliciardi e Lucia Comin. Nel riquadro, Daniele Pelliciardi
L’Agenzia delle entrate insegue il figlio della coppia ammazzata dai rapinatori in provincia di Treviso: «Pretende le spese legali non versate dal killer condannato all’ergastolo e dal ministero dell’Economia».Gorgo al Monticano, in provincia di Treviso, segna il discrimine dell’orrore. Ancora, quando pronunci il nome di questo paese, a distanza di 15 anni, la gente spalanca gli occhi.Un paese di 4.000 anime, ai confini con il Friuli Venezia Giulia, nel cuore della Marca trevigiana. Se lo percorri trovi questi stradoni immensi avvolti dalle campagne. Chi abita qui, nell’entroterra veneto e friulano, sa cosa vuol dire vivere con il terrore che i rapinatori ti entrino in casa, con la paura che possano tornare. Quella paura che ti paralizza. Che ti fa sedere sul letto ad aspettare che faccia giorno. Qui la notte del 20 agosto 2007 Guido Pelliciardi e Lucia Comin vennero seviziati, massacrati e torturati per ore e poi uccisi. Erano all’interno della loro dependance in una villa dove facevano i custodi. Pareva tutto tranquillo quella notte. Ma c’era quella Bmw scura che passava e ripassava lungo la strada che costeggia il fiume. Mai visto niente di simile, dissero coloro che arrivarono sul posto del delitto. Alcuni soccorritori si sentirono male per la scena della mattanza. Centottanta colpi di cacciavite e di spranga, lui una vertebra spezzata, lei il cranio fracassato. Entrambi costretti ad assistere l’uno alle sevizie dell’altro. Lei violata nelle parti intime anche con una spranga o una bottiglia. Lui 67 anni. Lei 61. Per il delitto vennero condannati a 18 anni il basista, Alin George Bogdaneanu, operaio alla Inipress della famiglia Durante (proprietari della villa); a 30 anni l’istigatore, Naim Stafa, con precedenti per rapina, droga e armi che nemmeno doveva essere in Italia, e l’esecutore Artur Lleshi, poi suicidatosi in carcere, già condannato per violenza sessuale e uscito dal carcere l’anno prima grazie all’indulto. Daniele Pelliciardi, ex guardia giurata in turno quella notte, è il figlio dei coniugi massacrati. Lo incontriamo una mattina di dicembre a cavallo delle feste. Parlare di certe cose fa male. Gli occhi si inumidiscono. La voce si fa flebile. Roca. Daniele, tra qualche anno uno esce.«Anche prima secondo me. C’è la buona condotta se ti comporti bene, che poi… dopo quello che hai fatto».Lei li ha mai visti? «No. Se non c’è una legge terrena, ci sarà qualche altra legge».Vorrebbe incontrarlo? «Assolutamente no. Anzi se esce e nessuno mi dice niente sarei più contento».Si torna a parlare di legittima difesa. Vede il caso del gioielliere di Cuneo. Lei cambierebbe la legge? «Sì. È da rivedere. Chiaro che uno si deve difendere se ha la possibilità. Io da ex guardia giurata so com’è, se uno esce e rincorre non è proprio legittima difesa, ma in quel momento non stai a pensare. È una legge che hanno fatto ma in qualsiasi momento la puoi capovolgere».Dovrebbe passare il concetto che se tre mi entrano in casa la difesa possa sempre essere legittima.«In teoria sì».Mi colpisce la sua lucidità.«In questi anni con l’aiuto di tante persone sono riuscito a elaborare la cosa. Piano piano…». Come l’ha affrontata? «Al momento ho visto nero davanti, più di qualche volta ho pensato di uccidermi… avevo un’arma. Poi guardando oltre quel nero ho visto i miei figli, mia moglie… Sono stato ricoverato in ospedale un po’ di tempo. La sto superando, ma sono ferite che ogni volta che le apri… vede anche in questo momento…».Ha gli occhi lucidi. Se vuole ci fermiamo.«No, tranquilla. Chi mi ha tenuto sotto controllo mi ha detto che cancellare è impossibile, mi hanno spiegato che quando ti viene sotto un treno ti si azzera tutto e poi piano piano risali».Le va di parlare di quel giorno.«Era un lunedì notte. Io l’ho saputo subito perché ero in centrale operativa, ho preso io la telefonata… Quella sera c’era il temporale e sono scattati parecchi allarmi. La guardia, facendo il controllo sul retro della villa, ha notato la porta aperta e mi ha avvisato…».Continui.«Mi ha chiamato, gli ho detto: “Vai dentro”. Lui in diretta al telefono mi diceva che era tutto a soqquadro. Poi arrivato in camera… Ha puntato la pila sul letto e… ha visto sangue dappertutto. Ho chiamato io il 112 e il 118. Sono corso subito… ma…».Ma?«Non mi hanno fatto entrare… Sono stato interrogato anch’io sebbene fossi in centrale. Anche mia moglie. Si è sentita dire: “Hai ucciso tu tua suocera?”».I suoi figli quanti anni avevano? «Nove e undici».Come glielo ha detto?«La notte stessa, hanno vissuto tutto in prima persona. Sono cresciuti più in fretta rispetto ad altri, mia figlia ha avuto parecchi problemi».Avete avuto un risarcimento? «Ma quale risarcimento... Il risarcimento di un milione di euro stabilito dai giudici esiste solo sulla carta. L’ Italia è l’unica a non avere un fondo per questi reati».Si è sentito tutelato dallo Stato? «Lo Stato? Mi sta ancora mandando le cartelle delle tasse da pagare».Quali cartelle? «Quando c’è stato il ricorso che il mio avvocato fece contro il ministero dell’Economia, la sentenza doveva essere depositata e il deposito ha un costo. Chi perde paga, il romeno non aveva niente. Doveva pagare il ministero, che non ha pagato e ora l’agenzia si rivale su di me».La prego, mi dica che non è vero...«Sì sì. Ho le cartelle a casa».Che ricorso era? «Quello che ha preso l’ergastolo doveva incassare 111.000 euro di risarcimento per ingiusta detenzione».Cioè? «Stafa, prima del delitto dei miei genitori, era stato incarcerato con un altro nome. Aveva dato un nome falso. Il suo avvocato era riuscito a fargli avere questi soldi che il mio legale ha bloccato. Noi nel 2018 abbiamo fatto causa al ministero, vincendo, e questa somma è servita per pagare le spese legali».E a quanto ammontano le cartelle? «L’anno scorso 1500 euro. L’ultima, un mese fa, di più, perché c’è la mora. Ora se non si decidono a pagare devo farlo io, per poi fare causa per riavere indietro i soldi».Allucinante.«Ma guardi ormai non mi meraviglio. Questa è l’Italia. Ad esempio quando due persone muoiono, per portarli dall’abitazione all’obitorio, l’Ulss ti fa pagare la strada».E quanto le hanno chiesto? «Quattrocento euro».