2022-03-09
Pure il carbone viene da Putin e l’Europa ci lascia in mutande
Il paradosso: rimettiamo in funzione le centrali per sostituire il gas russo, ma la materia prima l’acquistiamo sempre a Mosca. Bruxelles intanto nega bond comuni per l’energia: il costo delle sanzioni non sarà distribuito.La Commissione europea ha presentato ieri il piano che ambisce a rendere l’Unione europea indipendente dagli idrocarburi provenienti dalla Russia. Il piano, battezzato RePowerEu (power significa sia energia che potere) delinea anche una serie di misure sugli stoccaggi di gas. Il commissario all’energia, Kadri Simson, e il vicepresidente della Commissione, Frans Timmermans, in conferenza stampa hanno illustrato le tre direttrici principali del piano: 1 Diversificazione degli approvvigionamenti di gas, con un maggiore uso dei terminali di rigassificazione e dei gasdotti; 2 Investimenti nelle fonti rinnovabili; 3 Efficienza. In sintesi: accelerare il piano Fitfor55, risparmiare energia e sostituire la Russia nelle forniture di gas. Non siamo davanti a idee particolarmente originali, dunque. Le novità però stanno nei numeri del documento. Il piano punta a ridurre le importazioni europee di gas dalla Russia di ben 100 miliardi di metri cubi già entro la fine di quest’anno (pari ai due terzi delle importazioni del 2021). Secondo il RePowerEu, 50 miliardi di metri cubi di gas russo verrebbero sostituiti da import via Gnl, mentre altri 10 dall’aumento di import via gasdotti da altri Paesi. Altri 3,5 miliardi di metri cubi da maggiore produzione europea di biometano. Poi, ben 14 miliardi di metri cubi di importazioni verrebbero annullati da risparmi energetici (il piano indica come esempio «abbassare la temperatura dei termostati di 1 grado», sic) e altri 20 miliardi da sostituzione di impianti termoelettrici a gas con quelli a fonte rinnovabile. Per usare il linguaggio di Bruxelles, un piano ambizioso.Per quanto riguarda gli stoccaggi di gas, viene proposto un obbligo per i gestori degli stoccaggi di arrivare al primo ottobre di ogni anno con la capacità almeno al 90%, prevedendo anche incentivi economici allo scopo. Inoltre, la Commissione propone una piattaforma facoltativa per acquisti di gas in comune, di cui si parla già da tempo ma di cui continua a non vedersi alcuno sviluppo pratico. Infine, resta valido il ventaglio di strumenti già utilizzati per mitigare l’impatto dei maggiori costi per famiglie e imprese, così come la possibilità di fissare tetti di prezzo o tassazioni straordinarie per i soggetti che più beneficiano dei rincari.Durante la conferenza stampa, Timmermans ha smentito in maniera netta l’indiscrezione circolata ieri, secondo la quale l’Ue avrebbe allo studio di emettere obbligazioni comuni per finanziare energia e difesa e distribuire il costo delle sanzioni. «Forse gli Stati, non la Commissione», ha detto. È possibile che l’ipotesi, se davvero esiste, venga discussa nella riunione informale dei capi di Stato o di governo che si terrà domani e dopodomani a Versailles, ma la smentita di oggi di un alto rappresentante europeo è parsa particolarmente decisa.In Italia, intanto, il ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha detto che il governo ha un piano che permetterebbe di dimezzare le importazioni di gas dalla Russia già entro aprile e di azzerarle completamente entro due anni. Il ministro non ha fornito dettagli, ma da quello che siamo in grado di ricostruire si tratterebbe di un aumento di importazioni dal gasdotto Tap (+2 miliardi di metri cubi) e da quello algerino (+2). Inoltre, dovrebbe esserci un aumento dell’import via Gnl dal Qatar, considerato che l’Italia ha tre rigassificatori da 15 miliardi di metri cubi di gas all’anno che nel 2021 hanno rigassificato solo 9,8 miliardi di metri cubi. In questo modo circa 9 dei 29 miliardi di metri cubi importati dalla Russia sarebbero sostituiti. Il ministro ha poi affermato che si sta studiando la possibilità di utilizzare un altro impianto di rigassificazione, questa volta galleggiante, da collocare in mare in prossimità di un imbocco del gasdotto nazionale. Sulla questione starebbero già lavorando Eni e Snam, cui il governo avrebbe chiesto di collaborare. Questa unità Fsru (Floating storage and regasification unit) avrebbe una capacità di circa 5 miliardi di metri cubi all’anno. Su come affrontare i successivi 24 mesi senza i 15 miliardi di metri cubi di gas mancanti il ministro non ha fornito elementi. Né ci sono dettagli su come il governo intenda sostituire la fornitura di carbone dalla Russia, che lo scorso anno ha fornito i tre quarti del fabbisogno italiano. Se davvero dovessimo usare le centrali termoelettriche a carbone (russo) per supplire alla mancanza di gas (russo), saremmo di fronte a un curioso cortocircuito. Tra le molte cose non chiare, registriamo anche l’incertezza sul destino dei contratti di lungo termine stipulati dagli importatori di gas italiani con Gazprom. Solitamente questi prevedono clausole cosiddette take or pay, che obbligano al pagamento anche in caso di mancato ritiro della materia prima. Se davvero l’Italia smettesse di importare gas dalla Russia, che fine farebbero questi contratti?Nel tardo pomeriggio, poi, subito dopo l’identico annuncio di Boris Johnson, la Casa Bianca ha confermato il blocco dell’import di petrolio, gas, prodotti petroliferi e carbone dalla Russia. Per gli Usa si tratta di uno sforzo non particolarmente proibitivo, visto che pesa solo per il 7% circa. Ma la cosa ha certamente un impatto sugli equilibri Opec+ e sui prezzi, argomento delicato su cui la Casa Bianca ha cercato di rassicurare i cittadini americani, già preoccupati dal prezzo della benzina ai massimi da un decennio.