2019-06-16
Dalla Sea Watch sbarcano solo in 10. Per tutti gli altri i porti restano chiusi
Decreto Sicurezza bis alla prima prova: il Viminale firma contro l'ingresso della nave delle Ong. Fatti scendere donne e minori.«Ho appena firmato il divieto di ingresso, transito e sosta alla nave Sea Watch 3 nelle acque italiane, come previsto dal nuovo decreto Sicurezza. Ora il documento sarà alla firma dei colleghi ai Trasporti e alla Difesa: stop ai complici di scafisti e trafficanti!». Il ministro dell'Interno Matteo Salvini chiude ancora una volta i porti e stavolta lo fa alla luce delle nuove norme da lui fortemente volute, quelle che prevedono «la confisca della nave per coloro che ripetutamente non ottemperano ai divieti di ingresso nelle acque territoriali e una multa da 10 a 50.000 euro per comandante, proprietario e armatore». Da ieri si balla con una nuova musica, quindi.Anche in questo caso, tuttavia, uno spiraglio si apre per le persone in situazione di maggiore vulnerabilità. Sempre ieri, infatti, Salvini ha autorizzato lo sbarco di dieci persone: tre minori, tre donne, di cui due incinta, e due accompagnatori, due uomini malati. Del loro trasferimento a Lampedusa è stata incaricata la Guardia costiera italiana. Resta da decidere la sorte degli altri 42 e, come al solito, il braccio di ferro in questo caso diventa politico su entrambi i fronti: da una parte il governo italiano, che intende ribadire il controllo dei propri confini e la propria sovranità, dall'altro la solita Ong che intende invece fissare il principio esattamente opposto, anche a costo di trascinare su e giù per il Mediterraneo il suo carico di migranti. Su Twitter, l'account di Sea Watch (che resta al confine con le nostre acque territoriali, a 16 miglia da Lampedusa) continua con la sua cronaca dell'evoluzione degli eventi, facendo sfoggio della solita retorica drammatizzante. «A seguito delle comunicazioni della Sea Watch 3», si legge in un tweet, «da tre giorni in mare senza l'indicazione di un porto sicuro, Mrcc Roma ha annunciato un controllo medico in assistenza ai naufraghi. Ci stiamo avvicinando alla posizione dell'incontro, in acque internazionali davanti a Lampedusa». Quello che non hanno sicuramente intenzione di fare, pur avendo ricevuto da Tripoli l'offerta di un porto sicuro, è andare in Libia. La quale, spiega l'Ong in un nuovo tweet, «non è riconosciuta come porto sicuro a livello internazionale» e «se riportassimo i naufraghi in Libia, commetteremmo un respingimento collettivo: crimine per cui l'Italia è già stata condannata». Giorgia Linardi, portavoce dell'Ong, ha rincarato la dose, spiegando che «le persone a bordo ci hanno raccontato di aver trascorso lunghi periodi di detenzione in Libia e di aver subito vessazioni inenarrabili. Uno dei naufraghi ha raccontato di essere stato costretto a seppellire cadaveri per preparare il centro di detenzione alla visita di operatori esterni cercando di renderlo più presentabile. Questa è la Libia, il Paese in cui ci viene indicato di portare le persone soccorse: non lo faremo mai». Persino più duro è invece il comunicato di Mediterranea Saving Humans, che tuona: «L'unico pericolo concreto per la democrazia e i diritti umani è rappresentato dall'uso illegale e illegittimo del potere, che mira a trasformare lo stato di diritto in stato di polizia. Salvare vite umane non è un reato. Accanirsi contro persone innocenti, inermi, che chiedono aiuto è un crimine. Un crimine contro l'umanità».La scena è rivista, il conflitto di leggi e volontà politiche contrapposte è cronaca frequente degli ultimi mesi e anni. Stavolta, tuttavia, c'è una novità: da ieri, infatti, è entrato in vigore il decreto Sicurezza bis, trascritto in Gazzetta ufficiale dopo la firma del capo dello Stato Sergio Mattarella. Un pacchetto pensato appositamente per rispondere a situazioni di questo tipo e che, appena nato, ha subito il suo battesimo del fuoco. Se il natante dovesse forzare il blocco ed entrare nelle acque italiane, stavolta scatterebbe immediatamente la confisca della nave e una multa salata. La prima applicazione del decreto Sicurezza bis è un test non solo per Salvini, ma per la macchina dello Stato, che non sempre, sulla questione degli sbarchi, ha fatto girare i suoi ingranaggi tutti nello stesso verso. La legge parla chiaro e ha tanto di firma del presidente della Repubblica: come si comporteranno i soliti procuratori militanti nel caso in cui Sea Watch tentasse l'azione di forza? La nave sarà di nuovo sequestrata e dissequestrata a tempo di record, permettendo ai volontari di rimettersi in mare e fare il bello e il cattivo tempo? Le prossime ore, in questo senso, appaiono sempre più decisive.