2022-08-03
Dal terzo polo alle trenta poltrone
Enrico Letta e Carlo Calenda (Ansa)
Altro che centro moderato: dopo essersi fatto desiderare, Carlo Calenda estorce a Enrico Letta un patto per avere il 30% dei collegi uninominali spartiti col Pd. Un’intesa figlia della paura di perdere del leader dem. In cambio, il pariolino deve digerire Luigi Di Maio, Nicola Fratoianni & C. Pure Verdi e Sinistra frignano e alzano il prezzo. Matteo Renzi resta solo: sopravvivere sarà dura.Povero Sottiletta. Abituato a siglare accordi con una semplice stretta di mano - così si lamentava ieri dalle pagine dei giornali, denunciando il repentino voltafaccia di Carlo Calenda - è stato costretto a sottoscrivere un’intesa con due mani strette al collo. Sì, brutta faccenda per il segretario dem, vittima di un’estorsione politica in piena regola da parte di colui che si era inizialmente presentato come un alleato animato dalle migliori intenzioni. Fino all’altro ieri, cioè a prima che cadesse il governo Draghi e la legislatura venisse sciolta in anticipo, il fondatore di Azione era solo un semplice compagno di viaggio, un tipo un po’ molesto, che poteva vantare più tweet che elettori, ma nulla di più. I sondaggi infatti lo davano fermo intorno al 3 per cento, con pochissime possibilità di riuscire a entrare in Parlamento in caso di voto.Ma all’improvviso sono arrivate la crisi e la rottura fra i 5 stelle e il Pd, senza che fosse più possibile cambiare la legge elettorale per adattarla alle mutate esigenze della sinistra. Risultato, il 3 per cento di Calenda è diventato più prezioso del Koh-i-noor, il diamante da 108 carati, in quanto senza alleanze il Partito democratico e l’armata Brancaleone che si porta dietro sono destinati a perdere. L’ex pariolino, trasformato da Mario Monti in politico e premiato da Matteo Renzi con un posto da ministro, ha capito subito che per lui la musica era cambiata e che da paria qual era presto sarebbe stato riverito e corteggiato meglio di un maragià. Così, da vero furbastro, si è messo subito ad alzare il prezzo della sua mercanzia, minacciando di andare da solo e di creare un terzo polo. Per far capire che l’avvertimento non era a vuoto, dopo aver arruolato Benedetto Della Vedova (uno che ha attraversato quasi tutto l’arco costituzionale, passando dai radicali ai Riformatori liberali, dal Popolo della Libertà al partitino di Fini, da Mario Monti alla sinistra), il Bonaparte cresciuto fra la Salaria, la Nomentana e il fiume Aniene, ha offerto la sua zattera ai fuoriusciti di Forza Italia, promettendo di trasformarla in un’arca di Noè per tutti i profughi di centro. Manco a dirlo, a un Sottiletta già orfano inconsolabile di Giuseppe Conte, ma soprattutto del 10 per cento di cui sono ancora accreditati i grillini, sono tremate le gambe. Mettendo insieme l’Impegno civico di Giggino Di Maio, la Sinistra italiana di Nicola Fratoianni e i Verdi di Angelo Bonelli, al massimo si arriva al 6-7 per cento, appena sufficiente a far sfiorare il 30 per cento alla coalizione dei Democratici e progressisti voluta da Letta. Dunque, era necessario correre ai ripari, ovvero arruolare nuovi alleati, in quanto nei collegi uninominali vince il candidato più forte e con il centrodestra unito il Pd rischia di perdere anche nelle sue tradizionali roccheforti. Insomma, Sottiletta si è trovato alla mercé di mister 3 per cento, il quale intenzionato a spuntare il massimo, giorno dopo giorno ha provveduto ad alzare le pretese, tenendo sulla corda il segretario del Pd fino all’ultimo. Il lamento affidato ieri mattina alle pagine dei giornali non lasciava ombra di dubbio sulla disperazione del Nipotissimo, che già aveva davanti agli occhi la catastrofe a cui il 25 settembre sarebbe andato incontro, perdendo tutto quello che c’era da perdere. Il resto è stato un gioco da ragazzi per Calenda, il quale, dopo essersi a lungo fatto corteggiare, ieri si è presentato all’incontro con Letta estorcendogli il 30 per cento dei candidati. In pratica, il Pd rinuncia a quasi un terzo dei suoi per far posto a quelli di Azione, che molto probabilmente farà fatica perfino a occupare tutte le caselle. Una disfatta per Letta, un successo per l’uomo col 3 per cento, che senza avere un partito, ma solo un simbolo elettorale (il partito lo mette Emma Bonino, che, come Tabacci con Di Maio, eviterà all’ex ministro di Renzi la faticosa trafila di raccogliere le firme) avrà in percentuale più candidati dei Democratici.In cambio, il Che Guevara dell’Aniene dovrà però digerire l’alleanza con Luigi Di Maio, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, ovvero i tre che fino a ieri aveva evitato come la peste. Sì, per un po’ di seggi Calenda si siederà fianco a fianco con chi fa la guerra alle trivelle e ai rigassificatori, difende il reddito di cittadinanza e vuole la patrimoniale. Mica male come giravolta: dal terzo polo al polo estremo per un po’ di poltrone. In tutto ciò, c’è una sola consolazione: l’accordo di ieri pone fine alla sitcom Calenda-Letta. E soprattutto spazza via l’idea che Azione più Europa dia un giorno come risultato un partito liberale. L’addizione di Calenda più Letta darà sempre una somma di sinistra, perché cambiano il nome, ma gratta gratta alla fine si scopre che sono sempre gli stessi.