2018-08-12
Dal palco scende il Papa e sale Mirkoeilcane
Dopo la preghiera con Francesco, la Cei ha organizzato una festa con il cantante famoso per un brano sui migranti a Sanremo. I vescovi non paiono ascoltare né l'ammonimento del maestro Riccardo Muti («basta schitarrate») né quello di Benedetto XVI.Dopo il Papa sul palco del Circo Massimo è salito Mirkoeilcane. Qui non siamo in ambito liturgico, quindi via i bacchettoni dai paraggi, e che i giovani venuti a Roma #permillestrade si divertano con le canzonette e facciano casino. Resta la curiosità di sapere cosa ne penserebbe il maestro Riccardo Muti, che pochi giorni fa al grido di «basta schitarrate» aveva avvertito i vescovi di non giocare al ribasso sulla musica in chiesa, perché la cultura passa anche dal modo in cui si fa intrattenimento dopo una veglia di preghiera davanti al Papa. Comunque all'ufficio pastorale per i giovani della Cei, che insieme alla Tv dei vescovi ha organizzato l'evento del Circo Massimo di ieri sera, invitando Mirkoeilcane, alias Mirko Mancini, 32 anni dalla Garbatella, ha certamente fatto una scelta culturale. Il giovane e impegnato cantautore romano portò a Sanremo il motivo Stiamo tutti bene, brano più recitato che non cantato, dedicato ai migranti, al dramma del Mediterraneo e agli sbarchi, visti dagli occhi di un bambino che sale su un barcone: successo di critica quasi scontato, una certa bocciatura da parte della giuria demoscopica. Ma questo era il solito popolo che non capisce, anche un po' razzista magari, e allora probabilmente l'ufficio Cei che ha organizzato «Vado al Massimo» ha messo in campo una certa volontà educativa, perché se il popolo si fa populista non si può stare con le mani in mano.A presentare la festa la brava e bella Andrea Delogu, che però a condurre uno spettacolo dopo una veglia di preghiera con il Papa non sapeva bene neanche lei perché l'avessero chiamata. «Quando mi hanno chiesto di presentare il concerto per papa Francesco», ha dichiarato, «ho pensato che si fossero confusi, ho pensato che avessero sbagliato numero, ma poi mi hanno spiegato che cosa vogliono fare e chi ci sarà con me su quel palco, e lì ho accettato subito». Non sappiamo bene chi le ha spiegato che cosa si volesse fare, possiamo pensare però, si passi l'azzardo, che la linea degli organizzatori rientri in quel «fate casino e organizzatelo bene» che il Papa ha più volte chiesto ai giovani.Probabilmente nella linea si è inserita anche la scelta di portare sul palco il comico Saverio Raimondo, il quale in televisione si era già contraddistinto per l'ironia sul tema, dicendo che in fondo «qualunque papa è una figura buffa, anche per come vanno vestiti». Oltre a Mirkoeilcane e Raimondo, si sono esibiti Alex Britti, il rapper Clementino, i Perturbazione e la Banda Rulli Frulli.Con tutto il rispetto almeno una volta c'era Bob Dylan, il menestrello del rock che cantò davanti a Giovanni Paolo II, e con lui Andrea Bocelli, Lucio Dalla, Celentano, Gianni Morandi, insomma almeno si andava dal Papa a pregare, ma si ascoltava anche qualche interprete di una certa notorietà. Alla Cei hanno fatto qualche passo indietro. Anche perché se uno canta Blowin' in the wind poi c'è spazio per il Papa per attaccarsi al testo e dire che la risposta non soffia nel vento, ma c'è uno che l'ha data: «Io sono la via, la verità e la vita», disse Giovanni Paolo II indicando Gesù ai 400.000 ragazzi sul prato del Centro Agroalimentare di Bologna nel 1997. La discussione sull'opportunità di queste manifestazioni, che solitamente seguono o aprono dei momenti di preghiera con il papa, non è certo di oggi, così come si discute da tempo sul giovanilismo che la Chiesa sembra inseguire con affanno. Il linguaggio del Vangelo passa davvero di qui per incarnarsi oggi? La strada del Vangelo è stretta e di certo non è fatta di appiattimenti conformistici. Joseph Ratzinger a proposito del concerto di Bob Dylan davanti al suo predecessore ha scritto: «C'era ragione di essere scettici e io lo ero, e in un certo senso lo sono ancora, di dubitare se davvero fosse giusto far intervenire questo genere di “profeti". Eppure le parole del Santo Padre andarono a toccare la domanda che riguarda ciascuno di noi personalmente». Ora non ci sono neanche più i «profeti», ma soltanto cantanti ricchi di retorica à la Mirkoeilcane. Forse la scelta migliore è quella fatta proprio da Benedetto XVI a Loreto nel 2007, che davanti a 500.000 giovani nella spianata di Montorso, al momento dello spettacolo, salutò la compagnia.
Charlie Kirk (Getty Images)