2020-11-19
Da piddini e renziani arriva il primo stop alle deleghe esclusive di Giuseppi ai servizi
Giuseppe Conte e Gennaro Vecchione (Ansa)
Salta la fondazione degli 007. Sullo sfondo le prossime nomine dei vicedirettori. E Iv prova a mettere il cappello sull'operazione.La notte porta consiglio, ma nel caso di Giuseppe Conte per fare marcia indietro c'è voluto un vero e proprio strattone. Nella versione bollinata del testo della manovra è infatti sparito l'articolo che decretava la nascita della fondazione per la cybersecurity. Disegnata, contrariamente alle prassi del mondo dell'intelligence, a immagine e somiglianza dello stesso Conte. Al quale non è bastato il primo messaggio per fare marcia indietro. Nella serata di venerdì scorso sia il Copasir che il Cisr, il comitato dei ministri che si occupano di intelligence, sono stati informati della scelta di costituire una fondazione di fatto alle dipendenze del Dis, guidato da Gennaro Vecchione. Ma il gesto ha bucato la forma. Non c'è stata alcuna condivisione dei contenuti e tanto meno dell'opportunità. A quel punto si è mosso il comitato parlamentare chiedendo l'audizione del numero uno del Dis e allo stesso la compagine ministeriale ha alzato la paletta rossa. Tant'è che dopo una prima forte discussione interna alla maggioranza sono stati tagliati i fondi (da 210 milioni a 50) come messaggio nei confronti del premier. Mossa non sufficiente, tanto da «rendere necessario» lo stralcio avvenuto notte tempo.Da parte del Pd si tratta del primo effettivo stop alle deleghe ai servizi che il premier tiene strette fin dall'inizio del governo gialloblù. Va infatti notato che la battaglia che si è appena consumata non è tanto nel merito della sostanza (anche se sul modello della fondazione ci sarebbero numerosi appunti da fare) ma nella forma. Tradotto siamo di fronte a uno scontro politico tutto interno alla maggioranza. Il Pd fa capire a Conte che d'ora in avanti tutte le scelte che riguardano i servizi devono essere collegiali. Una parte dei 5 stelle sembra essersi accodata alla linea dem già dallo scorso venerdì. Mentre, come spesso accade, sono stati i renziani di Italia viva a cercare di mettere il cappello sopra all'operazione di stralcio. «Cybersicurezza è tema strategico per l'Italia, per questo per il nostro partito la discussione per una commissione va istruita in Parlamento prima che in altre sedi. Bene lo stralcio, come abbiamo chiesto e ottenuto in Cdm», ha scritto su Twitter il ministro per la Famiglia, Elena Bonetti. Le fa eco Ettore Rosato, renziano di ferro. «È una buona notizia lo stralcio della norma sulla fondazione. Era inopportuna e non si capiva a cosa servisse, se non a limitare l'autonomia e la funzionalità dei nostri servizi di sicurezza», ha dichiarato il presidente di Italia viva, concludendo: «Lo avevano detto con forza le nostre ministre nel Consiglio dei ministri. Bene ha fatto Conte a cogliere la necessità di non insistere». Rosato sa bene di mettere il dito nella piaga e lo fa consapevolmente. Il suo partito sa che la messa in mora da parte del Pd difficilmente servirà a mettere il pallone in rete. Conte non mollerà le deleghe. Ma sarà strumentale alla gestione delle nomine dei vicedirettori delle agenzie. Il capo del Dis, Vecchione, è stato nominato il 22 novembre del 2018. È entrato in carica a metà dicembre e dovrà essere confermato entro il prossimo mese. A questo punto il premier sembra essere stato invitato ad accettare il fatto che la scelta dei nomi dei vice, tra l'altro caselle vacanti da un po' di mesi, dovrà passare anche dal vaglio del Pd e, in parte, dei 5 stelle. Da qui la corsa di Italia viva a mettere il cappello sulla recente rissa. È ovvio che Matteo Renzi non voglia farsi trovare impreparato o ancora peggio lontano dal tavolo.A indebolire la posizione di Conte c'è pure tutto il pregresso di questi ultimi mesi. Il 29 luglio scorso senza alcuna comunicazione al Parlamento né ai cittadini, il premier inserisce nottetempo un articolo nel decreto sull'emergenza Covid che cambia in modo strutturale la legge che norma gli apparati di sicurezza e amplia in modo spropositato il ruolo della politica. O meglio, il ruolo dello stesso Conte. Il testo del decreto va a modificare un passaggio della legge 124 del 2007, considerata la bibbia statutaria delle agenzie di intelligence. Le parole «una sola volta» vengono cambiate con una frase più ampia: «Con successivi provvedimenti per una durata complessiva massima di ulteriori quattro anni». Tradotto, i vertici dei servizi potranno essere riconfermati per più di due volte anche per periodi brevi. Il rischio concreto è limitarne l'indipendenza. Pure su questo blitz era insorta la maggioranza e il Copasir era intervenuto con l'obiettivo di trovare una soluzione condivisa con il Parlamento all'interno di un perimetro che andasse dal Pd fino alla Lega. Eppure né a settembre né a ottobre si sono visti emendamenti. La maggioranza ha lasciato correre per non mettere in crisi lo stesso governo che sostiene. Stavolta invece qualcosa si è incrinato del tutto. Dal punto di vista pratico, la fondazione non è stata uccisa. Ieri il Copasir ha audito Vecchione e le parti sembrano aver concordato un nuovo percorso parlamentare per disegnare il futuro della cybersecurity. Dal punto di vista politico, invece non si torna indietro. L'effetto nel breve periodo saranno le nomine dei vicedirettori, mentre bisogna già riflettere sull'effetto di medio termine. Il fatto che la Casa Bianca ospiterà Joe Biden non è un tema secondario. Cambierà gli equilibri dentro il Pd e pure l'intelligence d'Oltreoceano cambierà indirizzi e referenti. Conte dovrebbe saperlo e sarebbe buona prassi istituzionale cominciare a cercare un sottosegretario equilibrato ed equidistante a cui cominciare a fare il passaggio di consegna delle deleghe.