
Buone notizie per i risparmiatori colpiti dalla crisi degli istituti di credito: il fondo creato nel 2006 dal governo per rimborsarli disporrà presto del tesoretto derivante dalle somme dormienti, quelle dimenticate in filiale e mai reclamate da proprietari ed eredi.Per anni si è dibattuto dei conti dormienti, quei depositi, titoli o libretti, pure gli investimenti in azioni o obbligazioni che vengono dimenticati in filiale. Le banche non hanno mai avuto l'obbligo legale di rintracciare gli eredi diretti né indiretti dei proprietari dei depositi. Le somme per anni sono rimaste nelle disponibilità degli istituti, finché un decreto del giugno del 2007 ha tagliato al testa al toro.È stato così creato un Fondo, di fatto diventato operativo un anno dopo, nel quale fare confluire tutte le somme dormienti. Per essere presi in considerazione i conti dormienti devono essere dimenticati in tutto per 20 anni. Per i primi dieci non ci deve essere nessun movimento e nessuna interazione e devono contenere somme superiori ai 100 euro. Trascorso questo periodo d'incubazione le somme vengono dirottate nella cassaforte pubblica, che attende altri dieci anni prima di poterne disporre. Al momento della sua costituzione, sono stati bonificati 673 milioni. E negli anni successivi cifre altrettanto sostanziose che hanno portato il saldo a superare i 2 miliardi. Alcuni eredi si sono fatti vivi ma la differenza resta ampiamente a favore delle casse pubbliche. Al 31 dicembre dello scorso anno la somma disponibile era di 1,57 miliardi di euro. Meno di 500 milioni sono stati reclamati. A novembre la prima tranche andrà in prescrizione, ha fatto sapere ieri il Mef, e poi a seguire le iniezioni di liquidità successive. Il che significa che tra novembre di quest'anno e la primavera del prossimo anno almeno 1 miliardo di euro entrerà nella totale disponibilità del Tesoro. A quel punto scatterà l'obbligo per il Mef di utilizzare il fondo gestito da Consap. E nonostante possa fare gola un miliardo in tempi di manovra e di clausole di salvaguardia anti Iva, Giuseppe Conte dovrà ricordarsi che l'articolo 1 di costituzione dello strumento è molto chiaro e fa riferimento alla legge Finanziaria del 2006, firmata dall'allora ministro dell'Economia, Giulio Tremonti. L'obiettivo del Fondo, si legge, è «indennizzare i risparmiatori che, investendo sul mercato finanziario, sono rimasti vittime di frodi e che hanno sofferto un danno ingiusto non altrimenti risarcito. Il Fondo verrà alimentato dall'importo dei conti correnti e dei rapporti bancari definiti come dormienti all'interno del sistema bancario nonché del comparto assicurativo e finanziario». Ecco che questo miliardo dovrà andare a rimborsare gli sbancati. A cominciare dalle quattro banche saltate per aria nel 2015 (Banca Etruria, CariChieti, CariFerrara e Banca Marche) fino a Pop Vicenza e Veneto Banca. Se il governo del cambiamento, che con la veste di opposizione ha manifestato più volte all'indirizzo di Maria Elena Boschi, la figlia del vice presidente di Banca Etruria, vorrà dare un segnale di svolta, avrà a disposizione una riserva molto interessante. D'altronde i dati degli attuali rimborsi stentano a decollare. L'Autorità anticorruzione al momento ha verificato le domande degli ex obbligazionisti subordinati delle quattro banche poste in risoluzione mentre spetta al Fondo interbancario liquidare le pratiche. Non a tutti i risparmiatori traditi è stato riconosciuto il 100%. Anzi la media è solo di due su dieci. A quelli di Etruria è andato finora in totale il 70% di quanto richiesto (302 domande accolte su 359, che hanno ricevuto 8,5 milioni su 12 chiesti di rimborso). «Meno fortunati gli ex clienti di Carife che hanno ottenuto solo il 37% di quanto chiesto (991.000 euro su oltre 2 milioni e mezzo sulla base di 158 domande di cui ne sono state accolte 116). Per Carichieti e Banca Marche i dati registrano rispettivamente 876.000 euro su 1 milione e mezzo e 8,2 milioni su quasi 15», si leggeva ieri sulle agenzie.Tra l'altro l'esecutivo gialloblù sarebbe al lavoro con l'obiettivo di rimodulare il fondo aggiuntivo approvato lo scorso anno dal Parlamento e con una mini dotazione da 100 milioni di euro. Sui rimborsi ai risparmiatori colpiti dalle crisi bancarie italiane, che il premier Giuseppe Conte aveva incontrato prima ancora di aver formato il governo, il contratto gialloblù prevede che i risarcimenti siano allargati «anche ai piccoli azionisti» delle banche oggetto di risoluzione con l'utilizzo effettivo di risorse, come da legge vigente, provenienti da assicurazione e polizze dormienti. «Ma dovrà fare i conti con i paletti europei», aggiungeva il Giornale in un recente articolo sul fondo di risoluzione. Il tema europeo è concreto. Solo che rispetto all'anno scorso i soldi ci sono e rimpinguare il fondo per gli sbancati non comporterà alcun ampliamento del deficit.
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