2024-04-20
Da Israele più un pizzino che un raid Ora l’Iran sa di essere vulnerabile
Gerusalemme risponde agli ayatollah e colpisce nella zona di Isfahan, dove c’è un sito nucleare e altri luoghi strategici. Un attacco senza vittime e danni significativi, ma che suona come un avvertimento ai rivali storici. Tensione a Parigi: un franco-iraniano si è introdotto nella sede diplomatica di Teherancon intenzioni minacciose. Avrebbe voluto «vendicare la morte del proprio fratello». Lo speciale contiene due articoli.La reazione israeliana all’attacco iraniano di sabato alla fine è arrivata. Nel primo mattino di ieri, si sono verificate delle esplosioni nei pressi di un sito militare a Isfahan, mentre i sistemi di difesa aerea iraniani sono scattati anche a Tabriz. Secondo Teheran non ci sarebbero stati danni né vittime. Due funzionari statunitensi hanno frattanto riferito alla Cbs che Israele avrebbe colpito l’Iran con un missile, mentre gli iraniani hanno rivendicato di aver abbattuto dei droni. In particolare, Washington sarebbe stata avvertita dallo Stato ebraico subito prima dell’avvio del raid, sebbene il segretario di Stato americano, Tony Blinken, abbia voluto precisare che gli Usa «non sono stati coinvolti in alcuna operazione offensiva».Dal canto suo, il regime khomeinista ha finora teso a minimizzare quanto accaduto, pur non rinunciando, sotto certi aspetti, a fare la voce grossa. «Se oggetti volanti sospetti appaiono nel cielo del Paese, saranno presi di mira dalla nostra potente difesa aerea», ha dichiarato il comandante in capo delle forze di terra iraniane, Kioumars Heydari. Eppure, nonostante nei giorni scorsi avesse assicurato ritorsioni in caso di attacchi israeliani anche contenuti, ieri, secondo il Times of Israel, un alto funzionario iraniano ha escluso una reazione immediata, mettendo inoltre in dubbio che il raid fosse stato condotto da Israele. Non solo. Durante una visita a Damghan, il presidente iraniano, Ebrahim Raisi, non ha fatto alcuna menzione dell’attacco.Nel frattempo, esortazioni alla de-escalation sono arrivate dal summit del G7 tenutosi a Capri. «Alla luce delle notizie sui raid del 19 aprile, invitiamo tutte le parti a lavorare per prevenire un’ulteriore escalation», si legge nel comunicato finale, mentre il rappresentante Ue per i Paesi del Golfo, Luigi Di Maio, ieri è tornato a rispolverare un suo cavallo di battaglia dai tempi della Farnesina: l’auspicio del «dialogo».Come che sia, nonostante le minimizzazioni di Teheran, il raid israeliano ha avuto una portata significativa. Come sottolineato dal Guardian, tra le strutture militari ospitate dalla città di Isfahan ci sono un impianto nucleare, una base aerea e delle fabbriche di droni. È allora lecito chiedersi quale sia stato il senso strategico più profondo della mossa israeliana. Le ipotesi sul tavolo sono molteplici.La prima è che lo Stato ebraico abbia optato per una controreazione tutto sommato limitata per avviare una de-escalation, secondo la logica di un «pari e patta» con l’Iran. Eppure, se così fosse, difficilmente gli israeliani avrebbero scelto di attaccare un sito delicato come Isfahan. Senza contare che l’offensiva iraniana di sabato è stata ben più estesa, visto l’elevato numero di droni e missili impiegati da Teheran. Una seconda ipotesi è che lo Stato ebraico abbia effettuato il raid per testare la difesa aerea iraniana in previsione di un secondo attacco più duro. Una terza possibilità riguarda la collocazione geografica di Isfahan: una città situata molto all’interno del territorio iraniano. È quindi plausibile che gli israeliani abbiano voluto colpirla per mostrare la vulnerabilità dell’Iran e azzoppare così la capacità di deterrenza del regime khomeinista. Una quarta ipotesi è che, con il suo attacco, Israele abbia voluto inviare un messaggio esplicito agli ayatollah, per far capire loro che il programma nucleare iraniano non è affatto al sicuro. La questione è d’altronde molto sensibile dal punto di vista geopolitico. Secondo il Washington Post, Teheran sarebbe a un passo dal conseguire l’atomica: una situazione che, nonostante la loro recente distensione con l’Iran, preoccupa molto i sauditi. Non è quindi escluso che, con il raid di ieri, Israele abbia voluto (anche) strizzare l’occhio a Riad, in vista di un potenziale riavvicinamento. D’altronde, la logica sui cui si basarono gli Accordi di Abramo del 2020 era proprio quella del comune timore nutrito da israeliani e arabi nei confronti degli ayatollah. Ed è proprio su questo elemento che sta facendo leva Gerusalemme: il suo obiettivo è quello di creare le premesse per un fronte di Paesi che sia in grado di isolare il regime khomeinista.Sotto questo aspetto, le minimizzazioni di Teheran sono significative. Qualcuno potrebbe interpretarle come un atto volto a evitare un’escalation nella regione. Eppure, visto il luogo sensibile interessato dal raid, questo atteggiamento potrebbe in realtà essere dettato dalla paura. Forse gli iraniani non si aspettavano che Israele avesse realmente il coraggio di mettere, per ora solo dimostrativamente, nel mirino un loro sito nucleare. È anche significativo come ieri il ministro degli Esteri iraniano, Hossein Amirabdollahian, abbia chiesto e ottenuto di parlare al telefono con l’omologo turco, Hakan Fidan. Non si sa che cosa si siano detti, ma Al Jazeera ha sottolineato come Ankara spesso venga usata da Teheran e Washington per scambiarsi messaggi. Chissà quindi che gli ayatollah non stiano cercando di ottenere sotterraneamente delle rassicurazioni dall’amministrazione Biden.La sensazione è che, con la sua controreazione, Israele sia riuscito a mettere nuovamente l’Iran in un vicolo cieco. Se non reagisce, Teheran perde la faccia e influenza regionale. Ma se lo fa, rischia grosso. Senza contare che, da ora in avanti, si troverà sotto la spada di Damocle di nuovi attacchi, magari più decisi, ai propri siti nucleari. Se veramente il regime iraniano fosse piombato in uno stato d’ansia, Israele potrebbe avere nelle sue mani una leva significativa, anche per indebolire i proxy degli ayatollah.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/da-israele-piu-un-pizzino-che-un-raid-ora-liran-sa-di-essere-vulnerabile-2667825960.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="nel-consolato-con-delle-bombe-finte" data-post-id="2667825960" data-published-at="1713633217" data-use-pagination="False"> Nel consolato con delle bombe finte Ieri mattina, un uomo si è asserragliato nel consolato dell’Iran a Parigi. In un primo momento sembrava che l’individuo fosse in possesso di alcune granate collocate in un gilet tattico. Successivamente però, si è appreso che si trattava di bombe finte. Ciononostante, l’azione dell’individuo ha richiesto l’intervento dell’unità d’élite della Bri, la Brigata di Ricerca e Intervento della polizia di Parigi.Tutto è iniziato attorno alle 11 quando, come riferito da una fonte di polizia a Le Figaro, «un uomo sarebbe stato avvistato da un unico testimone, mentre entrava nel consolato iraniano» con «una granata o un gilet esplosivo». La sede consolare iraniana a Parigi ha effettuato una «domanda d’intervento», a quel punto il prefetto della capitale francese ha disposto l’invio della brigata d’élite della polizia.Il consolato di Teheran si trova in rue de Fresnel, nel sedicesimo arrondissement, uno dei più chic della Ville Lumière dove si trovano varie ambasciate e hotel di lusso come lo Shangri-La. L’ufficio consolare è posto sul retro dell’ambasciata iraniana in Francia, a meno di un chilometro in linea d’aria dalla Tour Eiffel e dalla chiesa di Saint Pierre de Chaillot, dove si celebrano le messe della missione cattolica italiana di Parigi. Non appena si è diffusa la notizia della presenza di un uomo potenzialmente armato nell’ufficio diplomatico, le autorità parigine hanno disposto l’interruzione del traffico sulle linee 6 e 9 del metrò che passano a poca distanza. Secondo Le Monde, l’autore del gesto sarebbe Nicolas K-M., un sessantenne franco-iraniano affetto da problemi psichiatrici sconosciuto ai servizi di intelligence ma non alle forze dell’ordine. Questo perché, l’11 settembre 2023, l’uomo ha appiccato le fiamme ad pneumatico davanti all’ingresso del consolato iraniano. In quell’occasione, il sessantenne avrebbe detto di voler sostenere i movimenti di protesta nel suo Paese natale. Gli uomini della Bri hanno intrattenuto una breve trattativa con l’individuo che, in seguito, si è arreso senza opporre resistenza ed è stato posto in stato di fermo. Le forze dell’ordine hanno condotto un’ispezione nei locali del consolato che, verso le 15.30, hanno portato ad escludere la presenza di ordigni.Non sono ancora del tutto note le motivazioni dell’irruzione del sessantenne nella sede consolare di Teheran. Ma, secondo il quotidiano 20 Minutes, l’uomo avrebbe voluto vendicare la morte del proprio fratello. Bfm Tv ha indicato che Nicolas K-M avrebbe evocato anche la situazione interna in Iran.In ogni caso sorprende il fatto che tale gesto, che avrebbe potuto degenerare in una strage, sia stato compiuto in un momento di forti tensioni internazionali tra l’Iran e Israele. In effetti, quando il franco-iraniano è entrato nel consolato della repubblica degli ayatollah, si era concluso da poco il contrattacco israeliano, compiuto con dei droni in territorio iraniano. Un azione di Tel Aviv che seguiva l’attacco di sabato notte sferrato da Teheran contro Israele utilizzando droni e missili balistici. Suscita perplessità anche per la vicinanza alle olimpiadi, che saranno inaugurate tra meno di 100 giorni, molto probabilmente sulla Senna, come vuole il presidente Emmanuel Macron nonostante la forte esposizione ad eventuali attacchi terroristici. L’eventualità di un attentato ha indotto l’ambasciata americana a Parigi ad invitare i propri cittadini ad evitare la zona attorno al consolato iraniano.
Lo stabilimento Stellantis di Melfi (Imagoeconomica)
Ecco #DimmiLaVerità del 12 settembre 2025. Il capogruppo del M5s in commissione Difesa, Marco Pellegrini, ci parla degli ultimi sviluppi delle guerre in corso a Gaza e in Ucraina.