2022-11-23
I cronisti che osannavano Draghi raddrizzano la schiena con Giorgia
Scintille in conferenza stampa, il premier punge: «In passato eravate meno assertivi».Sui contenuti della manovra, ovviamente, si può e di deve discutere fino allo sfinimento. E così è già avvenuto prima che il governo l’avesse varata, figuratevi da ieri, cioè dopo. Ma dei contenuti questa volta non voglio parlare, voglio parlare di un altro fenomeno che non può non colpire una persona dotata di un minimo di onestà intellettuale. Il doppiopesismo usato nel valutare questa manovra di Giorgia Meloni rispetto a quelle dei suoi predecessori, Draghi in testa, ma non cambia per il Conte I e il Conte II.Trentacinque miliardi sono sufficienti a fronteggiare la crisi profonda e dai tempi non definibili della sua durata? Certo che no. Ventuno miliardi per il caro bollette sono quelli che risolveranno il problema e che daranno un sostegno decisivo alle famiglie e alle imprese che, nel primo caso sono al freddo, mentre nel secondo sono spesso costrette a chiudere per un po’ di tempo quando non definitivamente? Certo che no. Ma perché ora non è sufficiente nulla e prima era sufficiente tutto? Leggendo La Stampa e Repubblica in particolare ciò che nei governi precedenti era catalogato come necessaria e saggia prudenza, ora va sotto un’altra etichetta: si tratta di mancanza di coraggio, di idee confuse, di promesse non mantenute. Vero che durante la campagna elettorale dalle parti del centrodestra qualcuno aveva azzardato la possibilità di fare un extra-deficit, ma evidentemente il governo ha ritenuto di non farlo per considerazioni attinenti al nostro debito pubblico e alla probabile reazione negativa dei mercati. Si poteva invece fare ed essere più coraggiosi? Mettiamo che sia così, ma allora prima il coraggio non è mai contato? Cioè ai Migliori era perdonata la mancanza di coraggio perché era segno di saggezza ed invece al Consiglio dei ministri presieduto da Giorgia Meloni con Giancarlo Giorgetti all’Economia non si deve perdonare, anzi si deve condannare perché segno che non sanno cosa fare e che non riusciranno a mantenere le promesse fatte in campagna elettorale. Ora, come credo che sia noto a tutti, le proposte programmatiche che si fanno nella campagna elettorale per le elezioni politiche sono proposte da mettersi in campo nell’arco della legislatura, cioè 5 anni. Avrebbero dovuto fare tutto subito dopo uno sputo di tempo che sono al governo del Paese?Capite che in questo modo di ragionare c’è qualcosa che non va. E sarà prevedibilmente – con la noia che caratterizza chi sa già, perché appunto prevedibile, quello che dirà l’altro – a lungo così, anche nel caso in cui il governo riuscisse, col passare del tempo ad attuare larga parte del programma proposto prima delle elezioni del 25 settembre, cioè ieri.Sono rimaste negli annali e nella memoria collettiva, ai tempi di Draghi, domande al presidente del Consiglio del tipo: «Da tutto il mondo arrivano i complimenti per come ha gestito la pandemia (in effetti aveva fatto la buona scelta di metterci il generale Figliuolo al posto di Arcuri, e al quale Figliuolo va tutto il merito del cambiamento di rotta del duo Arcuri-Speranza, ndr). Si sente più soddisfatto o sente crescere in lei il senso di responsabilità?». Si direbbe che i giornalisti si fossero trasformati in un gruppetto di esistenzialisti degli anni Trenta francesi, mancava solo il dolcevita nero. A tutto questo seguiva la standing ovation finale.Insomma tutto quanto prima era ottimo ora e pessimo, senza vie di mezzo, senza mezze misure, senza sconti. Prima era il regno della prudenza dettata da saggezza, ora è il regno della paura dettata da non sapere bene cosa fare. Prima delle elezioni il ritornello era: occhio a quel che fate che ci portate al disastro, ci vuole prudenza, non si deve uscire dal solco tracciato da Mario Draghi, non bisogna cambiare direzione e non bisogna azzardarsi su vie pericolose. Ora, invece, si chiede questo.Occorre decidersi, per carità, non si chiede la coerenza che è cosa di altri mondi, ma almeno di non esagerare altrimenti si va nel ridicolo. Ieri, a fine conferenza stampa, c’è stato anche un siparietto tra Giorgia Meloni e un giornalista di Repubblica che protestava per il poco tempo a disposizione per le domande dalla premier. La Meloni ha ribadito che con altri (premier) i giornalisti avevano avuto meno coraggio. Ma non è neanche una questione di coraggio. È che ci fu una decisione all’origine: con Draghi sarebbe andato tutto bene. Ce n’è stata un’altra ora: con la Meloni va – comunque – tutto male. Contenti loro.