2018-04-05
Facebook perde il monopolio dei dati. Per difendersi in Borsa dal crollo dei social meglio puntare sulla cybersicurezza
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La società di Mark Zuckerberg è convinta che Cambridge Analytica abbia avuto accesso ai dati di 87 milioni di utenti della propria piattaforma, contro i 50 finora ammessi. Le aziende tecnologiche perdono e sono sotto attacco da parte delle autorità fiscali di tutto il mondo, ma si può ancora guadagnare con fondi selezionati. Per chi ama il rischio, rendimenti fino al 240%. Lo speciale contiene due articoli. L'inciampo in cui è caduto Facebook con lo scoppio del datagate Cambridge analytica ha contagiato tutto il settore tecnologico americano e l'indice azionario Usa, che non ha iniziato il secondo trimestre 2018 nel migliore dei modi. Se si guarda al primo trimestre, da inizio anno l'S&P 500 è in discesa di circa il 4% ma con i tecnologici, in particolare, dopo lo scoppio dello scandalo sulla società di Mark Zuckerberg, le società che ruotano attorno al mondo dei social sono in picchiata dai massimi con l'indice Social media a -0,5% da inizio anno e a -15% dai massimi. «Facebook», spiega Salvatore Gaziano, direttore investimenti di Soldiexpert scf, «perde il 15% da inizio anno, Alphabet (Google) è a -7,5%, Apple a -5% mentre Amazon è in positivo del 14% seppure abbia perso in poche sedute già il 18% sull'onda di una crescente pressione che vede la società di ecommerce come il mostro che distrugge i piccoli negozianti e danneggia tutto il settore del real estate che vive di affitti e compravendite di spazi e uffici», spiega Gaziano. «Occorre, poi, considerare che queste società sono da tempo nel mirino delle autorità fiscali di tutto il mondo, vista la loro abitudine a spostare i profitti laddove c'è una tassazione più favorevole», afferma Gianluca D'Alessio, portfolio manager di Fia asset management, società di gestione del gruppo Farad. Potrebbe sembrarci argomento di poco interesse quello della caduta verticale della fiducia verso i Faang (acronimo di Facebook, Apple, Amazon, Netflix e Google) ma questo indice capitalizza 2.400 miliardi di dollari, più del Pil italiano, e quello che succede a questi titoli ha un peso tutt'altro che irrilevante sulle Borse di mezzo mondo. «Soprattutto considerata l'importanza del comparto tecnologico nella crescita dell'azionario americano e delle Borse in uno dei più grandi rally rialzisti della storia», dice l'esperto di Soldiexpert scf. «Dai minimi del 12 marzo 2009 a oggi, il Nasdaq ha visto quadruplicare il valore. L'S&P 500 è salito del 264%, l'indice delle Borse mondiali del 182% e l'Eurostoxx 50 “solo" del 71%. E quasi la metà del progresso dell'indice S&P 500 nei primi mesi dell'anno è arrivata come contribuzione proprio dai titoli tecnologici», sottolinea. Tuttavia, il settore presenta molti segmenti a cui vale la pena dare uno sguardo. «Tra questi», dice D'Alessio di Fia am, «vi è sicuramente quello della cyber security. Infatti, la sicurezza informatica è diventata un tema sempre più al centro dell'attenzione, sia per le società sia per i privati, sostenuta da una domanda in forte crescita» «Ci sono ancora molte opportunità interessanti in sotto settori selezionati su specifici titoli, ma non comprerei il settore alla cieca», spiega Jacques-Aurélien Marcireau, gestore del fondo Edr big data di Edmond de Rothschild. «Le prospettive a medio termine sono molto forti». Gli esperti contattati dalla Verità consigliano di avventurarsi in questo settore perlopiù attraverso fondi di investimento o Etf. Tra i prodotti consigliati da Gaziano, il Janus Henderson global technology in tre anni è cresciuto del 58%. Lo stesso vale per il Bgf world technology che dal 2015 è cresciuto del 52%. Anche tra i titoli azionari ci sono opportunità, ma la volatilità può giocare brutti scherzi. Il titolo di Cisco systems in tre anni ha regalato oltre il 54%, il titolo Mimecast oltre il 240%. Ottimi risultati, non c'è che dire. Ma, attenzione, in questi casi basta poco per perdere quanto investito. Gianluca Baldini INFOGRAFICA <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/crollo-social-facebook-zuckerberg-2556269357.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="facebook-denuncia-altro-che-50-cambridge-analytica-ha-coinvolto-87-milioni-di-nostri-utenti" data-post-id="2556269357" data-published-at="1763146784" data-use-pagination="False"> Facebook denuncia: altro che 50, Cambridge Analytica ha coinvolto 87 milioni di nostri utenti «In totale, crediamo che le informazioni di Facebook di 87 milioni di persone, prevalentemente negli Stati Uniti d'America, possano essere state impropriamente condivise con Cambridge Analytica». Lo ha scritto Mike Schroepfer, chief technology officer di Facebook, annunciando una serie di restrizioni del social media per proteggere meglio i dati personali dei propri utenti. Così, mentre si avvicina l'11 aprile, giorno in cui il fondatore Mark Zuckerberg testimonierà davanti alla commissione energia e Commercio della Camera Usa per chiarire il ruolo della sua società nella vicenda dei dati usati a scopi elettorali da Cambridge Analytica, Facebook annuncia che il numero di persone colpite dalla faccenda è ben superiore a quanto ammesso finora, 87 milioni contro i precedenti 50.Sono gli americani, con 70.632.350 milioni di utenti (81,6%), a fare la parte del leone negli 87 milioni di profili Facebook usati impropriamente per scopi elettorali da Cambridge Analytica. Nella classifica riportata da Facebook, seguono i filippini (1,4%), gli indonesiani (1,3%), i britannici (1,2%), i messicani (0,9%), i canadesi (0,7%), gli indiani (0,6%), i brasiliani (0,5%), i vietnamiti (0,5%) e gli australiani (0,4%). Gli italiani potenzialmente coinvolti sono invece 214.134. Il dato si ricava sommando il numero le persone (57) che hanno istallato l'app di Aleksandr Kogan, il ricercatore di Cambridge Analytica, e gli amici potenzialmente impattati (214.077).Ignazio Mangrano !function(e,t,n,s){var i="InfogramEmbeds",o=e.getElementsByTagName(t)[0],d=/^http:/.test(e.location)?"http:":"https:";if(/^\/{2}/.test(s)&&(s=d+s),window[i]&&window[i].initialized)window[i].process&&window[i].process();else if(!e.getElementById(n)){var a=e.createElement(t);a.async=1,a.id=n,a.src=s,o.parentNode.insertBefore(a,o)}}(document,"script","infogram-async","https://e.infogram.com/js/dist/embed-loader-min.js");
Il presidente venezuelano Nicolas Maduro (Getty Images)
Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha ordinato alle forze armate di essere pronte ad un’eventuale invasione ed ha dispiegato oltre 200mila militari in tutti i luoghi chiave del suo paese. il ministro della Difesa Vladimir Padrino Lopez sta guidando personalmente questa mobilitazione generale orchestrata dalla Milizia Nazionale Bolivariana, i fedelissimi che stanno rastrellando Caracas e le principali città per arruolare nuove forze.
L’opposizione denuncia arruolamenti forzati anche fra i giovanissimi, soprattutto nelle baraccopoli intorno alla capitale, nel disperato tentativo di far credere che la cosiddetta «rivoluzione bolivariana», inventata dal predecessore di Maduro, Hugo Chavez, sia ancora in piedi. Proprio Maduro si è rivolto alla nazione dichiarando che il popolo venezuelano è pronto a combattere fino alla morte, ma allo stesso tempo ha lanciato un messaggio di pace nel continente proprio a Donald Trump.
Il presidente del Parlamento ha parlato di effetti devastanti ed ha accusato Washington di perseguire la forma massima di aggressione nella «vana speranza di un cambio di governo, scelto e voluto di cittadini». Caracas tramite il suo ambasciatore alle Nazioni Unite ha inviato una lettera al Segretario Generale António Guterres per chiedere una condanna esplicita delle azioni provocatorie statunitensi e il ritiro immediato delle forze Usa dai Caraibi.
Diversi media statunitensi hanno rivelato che il Tycoon americano sta pensando ad un’escalation con una vera operazione militare in Venezuela e nei primi incontri con i vertici militari sarebbe stata stilata anche una lista dei principali target da colpire come porti e aeroporti, ma soprattutto le sedi delle forze militari più fedeli a Maduro. Dal Pentagono non è arrivata nessuna conferma ufficiale e sembra che questo attacco non sia imminente, ma intanto in Venezuela sono arrivati da Mosca alcuni cargo con materiale strategico per rafforzare i sistemi di difesa anti-aerea Pantsir-S1 e batterie missilistiche Buk-M2E.
Dalle immagini satellitari si vede che l’area della capitale e le regioni di Apure e Cojedes, sedi delle forze maduriste, sono state fortemente rinforzate dopo che il presidente ha promulgato la legge sul Comando per la difesa integrale della nazione per la salvaguardia della sovranità e dell’integrità territoriale. In uno dei tanti discorsi alla televisione nazionale il leader venezuelano ha spiegato che vuole che le forze armate proteggano tutte le infrastrutture essenziali.
Nel piano presentato dal suo fedelissimo ministro della Difesa l’esercito, la polizia ed anche i paramilitari dovranno essere pronti ad una resistenza prolungata, trasformando la guerra in guerriglia. Una forza di resistenza che dovrebbe rendere impossibile governare il paese colpendo tutti i suoi punti nevralgici e generando il caos.
Una prospettiva evidentemente propagandistica perché come racconta la leader dell’opposizione Delsa Solorzano «nessuno è disposto a combattere per Maduro, tranne i suoi complici nel crimine. Noi siamo pronti ad una transizione ordinata, pacifica e che riporti il Venezuela nel posto che merita, dopo anni di buio e terrore.»
Una resistenza in cui non sembra davvero credere nessuno perché Nicolas Maduro, la sua famiglia e diversi membri del suo governo, avrebbero un piano di fuga nella vicina Cuba per poi probabilmente raggiungere Mosca come ha già fatto l’ex presidente siriano Assad.
Intanto il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha espresso preoccupazione per i cittadini italiani detenuti nelle carceri del Paese, sottolineando l’impegno della Farnesina per scarcerarli al più presto, compreso Alberto Trentini, arrestato oltre un anno fa.
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«Il cuculo di cristallo» (Netflix)
Federica Picchi (Imagoeconomica)
Ecco #DimmiLaVerità del 14 novembre 2025. Il deputato del M5s Marco Pellegrini commenta lo scandalo corruzione in Ucraina e la necessità di intraprendere un processo negoziale.