2024-01-03
Crac immobiliari e capitali in fuga: la bolla cinese pronta a scoppiare
Un cantiere immobiliare a Shanghai (Getty Images)
La crisi del mattone è profonda (alle società del settore manca la liquidità per finire i lavori), i consumi ristagnano e la crescita del Pil sarà sotto il 5%. Se cede Pechino tutte le economie avranno problemi.Poche luci e molte ombre (cinesi) sul discorso di Capodanno del presidente Xi Jinping. Il premier in carica da 11 anni ha infine dovuto sottolinearlo: il governo di Pechino si impegnerà quest’anno nel supportare l’economia cinese, mirando alla creazione di posti di lavoro, al miglioramento dell’istruzione, al sostegno dei redditi e allo sviluppo tecnologico. C’è infatti un diffuso senso di incertezza sulla strada che potrà imboccare l’economia del grande paese asiatico, se in salita o in discesa. Lo stesso leader ha ammesso che «sulla strada che abbiamo davanti a noi, vento e pioggia sono la norma» e che nel 2023 «alcune imprese hanno avuto momenti difficili, alcune persone hanno avuto difficoltà a trovare lavoro e a soddisfare i bisogni di base». Alcune è ovviamente un eufemismo. La disoccupazione giovanile è esplosa nel 2023, tanto che il governo da metà estate ha smesso di diffondere le statistiche: il dato di luglio, ultimo disponibile, ha fatto segnare un mesto 21,3%. Il settore immobiliare è entrato in crisi, i consumi interni rallentano, ci sono segnali di deflazione, mentre i capitali esteri, preoccupati, defluiscono verso lidi più sicuri.Nel discorso del segretario del partito comunista cinese, trasmesso in diretta televisiva, non sono mancati gli accenti minacciosi: Xi ha detto infatti che la riunificazione con Taiwan è ormai una «necessità storica» e che i cittadini dell’isola sono «compatrioti». Affermazioni non diverse da quelle fatte a San Francisco in novembre, quando nell’incontro con Joe Biden, il premier disse che «la Cina realizzerà la riunificazione e ciò è inarrestabile».Mentre si intensifica l’attività militare nel Mar Cinese Meridionale, vi è da notare che il 13 gennaio a Taiwan si terranno le elezioni presidenziali. I cinesi appoggiano il Kuomintang, partito filocinese di opposizione al governo di Taipei, ma al momento nella corsa alla presidenza pare favorito Lai Ching-te, del Partito democratico progressista che è attualmente al potere.Sul fronte dell’amministrazione interna, Xi Jinping ha lanciato anni fa una campagna molto severa contro la corruzione. Nel quinquennio 2018-2022 sono state scoperte e condannate 3 milioni di persone per corruzione, in media 600.000 all’anno. La purga interna al partito, che conta poco meno di 100 milioni di iscritti e che controlla i gangli burocratici, è continua, e riguarda anche membri del governo. Il ministro della Difesa è letteralmente scomparso la scorsa estate ed è stato sostituito nell’incarico solo pochi giorni fa dall’ex capo della marina Dong Jun. Anche l’apparato militare è soggetto a ricambio continuo, con una dozzina di alti gradi dell’esercito e di industriali del settore difesa che sono stati estromessi senza troppi riguardi nell’ultimo anno.All’indebolimento della crescita cinese fanno da sfondo le grandi differenze territoriali tra province più industrializzate, quelle del sud-est affacciate sul mare dove il Pil pro-capite è di 120.000 yuan, e quelle più arretrate, come la provincia interna del Gansu dove il Pil pro-capite è di circa un terzo (45.000 yuan).La domanda di credito è debole. Dei 14 programmi di prestiti a tassi agevolati che la Banca popolare cinese ha messo a disposizione dal 2021, per un valore pari a 740 miliardi di dollari, la metà ha utilizzato meno del 50% dei fondi disponibili. In sostanza, le imprese non desiderano aumentare l’indebitamento perché temono l’incertezza dei prossimi anni, frenando così gli investimenti e rallentando l’economia.È soprattutto il settore immobiliare a preoccupare, per l’impatto finanziario che una crisi conclamata porterebbe con sé. Il mercato si è fermato perché gli acquirenti temono che le società immobiliari non riescano a terminare i progetti di nuove case, a causa delle mutate condizioni finanziarie. Il governo preme sui costruttori perché finiscano le case già vendute prima di iniziarne altre, ma il denaro proveniente dalle nuove prevendite è essenziale per completare le case già iniziate. Si è creato un circolo vizioso dal quale sembra difficile uscire. Si stima che vi siano non meno di 266 miliardi di dollari di passività nei cinque maggior costruttori cinesi e che ci vogliano circa 450 miliardi di dollari per terminare gli oltre 20 milioni di case vendute ma non ancora completate.Le imprese statali cinesi sono un pilastro fondamentale della seconda economia mondiale, rappresentando il 66% del prodotto interno lordo nel 2023. Dunque da esse dipende gran parte dell’economia, ma i dati più recenti pongono più di qualche interrogativo. Nel 2023 si è assistito ad un deciso calo degli afflussi finanziari netti dall’estero sul mercato cinese, ma una piccola inversione di tendenza nell’ultimo mese potrebbe essere l’inizio di un rimbalzo. La fine del rialzo dei tassi negli Stati Uniti, l’impegno del governo a sostenere l’economia e una ripresa del settore tecnologico potrebbero funzionare da antidoto rispetto al rallentamento, sia pure solo in parte. È difficile fare previsioni, ma intanto il 2023 si chiuderà senza raggiungere l’obiettivo di un Pil a +5%, come previsto dal piano elaborato dagli economisti di Pechino nel 2022. Il 2024 si preannuncia ancora più irto di ostacoli.
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