
Pure il «Nyt» lo certifica: sostenibilità e inclusività non «tirano» come un tempo e il capitalismo che fino a oggi aveva strizzato l’occhio a progressismo e diritti per fare affari mette la retro. Però il problema resta nelle università, nei media e nella società.Bari Weiss e Nellie Bowles sono una curiosa coppia di contestatrici. Sono lesbiche e sposate, entrambe di sinistra. Tutte e due sono giornaliste di successo negli Stati Uniti ed entrambe hanno lasciato in polemica il New York Times. La Weiss, 40 anni, si è dimessa nel 2020 in protesta contro la deriva woke del giornale. Nella redazione, ha scritto, si era imposta «un’ortodossia preconcetta, proprietà di un piccolo numero di persone illuminate con il compito di informare». La Bowles l’ha seguita poco dopo, nel 2021, e a tre anni di distanza ha raccontato la sua scelta in un libro intitolato Morning after the revolution, una sorta di antologia di quelli che lei definisce «dispacci dal lato sbagliato della Storia».Secondo la Bowles, lo storico quotidiano newyorkese è diventato preda di una «monocultura del progressismo utopico», di cui lei stessa è stata vittima. Redattrice di successo nelle pagine di tecnologia, si è accorta che qualcosa non tornava quando i suoi articoli dedicati a imprenditori e personaggi in odore di conservatorismo sono divenuti troppo astiosi.Parlando al Telegraph, Bowles ha descritto con ironia la situazione in cui a un certo punto si è trovata. «I colleghi giornalisti delle principali testate mi dicevano che le strade e gli uccelli sono razzisti. Votare è razzista. L’esercizio fisico è super razzista. Preoccuparsi della plastica nell’acqua è transfobico». Alla fine, da giornalista progressista ed elettrice di Hillary Clinton, anche lei ha compreso una grande verità, che sintetizza così: «La sinistra americana sostiene che se non credi in ogni singolo principio della sua filosofia del momento, sei un fascista».Quando si è resa conto di questo meccanismo, era già troppo tardi. Come scrive il Telegraph, «a quel punto, i capi di Bowles l’avevano già considerata «un problema». E non l’aiutava il fatto che avesse appena iniziato a uscire con Weiss, una nota «dissidente» che un tempo era una opinionista di punta del New York Times, ma sosteneva di essere stata vittima di bullismo da parte di colleghi che non erano d’accordo con le sue visioni sulla cultura woke. Quando al Times si sono accorti che la Bowles stava iniziando a uscire dal recinto, hanno «inviato i propri “Narrative enforcer” interni (ufficialmente chiamati esperti di disinformazione) per occuparsi di lei e spiegarle come “incorporare l’analisi della disinformazione” in un pezzo che stava scrivendo. In altre parole: come allinearsi alla linea del partito».Dopo questi tentativi di rieducazione, Bowles ha deciso di lasciare il Times e ha cominciato a occuparsi di tutti gli argomenti sgraditi ai colleghi progressisti. L’elenco dei temi sgraditi lo ha ben riassunto il settimanale francese Le Point: «Come ha fatto la zona autonoma di Seattle, creata con la complicità del sindaco, a diventare una zona di tagliagole, gestita da signori della guerra che estorcono denaro ai piccoli commercianti? Perché i media negano la presenza, durante le manifestazioni di Black lives matter, degli antifa, questi attivisti in divisa e passamontagna neri, minacciosi e pericolosamente armati di Ak-40? Dove sono finiti i milioni di dollari raccolti da alcune organizzazioni antirazziste, a margine delle manifestazioni Black lives matter? In quale stato emergiamo dai seminari di “consapevolezza della natura tossica della razza bianca” e in che modo ciò aiuta concretamente a ridurre il razzismo? E ancora: l’esplosione della criminalità nelle principali città americane nel 2022 è davvero estranea all’influenza esercitata dal movimento Defund the police? Dovremmo tollerare, nelle terme riservate alle donne, uomini che “si identificano come donne” ma a cui la presenza di donne vere - nude - provoca erezioni? È normale che ai bambini venga diagnosticato il fatto di “abitare il corpo sbagliato” e “essere assegnati al sesso sbagliato”? I genitori che permettono ai propri figli di assumere quotidianamente farmaci che bloccano la pubertà sanno che ciò li renderà sterili per tutta la vita, anche se alla fine decideranno, all’età di 18 anni, di non cambiare sesso? Accompagnare le migliaia di tossicodipendenti da Fentanil che infestano i parchi e i marciapiedi di San Francisco nel loro percorso verso la morte è davvero la cosa migliore che possiamo fare per loro?».Tutti questi dubbi sul Times non era consentito porseli per via dell’influenza di quello che la Bowles chiama «nuovo progressismo». Le giovani generazioni di reporter usciti dalle università, spiega, non vogliono informare, ma piuttosto sostenere la (presunta) «giustizia sociale» e le buone cause woke. Le generazioni precedenti di liberal sono considerate «troppo morbide» e non riescono a respingere l’assalto dei nuovi «guerrieri sociali». Il risultato è una drammatica restrizione della libertà di opinione e di informazione.Il New York Times ha in qualche modo risposto al pesante atto di accusa della sua ex cronista. Alcuni giornalisti hanno riconosciuto gli eccessi degli ultimi anni, ma la reazione più interessante è stata probabilmente quella della columnist Michelle Goldberg, che ha recensito il libro della Bowles dicendosi in disaccordo su un punto fondamentale. La Bowles sostiene che l’ideologia woke abbia trionfato, la Goldberg ritiene che non sia così, soprattutto nel mondo degli affari.«Anche all’apice delle manifestazioni di George Floyd, la questione della giustizia sociale aziendale era per lo più solo una facciata», ha scritto. «Il principio operativo delle grandi imprese è ed è sempre stato la ricerca del profitto. E ora siamo nel mezzo di una furiosa inversione di tendenza. “Molte aziende stanno frenando la loro retorica e in alcuni casi l’azione su questioni come la sostenibilità e la diversità”, ha affermato un recente articolo di Business Insider intitolato Woke no more. I dipartimenti per la diversità, l’equità e l’inclusione, brevemente apprezzati, vengono smantellati. “La reazione negativa è reale. E intendo dire, in un modo che in realtà non avevo mai visto prima”, ha detto ad Axios il capo della Society for human resource management. Di fronte alle proteste di destra, Target, un’azienda un tempo nota per le sue trappole di giustizia sociale, ha deciso di smettere di vendere la merce pride in alcuni negozi. E, come ha riportato il New York Times, i donatori di Wall Street che un tempo erano ostili a Donald Trump hanno fatto pace con lui».La Goldberg dice il vero: molte aziende hanno cambiato rotta. Ma questa certezza non fa altro che confermare quanto sia falso e diabolico il cosiddetto «capitalismo woke». Se, però, le grandi compagnie possono velocemente mollare le follie progressiste quando queste iniziano a danneggiare gli affari, a livello sociale il problema è più complesso. Nelle università, nei media, nel mondo culturale e nell’industria dell’intrattenimento l’ideologia woke ha messo radici e liberarsene non è affatto facile. Magari se ne condannano gli eccessi, ma intanto si è alzata l’asticella dell’intolleranza. Si vede qualche cambio di passo sul cambio di sesso dei bambini. Intanto, però, certi deliri trans sono stati sdoganati e una volta rotte le cateratte è complicato fermare l’acqua che scorre.Forse il woke è davvero moribondo, ma i semi marci che ha depositato continuano a dare frutti. E la colpa è anche di chi oggi ha compreso l’errore ma per anni ha supportato l’intollerabile.
Leone XIV (Ansa)
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Ansa
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Dimmi La Verità | Alessandro Rico: «Le reazioni della sinistra all'omicidio di Charlie Kirk»
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