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2019-05-27
Cresce la Meloni, cade Forza Italia. Il Pd di Zingaretti sorpassa i grillini
Ansa
La Lega vola, il M5s affonda. Il Carroccio guidato da Matteo Salvini diventa il primo partito d'Italia, con il 34,1% dei voti supera ogni previsione raddoppiando il risultato delle politiche del marzo 2018: è questo il dato più importante, dal punto di vista politico e storico, delle elezioni europee che si sono svolte ieri. I dati che abbiamo a disposizione, alla chiusura del giornale, sono quelli delle proiezioni di Swg per La 7. Numeri che, in attesa della conclusione degli scrutini, certificano il ribaltamento totale dell'equilibrio tra i due alleati di maggioranza. Il M5s, con il 18% dei voti, è in crisi profondissima: perde più di 13 punti rispetto alle politiche dello scorso anno, mentre il Pd, con il 22%, incassa un buon risultato, e sorpassa il M5s. Molto deludente il risultato di Forza Italia, inchiodata all'8,5%, mentre Fratelli d'Italia con il 6,4% cresce di ben due punti rispetto a un anno fa, corroborando il successo oltre ogni previsione delle forze sovraniste.
La tendenza, al di là delle cautele del caso, sembra abbastanza chiara, e dunque si può già affermare con ragionevole certezza che Matteo Salvini, con il 34,1%, è riuscito in una impresa che 30 anni fa, quando Umberto Bossi fuse la Lega Lombarda, da lui fondata, con la Liga Veneta, non avrebbe mai immaginato. Esattamente tre decenni fa, nel giugno 1989, alle elezioni europee, i due partiti, uniti insieme ad altri movimenti regionalisti, ottenevano l'1,8% dei voti. Alle politiche del marzo 2018, la Lega aveva preso il 17,35% dei voti, un risultato già al di là delle aspettative. Cinque anni fa, alle europee del 2014, il Carroccio aveva ottenuto il 6,15% dei consensi.
Esulta la Lega, quindi. Salvini, in conferenza stampa, con il rosario in mano (nonostante le polemiche dei giorni scorsi con la Cei, il ministro dell'Interno è tornato anche a invocare il Cuore Immacolato di Maria), ha dichiarato: «Adesso si cambia in Europa». Il numero uno del Carroccio ha confermato che il governo andrà avanti, ma ha anche ribadito che ora sarà lui a dettare l'agenda: «Il nostro risultato ci dà più forza per mettere al centro i nostri temi». Non a caso, il M5s si lecca le ferite, dopo aver incassato una percentuale, il 18%, che rappresenta una batosta micidiale: rispetto al 4 marzo 2018, si sono invertiti i rapporti di forza tra i gialloblù. Un anno fa, il M5s era risultato il primo partito italiano, con il 32,68%. Non ha pagato in termini di consensi la vera e propria aggressione mediatica che nell'ultimo mese e mezzo il M5s ha orchestrato nei confronti della Lega. Le aspettative di chi aveva votato M5s, lo scorso anno, sono state deluse dall'azione di Luigi Di Maio e dei suoi fedelissimi al governo. Il M5s, per di più, sembra aver subito anche lo smacco del sorpasso da parte del Pd.
Pd che ottiene un risultato rispettabile: la nuova gestione targata Nicola Zingaretti porta a casa un buon 22%. Rispetto a un anno fa, l'esito delle europee di ieri può dirsi soddisfacente: alle politiche, il Pd di Matteo Renzi era precipitato al 18,76%, il minimo storico. Sembrano passati cinque secoli, invece solo cinque anni fa il Pd by Renzi otteneva lo stratosferico risultato del 40,81% dei consensi. Cinque anni di governo del centrosinistra, hanno praticamente dimezzato il gradimento dei dem tra gli italiani. Sembra però eccessiva l'esultanza di Zingaretti: «La scelta della sinistra unitaria è stata vincente», «non c'è più il bipolarismo M5s-Lega, c'è un tripolarismo e c'è anche il Pd». Peccato che per raggiungere il 22%, i dem abbiano dovuto imbarcare gli ex fuoriusciti di Articolo 1. Insomma, per non affondare, la sinistra è costretta a resuscitare l'Ulivo.
Nel centrodestra, si registra un risultato assai deludente per Forza Italia. Il partito di Silvio Berlusconi, infatti, ottiene una percentuale dell'8,5%. Un anno fa, gli azzurri avevano preso il 14%, mentre alle europee del 2014 erano al 16,81%. Non ha sortito l'effetto sperato il grande sforzo personale di Berlusconi, che nonostante i problemi di salute ha condotto una campagna elettorale alla sua maniera, con presenze a raffica in tv e anche qualche incontro pubblico. Il Cav aveva puntato tutto sulla esperienza di leader di governo, proponendo Forza Italia come componente moderata del centrodestra, saldamente all'interno del Partito popolare europeo.
Restando nel centrodestra, è da registrare l'ottimo risultato di Fratelli d'Italia, che le proiezioni danno al 6,4%. Un anno fa, alle politiche del 4 marzo 2018, il partito di Giorgia Meloni prese il 4,36%; alle europee del 2014, si fermò invece al 3,67%, non riuscendo a superare la soglia del 4%. La Meloni ha condotto una campagna elettorale molto aggressiva, proponendosi come seconda gamba di un futuro centrodestra sovranista Lega-Fdi: la somma dei due partiti raggiunge addirittura il 40,5%.
Gli ultrà europeisti di +Europa, fermi al 3,2%, non supererebbero la soglia di sbarramento del 4% per entrare nel Parlamento europeo. La Sinistra non va oltre l'1,7%. Europa Verde si ferma al 2,4%.
Interessante il dato della somma di Lega e M5s, i partiti di maggioranza. Alle politiche dello scorso anno, avevano raggiunto in totale il 50% esatto dei voti. Stando alle proiezioni, la somma delle forze politiche guidate da Matteo Salvini e Luigi Di Maio si attesta al 52,1%. Dunque, il giudizio degli elettori italiani sull'azione dell'esecutivo rimane positivo, anche se è cambiato l'equilibrio tra i due contraenti del contratto di governo.
Il centrodestra unito (Lega, Forza Italia e Fdi) si attesta su una percentuale del 49%. Alle politiche di un anno fa, i partiti di Matteo Salvini, Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni avevano ottenuto in totale il 36% dei voti. Cinque anni fa, alle ultime europee, il 27%.
Piemonte verso il centrodestra: Cirio è in vantaggio
Dopo Friuli, Molise, Abruzzo, Sardegna e Trentino, anche il Piemonte potrebbe passare al centrodestra: secondo i primi exit poll di Consorzio opinio Italia per la Rai, infatti, il candidato di Lega, Forza Italia e Fratelli d'Italia, Alberto Cirio sarebbe in netto vantaggio. È dato fra il 45 e il 49%, mentre il suo avversario il governatore uscente, candidato del centrosinistra, Sergio Chiamparino, sarebbe fermo fra il 36,5 e il 40,5%. Se confermato, sarebbe un dato significativo. Il Piemonte, infatti, si è dimostrato cruciale anche per gli equilibri politici nazionali. Lì, infatti, si sta giocando la partita tra Lega (più gli altri partiti di centrodestra) e grillini sulla Tav. Una vittoria di Cirio, oltre a indebolire l'opposizione a questa grande opera, rinvigorisce la sinergia tra le forze del centrodestra. E rafforza la Lega nel suo braccio di ferro con il M5s sul tema delle grandi opere. Il Piemonte, peraltro, sarebbe l'ultima Regione necessaria al centrodestra per completare la conquista di tutto il Nord produttivo, dopo Trentino, Friuli, Veneto, Lombardia e Liguria.
Intanto, da tutta Europa, tranne che dall'Italia, si segnalano dati di affluenza importanti: sono i più alti almeno da 20 anni. Da noi, invece, complice la «defezione» del Sud, ci si è fermati al 53,41% contro il 58,8% del 2014.
In Germania si è passati dal 24% al 29%, in Francia addirittura s'è registrato il numero più alto di sempre: già alle 17 di ieri aveva votato il 43,3% degli aventi diritto, l'8% in più delle precedenti elezioni europee. Anche in Danimarca c'è stato un 4% in più e in Romania segnalano un +6%.
Stessa musica in Polonia, ove il dato è addirittura raddoppiato, passando dal 7% al 14%. In Ungheria - alle 15 di ieri pomeriggio - l'affluenza era pari al 30,52%, già più alta di quella complessiva di cinque anni fa. Affluenza al 9,9% in Croazia: l'incremento rispetto al 2014 è del 2%. In Slovenia, invece, l'affluenza era dell'8,9% per cento alle 11 del mattino. Nel 2014, alla stessa ora, era dell'8,3%. Segno più anche in Estonia (3,77%), Lettonia (2,9% d'aumenti), e Cipro (0,8%). Anche in Olanda, dove le urne si erano già chiuse giovedì sera, i dati sull'affluenza sono stati positivi, più 3,88%.
Ma i numeri più imprevedibili li ha fatti la Spagna, dove l'affluenza del 34% ha fatto schizzare di 10 punti percentuali verso l'alto la statistica rispetto al 2014.
Dal 1979 al 2014 l'affluenza aveva registrato un calo costante. Se confermata, l'affluenza del 2019 invertirà il trend e segnerà il picco dal 1999.
Nel nostro Paese, si è votato molto di più in Trentino Alto Adige, oltre 10% d'incremento. In aumento anche l'Emilia Romagna e l'Umbria. Alto pure il dato del Veneto. Nel resto d'Italia, invece, numeri inferiori alla tornata elettorale di cinque anni fa.
In Sardegna e Sicilia, partecipazione sotto al 40%, superato solamente di poco in Calabria e Basilicata. In Campania e Puglia affluenza al 45%, in Abruzzo e Molise poco più del 50%.
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Riduci
Matteo Salvini parla nella notte con un rosario in mano: «Il governo va avanti, però al centro ci saranno i nostri temi». I democratici si fermano al 22%, ma riscattano il tonfo di Matteo Renzi nel 2018. Emma Bonino non supera la soglia del 4%. Piemonte verso il centrodestra: Alberto Cirio è in vantaggio. Sergio Chiamparino (centrosinistra) è dato tra il 36,5 e il 40,5. Il suo avversario al 45-49. Affluenza boom in Europa, da noi inferiore al 2014. Lo speciale comprende due articoli. La Lega vola, il M5s affonda. Il Carroccio guidato da Matteo Salvini diventa il primo partito d'Italia, con il 34,1% dei voti supera ogni previsione raddoppiando il risultato delle politiche del marzo 2018: è questo il dato più importante, dal punto di vista politico e storico, delle elezioni europee che si sono svolte ieri. I dati che abbiamo a disposizione, alla chiusura del giornale, sono quelli delle proiezioni di Swg per La 7. Numeri che, in attesa della conclusione degli scrutini, certificano il ribaltamento totale dell'equilibrio tra i due alleati di maggioranza. Il M5s, con il 18% dei voti, è in crisi profondissima: perde più di 13 punti rispetto alle politiche dello scorso anno, mentre il Pd, con il 22%, incassa un buon risultato, e sorpassa il M5s. Molto deludente il risultato di Forza Italia, inchiodata all'8,5%, mentre Fratelli d'Italia con il 6,4% cresce di ben due punti rispetto a un anno fa, corroborando il successo oltre ogni previsione delle forze sovraniste. La tendenza, al di là delle cautele del caso, sembra abbastanza chiara, e dunque si può già affermare con ragionevole certezza che Matteo Salvini, con il 34,1%, è riuscito in una impresa che 30 anni fa, quando Umberto Bossi fuse la Lega Lombarda, da lui fondata, con la Liga Veneta, non avrebbe mai immaginato. Esattamente tre decenni fa, nel giugno 1989, alle elezioni europee, i due partiti, uniti insieme ad altri movimenti regionalisti, ottenevano l'1,8% dei voti. Alle politiche del marzo 2018, la Lega aveva preso il 17,35% dei voti, un risultato già al di là delle aspettative. Cinque anni fa, alle europee del 2014, il Carroccio aveva ottenuto il 6,15% dei consensi. Esulta la Lega, quindi. Salvini, in conferenza stampa, con il rosario in mano (nonostante le polemiche dei giorni scorsi con la Cei, il ministro dell'Interno è tornato anche a invocare il Cuore Immacolato di Maria), ha dichiarato: «Adesso si cambia in Europa». Il numero uno del Carroccio ha confermato che il governo andrà avanti, ma ha anche ribadito che ora sarà lui a dettare l'agenda: «Il nostro risultato ci dà più forza per mettere al centro i nostri temi». Non a caso, il M5s si lecca le ferite, dopo aver incassato una percentuale, il 18%, che rappresenta una batosta micidiale: rispetto al 4 marzo 2018, si sono invertiti i rapporti di forza tra i gialloblù. Un anno fa, il M5s era risultato il primo partito italiano, con il 32,68%. Non ha pagato in termini di consensi la vera e propria aggressione mediatica che nell'ultimo mese e mezzo il M5s ha orchestrato nei confronti della Lega. Le aspettative di chi aveva votato M5s, lo scorso anno, sono state deluse dall'azione di Luigi Di Maio e dei suoi fedelissimi al governo. Il M5s, per di più, sembra aver subito anche lo smacco del sorpasso da parte del Pd. Pd che ottiene un risultato rispettabile: la nuova gestione targata Nicola Zingaretti porta a casa un buon 22%. Rispetto a un anno fa, l'esito delle europee di ieri può dirsi soddisfacente: alle politiche, il Pd di Matteo Renzi era precipitato al 18,76%, il minimo storico. Sembrano passati cinque secoli, invece solo cinque anni fa il Pd by Renzi otteneva lo stratosferico risultato del 40,81% dei consensi. Cinque anni di governo del centrosinistra, hanno praticamente dimezzato il gradimento dei dem tra gli italiani. Sembra però eccessiva l'esultanza di Zingaretti: «La scelta della sinistra unitaria è stata vincente», «non c'è più il bipolarismo M5s-Lega, c'è un tripolarismo e c'è anche il Pd». Peccato che per raggiungere il 22%, i dem abbiano dovuto imbarcare gli ex fuoriusciti di Articolo 1. Insomma, per non affondare, la sinistra è costretta a resuscitare l'Ulivo. Nel centrodestra, si registra un risultato assai deludente per Forza Italia. Il partito di Silvio Berlusconi, infatti, ottiene una percentuale dell'8,5%. Un anno fa, gli azzurri avevano preso il 14%, mentre alle europee del 2014 erano al 16,81%. Non ha sortito l'effetto sperato il grande sforzo personale di Berlusconi, che nonostante i problemi di salute ha condotto una campagna elettorale alla sua maniera, con presenze a raffica in tv e anche qualche incontro pubblico. Il Cav aveva puntato tutto sulla esperienza di leader di governo, proponendo Forza Italia come componente moderata del centrodestra, saldamente all'interno del Partito popolare europeo. Restando nel centrodestra, è da registrare l'ottimo risultato di Fratelli d'Italia, che le proiezioni danno al 6,4%. Un anno fa, alle politiche del 4 marzo 2018, il partito di Giorgia Meloni prese il 4,36%; alle europee del 2014, si fermò invece al 3,67%, non riuscendo a superare la soglia del 4%. La Meloni ha condotto una campagna elettorale molto aggressiva, proponendosi come seconda gamba di un futuro centrodestra sovranista Lega-Fdi: la somma dei due partiti raggiunge addirittura il 40,5%. Gli ultrà europeisti di +Europa, fermi al 3,2%, non supererebbero la soglia di sbarramento del 4% per entrare nel Parlamento europeo. La Sinistra non va oltre l'1,7%. Europa Verde si ferma al 2,4%. Interessante il dato della somma di Lega e M5s, i partiti di maggioranza. Alle politiche dello scorso anno, avevano raggiunto in totale il 50% esatto dei voti. Stando alle proiezioni, la somma delle forze politiche guidate da Matteo Salvini e Luigi Di Maio si attesta al 52,1%. Dunque, il giudizio degli elettori italiani sull'azione dell'esecutivo rimane positivo, anche se è cambiato l'equilibrio tra i due contraenti del contratto di governo. Il centrodestra unito (Lega, Forza Italia e Fdi) si attesta su una percentuale del 49%. Alle politiche di un anno fa, i partiti di Matteo Salvini, Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni avevano ottenuto in totale il 36% dei voti. 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Il Piemonte, infatti, si è dimostrato cruciale anche per gli equilibri politici nazionali. Lì, infatti, si sta giocando la partita tra Lega (più gli altri partiti di centrodestra) e grillini sulla Tav. Una vittoria di Cirio, oltre a indebolire l'opposizione a questa grande opera, rinvigorisce la sinergia tra le forze del centrodestra. E rafforza la Lega nel suo braccio di ferro con il M5s sul tema delle grandi opere. Il Piemonte, peraltro, sarebbe l'ultima Regione necessaria al centrodestra per completare la conquista di tutto il Nord produttivo, dopo Trentino, Friuli, Veneto, Lombardia e Liguria. Intanto, da tutta Europa, tranne che dall'Italia, si segnalano dati di affluenza importanti: sono i più alti almeno da 20 anni. Da noi, invece, complice la «defezione» del Sud, ci si è fermati al 53,41% contro il 58,8% del 2014. In Germania si è passati dal 24% al 29%, in Francia addirittura s'è registrato il numero più alto di sempre: già alle 17 di ieri aveva votato il 43,3% degli aventi diritto, l'8% in più delle precedenti elezioni europee. Anche in Danimarca c'è stato un 4% in più e in Romania segnalano un +6%. Stessa musica in Polonia, ove il dato è addirittura raddoppiato, passando dal 7% al 14%. In Ungheria - alle 15 di ieri pomeriggio - l'affluenza era pari al 30,52%, già più alta di quella complessiva di cinque anni fa. Affluenza al 9,9% in Croazia: l'incremento rispetto al 2014 è del 2%. In Slovenia, invece, l'affluenza era dell'8,9% per cento alle 11 del mattino. Nel 2014, alla stessa ora, era dell'8,3%. Segno più anche in Estonia (3,77%), Lettonia (2,9% d'aumenti), e Cipro (0,8%). Anche in Olanda, dove le urne si erano già chiuse giovedì sera, i dati sull'affluenza sono stati positivi, più 3,88%. Ma i numeri più imprevedibili li ha fatti la Spagna, dove l'affluenza del 34% ha fatto schizzare di 10 punti percentuali verso l'alto la statistica rispetto al 2014. Dal 1979 al 2014 l'affluenza aveva registrato un calo costante. Se confermata, l'affluenza del 2019 invertirà il trend e segnerà il picco dal 1999. Nel nostro Paese, si è votato molto di più in Trentino Alto Adige, oltre 10% d'incremento. In aumento anche l'Emilia Romagna e l'Umbria. Alto pure il dato del Veneto. Nel resto d'Italia, invece, numeri inferiori alla tornata elettorale di cinque anni fa. In Sardegna e Sicilia, partecipazione sotto al 40%, superato solamente di poco in Calabria e Basilicata. In Campania e Puglia affluenza al 45%, in Abruzzo e Molise poco più del 50%.
Il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, risponde al Maestro Riccardo Muti e si impegna a lavorare con il ministero degli Esteri per avviare contatti ai più alti livelli con la Francia per riportare a Firenze le spoglie del grande compositore Cherubini.
Michele Emiliano (Ansa)
Fino ad oggi, però, nessun risultato. Forse la comunicazione non è stata così «forte» come fu la lettera che proprio l’allora governatore dem inviò a tutti i dirigenti e dipendenti della Regione, delle sue agenzie e società partecipate, invitandoli a interrompere i rapporti con il governo di Netanyahu «a causa del genocidio di inermi palestinesi e con tutti quei soggetti ad esso riconducibili che non siano apertamente e dichiaratamente motivati dalla volontà di organizzare iniziative per far cessare il massacro nella Striscia di Gaza».
Ora, dopo l’addio di Emiliano e l’arrivo del neo governatore Antonio Decaro, gli sprechi non sarebbero stati eliminati dalle sette società nel mirino, parzialmente o interamente controllate dalla Regione Puglia: Acquedotto spa, InnovaPuglia, Aeroporti di Puglia, Puglia valore immobiliare, Terme di Santa Cesarea, Puglia sviluppo e Aseco. Infatti, secondo il report approdato in giunta regionale nel corso dell’ultima seduta, è stato evidenziato che non c’è stata riduzione di spesa di funzionamento in nessuna di queste, anzi in tre hanno addirittura superato i limiti per consulenze (Puglia sviluppo, Acquedotto e Terme di Santa Cesarea), mentre il dato peggiore è sulle spese di acquisto, manutenzione, noleggio delle auto o di acquisto di buoni taxi. Quattro società non hanno comunicato alcun dato, mentre Aeroporti ha certificato lo sforamento. Nel dettaglio, Acquedotto pugliese, anziché contenere le spese di funzionamento, le ha incrementate di 17 milioni di euro rispetto al 2024. La giustificazione? Il maggior costo del personale «riconducibile al rinnovo del contratto collettivo nazionale», ma pure «l’incremento delle risorse in forza alla società, spese legali, assicurazioni, convegni, pubblicità e marketing, buoni pasto, costi postali non ribaltabili all’utenza nell’ambito della tariffa del Servizio idrico integrato».
Per quanto riguarda le consulenze, invece, Aqp sostiene che, essendo entrati i Comuni nell’assetto societario, nella fase di trasformazione sono stati necessari 639.000 euro per le consulenze.
Aeroporti di Puglia attribuisce l’aumento di spese all’organizzazione del G7, anche se l’incremento dell’8,44%, secondo la società, «è comunque inferiore all’aumento del traffico registrato nel 2024 rispetto al 2023 (+10,51%) e quindi dei ricavi. Spese superate, alla faccia del risparmio, anche per auto e taxi: 120.000 euro in più. Costi lievitati anche per InnovaPuglia, la controllata che si occupa di programmazione strategica a sostegno dell’innovazione: 12 milioni di euro nel 2024 a fronte dei 7 milioni del 2023, passando, in termini percentuali sul valore della produzione, dal 18,21% al 43,68%. Di Aseco, la società in house controllata da Aqp e Ager che si occupa di smaltimento di fanghi e frazione organica dei rifiuti urbani, non si hanno dati aggiornati al punto che è stata sollecitata dalla stessa Regione a comunicarli.
Insomma, secondo la Regione, se aumentano i costi vanno ridotti i servizi poiché il Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica prevede quella di contenere le spese di funzionamento individuando specifici obiettivi di spesa come quelli per il personale e quelli per consulenze, studi e ricerche. E la stessa Regione, che ha potere di vigilanza e di controllo, dove accerta «il mancato e ingiustificato raggiungimento degli obiettivi di contenimento della spesa» può «revocare gli incarichi degli organi di direzione, amministrazione e controllo nominati nelle società». La palla passa a Decaro.
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