2021-06-12
Covid nato in Italia: Anche gli studi chiesti dall’Oms smentiscono
Gli autori del paper sulla presenza nel nostro Paese del patogeno nell'autunno 2019 si ribellano alle strumentalizzazioni cinesi.Coronavirus nato in Italia? Nemmeno per sogno. Gli autori della pubblicazione che dimostra la presenza del Sars-CoV-2 nel nostro Paese già nell'autunno del 2019 si ribellano alle strumentalizzazioni nate negli ultimi giorni. Qualche giorno fa abbiamo raccontato ai nostri lettori che l'Organizzazione mondiale della sanità ha richiesto di verificare i campioni utilizzati nello studio apparso a novembre sulla rivista specializzata Tumori Journal, affidando l'analisi dei campioni a una struttura esterna. Un'istanza accolta dai ricercatori in nome della passione per la scienza e per la verità. «L'Oms ci ha chiesto se potevamo condividere il materiale biologico e se potevamo ripetere i test in un laboratorio indipendente, e abbiamo accettato», ha dichiarato a Reuters Giovanni Apolone, direttore scientifico dell'Istituto nazionale dei tumori di Milano e primo firmatario dello studio.Sviluppi prontamente interpretati da alcuni media cinesi come la volontà da parte dell'Oms di collocare altrove l'origine del virus. Secondo il Global Times, media molto vicino al regime, «gli osservatori cinesi ritengono che gli esperti internazionali abbiano iniziato a rintracciare le origini del Covid-19 al di fuori della Cina, e questo lavoro potrebbe coinvolgere altri Paesi nei quali sono state riportate evidenze precoci (della presenza del virus, ndr)». E un immunologo cinese ha dichiarato allo stesso tabloid che «se fosse confermato che il Covid-19 era presente in Italia già a dicembre del 2019, ciò dimostrerebbe che Wuhan potrebbe non essere il luogo nel quale ha avuto origine» la pandemia.Con una nota inviata alla Verità, effettivamente l'Istituto nazionale dei tumori conferma di aver concordato con l'agenzia della salute «le regole e il metodo da utilizzare per lo svolgimento delle analisi di laboratorio», e di essere «in contatto con i colleghi del laboratorio identificato dall'Oms per definire la struttura, il contenuto e l'interpretazione dei risultati ottenuti». Non appena definiti i quali verrà emanata un'apposita pubblicazione al riguardo. Seppure con i toni pacati tipici dell'ambiente scientifico, i nostri ricercatori hanno poi voluto rispedire al mittente con fermezza le illazioni sulla possibilità che il virus sia nato in Italia. «Gli autori hanno ipotizzato che il virus fosse circolato silenziosamente prima dei casi ufficiali e che questo potesse spiegare la successiva diffusione esplosiva di Sars-CoV-2 da febbraio 2020, in alcune regioni del Nord Italia», generando così «un ampio dibattito», a seguito del quale «molti altri studiosi hanno proposto ipotesi alternative che potevano confutare questa interpretazione». Tuttavia, si legge nella nota, «è importante comunque anticipare che i risultati e le possibili interpretazioni non potranno mettere in discussione quanto attualmente si pensa sulla natura e origine del virus, ma solo confermare o meno la possibile circolazione dello stesso in un periodo precedente ai primi casi italiani accertati nel febbraio 2020». Tradotto, riscontrare la presenza del virus in altri Paesi anche in periodi antecedenti rispetto ai primi casi ufficiali non significa di certo che il virus sia nato fuori dalla Cina, come invece sostenuto dai media di regime. Semmai, aggiungiamo noi, potrebbe addirittura costituire un'ulteriore prova del fatto che Pechino sapeva e non ha avvisato per tempo il mondo del potenziale rischio pandemico. Nel frattempo, man mano che passano i giorni il cerchio intorno alla Cina si stringe. Ricordate quando l'ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump veniva accusato di xenofobia per avere incolpato pubblicamente il Dragone di aver diffuso il coronavirus? Oggi che a chiedere chiarezza è il suo successore, Joe Biden, il dibattito sulla natura - geografica e biologica - del patogeno viene finalmente sdoganato a livello mondiale. Sulla scorta dell'inaspettata giravolta del nuovo inquilino della Casa Bianca, il G7 ha inserito nella bozza del comunicato finale della sessione che si concluderà domenica la necessità di una nuova e trasparente indagine dell'Oms sull'origine del coronavirus. Posizione alla quale l'Unione europea si è prontamente accodata. «Conoscere l'origine del coronavirus è della massima importanza», ha dichiarato in conferenza stampa la presidente della Commissione Ursula von der Leyen. «Sosteniamo tutti gli sforzi tesi a fare chiarezza: il mondo ha diritto di sapere esattamente che cosa è successo», le ha fatto eco il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, «siamo molto chiari, serve piena trasparenza».E a riprova del fatto che l'ipotesi del cosiddetto «lab leak» non rappresenta più un tabù nemmeno per la comunità scientifica arriva un lungo articolo pubblicato martedì su Science. Nel testo gli autori esaminano, punto per punto, l'eventualità che il coronavirus sia fuoriuscito dal Wuhan institute of virology. Perché, osserva l'autorevole rivista scientifica, «gli scienziati non hanno sufficienti prove per escludere l'ipotesi del lab leak, né per dimostrare l'alternativa, e cioè che il virus abbia un'origine naturale».