2025-07-27
Covid, Emilia-Romagna non rimborsa i privati
Michele De Pascale (Getty Images)
Al centro della contesa 80 milioni erogati durante la pandemia: per le strutture che fornirono servizi e personale agli ospedali pubblici si trattava di indennizzi dovuti, per la Regione di un prestito da restituire. Insomma, lo stesso copione visto col payback.Prima l’erogazione di fondi per fronteggiare l’emergenza, poi la marcia indietro e la richiesta di rimborsi. È la solita storia italiana e, in questo caso, uno dei tanti paradossi lasciati in eredità dal Covid. Facciamo un passo indietro: è il 2020 e la pandemia porta al collasso le strutture sanitarie nazionali. Le Regioni, per far fronte alla situazione critica, si rivolgono ai privati accreditati con i quali stringono accordi di impegno a restare aperti, senza usare la cassa integrazione, per l’erogazione di servizi in emergenza. Una disponibilità, naturalmente, pagata. Ora accade, come denunciato dal presidente di Aisi (Associazione imprese sanitarie indipendenti), Karin Saccomanno, che alcune Regioni «tentano di disconoscere gli impegni istituzionali formalizzati con le strutture sanitarie private accreditate, aprendo a richieste di rimborso, e così mettendo a rischio centinaia di imprese, posti di lavoro e la sostenibilità del sistema integrato». Il riferimento è in particolare alla rossa Emilia Romagna e alla revoca in autotutela della delibera del novembre 2024 (a seguito dell’accordo sottoscritto nel 2020), che regolava le procedure per gli indennizzi per i mancati introiti delle strutture private durante la pandemia e per il personale messo a disposizione del sistema sanitario pubblico. «Per tale disponibilità era stato previsto di erogare un acconto pari all’80% della differenza tra quanto effettivamente fatturato nei mesi del Covid e la media mensile del fatturato nel 2019. In sostanza la mera copertura dei costi di gestione» spiega alla Verità il consigliere regionale e capogruppo di Rete Civica, Elena Ugolini che è stata anche la sfidante del governatore del Pd, Michele de Pascale, per il centrodestra alle ultime regionali. La richiesta del rimborso è arrivata il 21 luglio scorso dall’assessore regionale alla Salute Massimo Fabi e dal direttore generale Lorenzo Broccoli ai vertici di Aiop Emilia-Romagna, l’associazione che rappresenta oltre 40 ospedali privati accreditati. In ballo ci sono 80 milioni. L’Aiop sostiene che gli indennizzi coprivano solo i costi di gestione mentre per la Regione, gli 80 milioni erano un prestito da restituire, non un risarcimento. «L’accordo prevedeva la restituzione dell’acconto in termini da concordare. Nel 2024 una nuova delibera ha fissato il riconoscimento alle stesse strutture private dei costi legati al mantenimento in servizio del personale. Il confronto con il privato prevede di stabilire le reali spettanze di quei riconoscimenti per cui la delibera non aveva previsto una copertura», hanno puntualizzato Fabi e de Pascale. A sostegno dell’associazione è scesa in campo Confindustria Emilia-Romagna. «È una penalizzazione inaccettabile per la sanità privata, pilastro del sistema sanitario regionale», attacca la presidente Annalisa Sassi.Le strutture private accreditate all’Aiop rappresentano una risorsa insostituibile, afferma Ugolini. «A fronte dell’utilizzo di soli 360 milioni della voce sanità del bilancio annuale regionale pari a oltre 10 miliardi di euro, coprono circa il 25% del totale delle prestazioni ospedaliere ed ambulatoriali erogate».Probabilmente ciò che induce la Regione a batter cassa, rimangiandosi gli impegni presi con un atto ufficiale, è secondo Ugolini, la difficoltà del bilancio. Un tema che il consigliere ha sollevato nel corso della riunione sull’assestamento di bilancio e che le ha scatenato addosso le critiche del governatore De Pascale, e l’accusa di voler privatizzare la sanità. Una motivazione che la sinistra sta cavalcando con grande astuzia anche per giustificare le maggiori tasse per finanziare le prestazioni sanitarie. Recentemente sono stati anche aumentati i ticket: imposto un obolo di 2,20 euro a confezione di medicinale, fino a un massimo di 4 euro per ricetta. Lo slogan fatto digerire ai bolognesi è «pagate di più per non avere di meno». I dati del 2023 però suggeriscono un altro scenario. «Due anni anni fa gli ospedali pubblici hanno ricevuto 3.501.374.000 euro e hanno prodotto prestazioni per 1.923.087.000 euro. Nel confronto gli ospedali privati accreditati hanno ricevuto 650.626.000 euro e hanno fornito prestazioni per 650.626.000 euro. Perché c’è questa differenza?», si chiede Ugolini, che ha posto il tema di «andare a vedere se c’è qualcosa da cambiare per essere più efficienti e efficaci». Quindi non basta mettere una toppa, come può essere la richiesta di restituire quanto erogato durante il Covid, per far quadrare i conti del bilancio. Fabi ha la risposta pronta. «Quella delibera non ha la copertura finanziaria quindi non siamo nelle condizioni di poter eseguire quanto contenuto al suo interno». In altre parole, «siamo costretti» a fare un passo indietro» afferma l’assessore. E si augura che questo «non pregiudichi il rapporto con i privati accreditati». Alla faccia della certezza del diritto, commenta Ugolini. Ora c’è il rischio di contenziosi giudiziari milionari tra la Regione e le strutture ospedaliere private accreditate. Intanto per il 31 luglio è previsto un incontro tra Fabi, de Pascale e l’Aiop dalla quale dovrebbe venire un chiarimento. La vicenda somiglia tanto a quella del payback, il meccanismo introdotto dall’allora premier Matteo Renzi, che ha imposto alle aziende fornitrici di dispositivi medici di coprire parte dello sforamento dei tetti di spesa regionali. Il problema è stato in parte risolto con una norma nel decreto Economia, di giugno scorso, che consente di chiudere la questione con il versamento del 25% delle somme richieste da Regioni e Province autonome.