2022-10-20
«Costano poco ma sono micidiali». I droni iraniani incendiano il fronte
I velivoli forniti da Teheran piegano le difese ucraine e scatenano la rabbia di Israele. L’Ue e gli Usa con le mani legate per gli accordi sul nucleare. E il Cremlino pensa a fabbricarsi gli aerei invisibili in casa.Scatta l’offensiva per lasciare Kiev al gelo. Mosca ordina una pioggia di missili e droni su infrastrutture e reti elettriche. Escalation nella regione di Kherson, dove si lavora all’evacuazione di 60.000 russi. «È in preparazione una carneficina». Vladimir Putin proclama la legge marziale nei territori annessi.Lo speciale comprende due articoli.Si intensifica l’uso dei droni militari iraniani da parte di Mosca in Ucraina. Come riferito dall’Associated press, questi armamenti vengono in particolare utilizzati per «eliminare centrali elettriche e altre infrastrutture chiave, schiacciare il morale e, infine, prosciugare il bottino di guerra e le armi del nemico». Non trascuriamo inoltre che i droni sono stati usati negli scorsi giorni anche per colpire la stessa città di Kiev.Secondo un’analisi pubblicata dalla Rivista italiana difesa, i droni suicidi «sono dotati di una carica bellica integrata e possono essere impiegati per l’attacco di obiettivi fissi (raffinerie, aeroporti e così via), ma anche per colpire le batterie antiaeree». Non solo: la stessa testata ha riferito che questi armamenti «hanno dimostrato tutta la loro costo-efficacia data dai bassissimi costi di acquisizione ed esercizio, a fronte della loro capacità di evadere le difese antiaeree tradizionali in virtù di dimensioni contenute».Si tratta di un fattore potenzialmente preoccupante per gli ucraini: il basso costo di questi armamenti ne rende l’approvvigionamento ai russi particolarmente agevole. Senza inoltre escludere del tutto l’ipotesi che il Cremlino possa un giorno acquisire il know-how necessario per produrseli addirittura da solo, sebbene Kiev abbia annunciato di aver abbattuto 223 droni iraniani dal 13 settembre e la Nato stia per fornirle appositi sistemi di difesa aerea.La collaborazione di Mosca con Teheran frattanto procede. Secondo Cnn, l’Iran ha infatti inviato proprio personale militare in Crimea per addestrare i soldati russi all’uso dei droni. Finora la Repubblica islamica avrebbe fornito (almeno) due tipologie di tali armamenti: lo Shahed (che esplode all’impatto e ha una portata fino a 1.000 miglia) e il Mohajer-6 (che può trasportare missili ed essere usato per la sorveglianza). Va tra l’altro rammentato che, come sottolineato dal New York Times, droni sono utilizzati anche dalle forze armate ucraine: in particolare, esse hanno fatto principalmente ricorso ai Bayraktar Tb2 di fabbricazione turca. Senza poi dimenticare gli Switchblade, forniti dagli Usa.Dal punto di vista politico, la questione si configura piuttosto aggrovigliata. Mentre ieri l’ayatollah Ali Khamenei affermava tronfiamente che i droni «portano onore all’Iran», Washington – due giorni fa – si era detta concorde con Londra e Parigi nel sostenere che la fornitura di tali armamenti a Mosca da parte di Teheran risulti una violazione della risoluzione 2231 del Consiglio di sicurezza dell’Onu: risoluzione che, nel 2015, diede di fatto semaforo verde al controverso accordo sul nucleare con Teheran. Ieri è stata inoltre diffusa la notizia, secondo cui il Consiglio europeo sarebbe intenzionato a comminare sanzioni a tre società e cinque individui iraniani in riferimento alla fornitura di droni alla Russia.Posizioni paradossali, visto che sia l’amministrazione Biden sia la Commissione europea hanno cercato di rilanciare l’accordo sul nucleare con l’Iran, trascurando non solo le preoccupazioni israeliane ma anche il fatto che Teheran non ha mai nascosto le sue simpatie per Mosca.A marzo, il ministero del petrolio iraniano rese noto che avrebbe aiutato il Cremlino a contrastare le sanzioni occidentali. Era invece luglio, quando la Repubblica islamica siglò con Gazprom un accordo da 40 miliardi di dollari. Non solo: il Jerusalem Post riferì che, qualora l’intesa sul nucleare dovesse essere ripristinata, la società statale russa Rosatom potrebbe assicurarsi un contratto da 10 miliardi di dollari per espandere la centrale nucleare iraniana di Bushehr. Non è d’altronde un caso che Mosca abbia criticato Donald Trump nel 2018 per aver abbandonato l’intesa sul nucleare: un’intesa di contro sovente difesa dai dem americani e dai piani alti di Bruxelles. Con i risultati che stiamo vedendo. Tra l’altro, è proprio per questo suo tentativo di ripristinare quel controverso accordo che Joe Biden ha guastato i rapporti con l’Arabia saudita: un’Arabia saudita che si è vendicata, avvicinandosi a Russia e Cina e portando l’Opec Plus a tagliare recentemente la produzione di petrolio. Ma i problemi non mancano neppure a Vladimir Putin. È vero: i droni iraniani gli consentono di infliggere dei colpi all’Ucraina. Dall’altra parte, però, la fornitura di questi armamenti sta irritando considerevolmente Israele: Paese che, finora, ha evitato una rottura con Mosca, per salvaguardare il «meccanismo di deconflitto» vigente in Siria. Domenica, il ministro israeliano della Diaspora, Nichman Shai, aveva sostanzialmente chiesto che Gerusalemme inviasse aiuti militari all’Ucraina «come fanno gli Usa e i Paesi della Nato». A rispondergli è stato tuttavia ieri il ministro della Difesa israeliano, Benny Gantz. «Israele non invierà armi all’Ucraina in base ad una serie di considerazioni operative», ha dichiarato, promettendo di aiutare nello sviluppo di un sistema di allarme contro le minacce aeree. Insomma, cominciano a emergere fibrillazioni e distinguo nel governo israeliano. Anche perché, secondo il Times of Israel, Gerusalemme inizia a temere che i droni iraniani possano essere presto usati contro il proprio territorio. Per il Cremlino si prospetta quindi un dilemma di difficile soluzione: il raffreddamento dei rapporti con Israele è un rischio che Putin sa infatti di non potersi permettere.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/costano-poco-ma-sono-micidiali-i-droni-iraniani-incendiano-il-fronte-2658475968.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="scatta-loffensiva-per-lasciare-kiev-al-gelo" data-post-id="2658475968" data-published-at="1666207665" data-use-pagination="False"> Scatta l’offensiva per lasciare Kiev al gelo Tra Russia e Ucraina si prepara una battaglia decisiva e senza esclusione di colpi. Scenario di questo nuovo Armageddon sarà la regione di Kherson, dove le forze armate ucraine «hanno iniziato un’offensiva in direzione di Novaya Kamenka-Berislav». Sul campo ci sono «fino a due battaglioni di fanteria della 128ma brigata d’assalto e un battaglione di carri armati della 17ma brigata», ha dichiarato il vice capo dell’amministrazione regionale filorussa Kirill Stremousov. Il nuovo comandante dell’esercito di Mosca in Ucraina, Sergei Surovikin, aveva già detto che la popolazione civile di Kherson sarebbe stata «reinsediata» altrove per evitare rischi, descrivendo la situazione militare come «tesa». Stremusov fa ora chiaramente intendere che si preparano giorni difficili, perché ognuna delle due parti è determinata a uno scontro all’ultimo sangue. «Ci sono molti droni ucraini a raggio intermedio e un aereo da ricognizione», ha detto Stremousov, «la battaglia per Kherson inizierà in un futuro molto prossimo. Si consiglia alla popolazione civile di lasciare l’area delle imminenti feroci ostilità, se possibile, per non esporsi a rischi inutili». Le autorità filorusse della regione di Kherson hanno in programma di evacuare circa 50.000-60.000 persone sulla riva sinistra del fiume Dnepr entro una settimana, come ha dichiarato il governatore ad interim Volodymyr Saldo. Inizialmente si era detto che i russi stavano evacuando la regione perché preoccupati della controffensiva ucraina, ma tutto lascia presumere che saranno i russi stessi ad attaccare massicciamente, bloccando così le iniziative di Kiev. «Le truppe russe stanno evacuando Kherson perché sono pronte a bombardare la città», ha scritto Vitaliy Kim, capo dell’amministrazione militare regionale di Mykolaiv. «Tenendo conto delle dichiarazioni dei russi che, dicono, evacuano, perché le forze armate ucraine spareranno su Kherson, si ha l’impressione che si stiano preparando ad attaccare la città. Ci sono informazioni che gli invasori russi stanno preparando fortificazioni nell’area di Chaplynka e stanno raccogliendo artiglieria nella zona», ha scritto Kim. Nella stessa direzione portano le dichiarazioni del generale russo Surovikin, che prosegue nella campagna aerea di bombardamenti a tappeto sulle città ucraine: la situazione «è già abbastanza difficile», ha detto, «non sono da escludere decisioni difficili». E mentre a Kherson si procede verso uno scontro da apocalisse, a Mosca Vladimir Putin ha firmato il decreto con cui introduce la legge marziale nelle quattro regioni annesse - Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson, appunto. La legge marziale imposta nelle quattro regioni potrà essere estesa a qualsiasi altra parte del territorio della Federazione russa «se sarà necessario», come prevede lo stesso documento. Nel suo intervento al Consiglio di sicurezza russo, il presidente Putin ha poi emesso un ulteriore decreto che limita i movimenti dentro e fuori otto regioni confinanti con l’Ucraina. Le misure si applicano alle regioni meridionali di Krasnodar, Belgorod, Bryansk, Voronezh, Kursk e Rostov e ai territori di Crimea e Sebastopoli, che la Russia ha annesso nel 2014. Intanto Dnipro, nell’Ucraina centrale, è stata colpita «tutta la notte» da attacchi russi, che hanno causato interruzioni di corrente nelle città e nei villaggi. «I russi hanno colpito la regione con varie armi», ha detto Valentyn Reznichenko, capo dell’amministrazione militare regionale di Dnipro. «Due distretti, Kryvyi Rih e Nikopol, sono stati bombardati. L’infrastruttura energetica nel distretto di Kryvyi Rih è stata colpita da razzi che hanno provocato danni ingenti. Non c’è elettricità e ci sono state interruzioni idriche nelle città e nei villaggi di Apostolove, Zelenodolsk, Shyroke e Sofiivka e in uno dei distretti di Kryvyi Rih». Ed è proprio questo l’obiettivo russo: colpire infrastrutture e centrali energetiche per rendere impossibile agli ucraini affrontare l’inverno che arriva e che da quelle parti è particolarmente rigido, per costringerli alla resa. Sarà il freddo il vero nemico dell’Ucraina, un nemico contro il quale la fornitura di armi non servirà a molto. «Questi sono atti di puro terrore. Attacchi mirati contro le infrastrutture civili con il chiaro obiettivo di privare uomini, donne e bambini di acqua, elettricità e riscaldamento con l’arrivo dell’inverno», ha tuonato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Sul campo la situazione è tesa ormai in tutto il territorio. L’allarme aereo si è sentito in queste ore da Kiev a Odessa. Le sirene stanno risuonando anche a Mykolaiv e Poltava, Chernihiv, Zaporozhzhia, Kirovograd e Cherkasy. I vertici militari russi annunciano di aver eliminato una forza d’assalto ucraina vicino alla centrale nucleare di Zaporizhzhia, uccidendo più di 90 soldati e distruggendo 14 imbarcazioni: sottolineano però che alla centrale non ci sono state vittime o danni e che i livelli di radioattività sono normali. In precedenza le autorità russe avevano sventato due tentativi ucraini di prendere il controllo dell’impianto. Sul fronte dei tentativi di mediazione, Erdogan prova a rilanciare i negoziati. «La Turchia è pronta a offrire qualsiasi contributo utile a mettere fine alla guerra attraverso negoziati che abbiano come scopo una soluzione diplomatica del conflitto», ha detto il presidente turco nel corso di una telefonata al leader ucraino Zelensky. Erdogan e Zelensky hanno parlato degli ultimi sviluppi della guerra.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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