2024-06-26
Così Trump può portare la pace in Ucraina
The Donald ha promesso: «Se eletto, farò cessare il conflitto in 24 ore». Ora, due suoi ex consiglieri riferiscono che il tycoon adotterà il loro piano: congelamento dell’attuale linea del fronte (ma senza riconoscere le conquiste della Russia) e armi a Kiev solo se tratterà.Donald Trump lo ripete da mesi: se sarò eletto, porrò fine alla guerra in Ucraina nel giro di 24 ore. Adesso sembra aver delineato un piano di pace. Certo, da politico sopra le righe, abituato alle dichiarazioni colorite, settimane fa aveva pure detto che, il giorno dell’invasione russa, avrebbe sganciato un’atomica su Mosca. Al netto delle grottesche esagerazioni, comunque, il Trump falco e il Trump colomba non sono due animali incompatibili. Il primo contesta a Joe Biden la nebulosità degli obiettivi: sostenere Kiev, sì, ma senza mai fornire alla resistenza gli strumenti adatti a sconfiggere una volta per tutte Vladimir Putin. Il secondo ritiene che, per evitare una carneficina - almeno, una peggiore di quella che già si sta consumando - si dovrebbe trovare una via d’uscita negoziale dalla crisi. cambio di lineaMa in cosa consisterebbe questa soluzione? Lo hanno indicato due suoi ex consiglieri, Keith Kellog (ex tenente generale dell’esercito) e Frederick H. Fleitz (ex membro della Cia), entrambi esponenti del think tank America first policy institute. I funzionari, secondo un’esclusiva di Reuters, hanno presentato a The Donald la loro proposta e hanno riferito che il candidato repubblicano alla Casa Bianca ha intenzione di adottarla: «Non sto affermando che sia d’accordo o condivida ogni parola», ha commentato Fleitz, «ma per noi è stato un piacere ottenere il riscontro che abbiamo ricevuto». Lo staff del miliardario newyorkese ha precisato che solo Trump in persona, o al limite il suo staff, possono esprimere quella che rappresenta l’agenda ufficiale dell’ex presidente. Fatto sta che uno dei suoi portavoce, Steven Cheung, ha voluto sottolineare che «la guerra tra Russia e Ucraina non sarebbe mai scoppiata se Donald J. Trump fosse stato presidente». Già ad aprile, il Washington Post aveva scritto che il tycoon sarebbe stato pronto a propiziare una tregua, cedendo in cambio allo zar il Donbass e Crimea. Il piano di Fleitz e Kellog non è riservato e non è nemmeno una novità assoluta: quest’ultimo, insieme a un altro funzionario dell’amministrazione Trump, Dan Negrea, lo aveva illustrato a dicembre su The national interest, rivista d’ispirazione conservatrice, oltre che sul sito dell’Afpi.I punti del programma sono un concentrato di realismo politico, oppure, se preferite, di buon senso. Gli Usa sfrutterebbero una duplice leva: da una parte, vincolerebbero gli aiuti militari agli ucraini alla loro partecipazione a una trattativa con il nemico; dall’altra, minaccerebbero il Cremlino di fornire a Volodymyr Zelensky le armi con cui mettere in rotta l’esercito russo, a partire da una cornucopia di missili a lungo raggio, qualora Vladimir Putin non si decidesse a negoziare sul serio. La base di partenza del confronto sarebbe il congelamento dell’attuale linea del fronte, ma senza un riconoscimento di diritto della sovranità di Mosca sui territori occupati. Allo zar verrebbe assicurato che l’Ucraina non entrerebbe in tempi brevi nella Nato, ma intanto sarebbero concesse garanzie di sicurezza a Kiev. Incluso un percorso di adesione all’Alleanza atlantica e all’Unione europea - proprio ieri, peraltro, sono iniziati in modo ufficiale i colloqui per l’ingresso in Europa anche della Moldavia. Come scrivevano sette mesi fa Kellog e Negrea, «tale esito rappresenterebbe ancora una sconfitta strategica per la Russia e un rafforzamento della sicurezza nazionale americana e dell’alleanza occidentale». Ma senza bisogno di sacrificare altre migliaia di giovani e meno giovani ucraini, per colpa dell’ambiguità di Biden: l’inquilino della Casa Bianca, si leggeva nel pezzo uscito a dicembre, «ha perseguito una strategia di guerra eccessivamente cauta. Anziché definire chiaramente l’obiettivo della vittoria, ha giurato di aiutare l’Ucraina “finché necessario”. Ma ciò non fa che sollevare un interrogativo: finché necessario per fare cosa? Biden avrebbe dovuto fornire all’Ucraina le armi di cui aveva bisogno per vincere rapidamente, ma al contrario ha avuto paura di una potenziale escalation russa e ha prudentemente optato per una lenta e costante fornitura» di strumenti bellici. «Biden», concludevano la loro oculata critica gli autori dell’editoriale, «si è opposto alla consegna di molti importanti sistemi d’arma, come tank, caccia e artiglieria a lungo raggio, prima di cambiare idea. Il risultato è che l’Ucraina ha avuto abbastanza armi per combattere ma non abbastanza per vincere. La strategia di guerra di Biden è stata di spendere miliardi di dollari solo per produrre uno stallo sanguinoso e inconcludente».le reazioniIeri il Cremlino, dopo la pubblicazione dell’esclusiva di Reuters sul piano Trump, ha fatto orecchio da mercante. Un collaboratore di Putin, Yuri Ushakov, ha insistito: se venissero accettate le richieste del presidente di riconoscere l’annessione delle regioni russofone, costui sarebbe disposto immediatamente a iniziare dei colloqui di pace. È un’offerta che lo zar ha rilanciato ai partecipanti all’edizione annuale del Forum internazionale Primakov, spiegando che «essa prevede davvero la possibilità di fermare il conflitto e passare alla sua soluzione politica e diplomatica». Quanto alla posizione di The Donald, l’ormai arcinoto Dmitri Peskov, portavoce di Putin, ha ribadito che «il valore di qualsiasi piano sta nelle sfumature e nel tener conto della reale situazione sul campo». Zelensky e i suoi, forse troppo impegnati nella celebrazione dell’altro negoziato (quello con Bruxelles), hanno preferito non pronunciarsi. Ma se in America cambiasse il vento, chi oggi tace poi dovrà acconsentire.
Lo stabilimento Stellantis di Melfi (Imagoeconomica)
Ecco #DimmiLaVerità del 12 settembre 2025. Il capogruppo del M5s in commissione Difesa, Marco Pellegrini, ci parla degli ultimi sviluppi delle guerre in corso a Gaza e in Ucraina.