2025-03-03
«Così hanno rapito mia figlia. Non voglio vendetta, ma scuse»
Le forze dell'ordine in ospedale con la mamma della neonata rapita e ritrovata dalla Polizia a Cosenza lo scorso 21 gennaio (Ansa)
Parla Valeria Chiappetta, la madre della neonata rapita a Cosenza: «La donna che l’ha portata via si è finta una puericultrice, ho dovuto dare io l’allarme. La versione del marito? È poco credibile».Ha il viso di una ragazzina, ma gli occhi sono quelli di una mamma che ha pianto di gioia e di dolore nel giro di poche ore. Valeria Chiappetta è una giovane parrucchiera di 28 anni che tutta Italia ricorderà perché lo scorso 21 gennaio la sua piccola Sofia (la seconda figlia) è stata rapita nel suo secondo giorno di vita mentre era nella clinica «Sacro Cuore» di Cosenza. Dopo alcune ore la Polizia (coordinata dal questore Giuseppe Cannizzaro) è riuscita a trovare la neonata a casa di una coppia, Rosa Vespa e Moses Chiediebere Omogo, «travestita» da maschietto. Da quel momento in poi il rapimento della piccola Sofia è diventato un caso nazionale. I riflettori sono stati puntati su quella donna che per nove mesi ha finto di aspettare un bambino e poi ha messo in scena un finto parto. I genitori della bimba hanno dato mandato ai loro legali, gli avvocati Chiara Penna e Paolo Pisani del Foro di Cosenza, di fare piena luce su quanto accaduto. Mamma Valeria sta cercando di riacquistare serenità circondata dall’amore dei suoi bimbi e di tutta la sua famiglia. Adesso, un mese dopo il rapimento lampo, la giovane mamma ha deciso di parlare per la prima volta e di ripercorrere quelle ore da incubo assieme al marito Federico Cavoto.Dalla gioia alla disperazione in pochi istanti. Che cosa ricorda del 21 gennaio, quando alle 18:30, le è stata portata via la sua piccola nata da appena un giorno? «Ero dolorante per il cesareo del giorno prima ed era dalla mattina alle 11 che non passava nessuno per cambiare il pannolino alla bambina, a differenza del giorno precedente, tant’è che nel pomeriggio aveva provveduto mia madre. Erano passate solo delle infermiere e delle oss (operatrici socio-sanitarie, ndr), sempre diverse, a cambiarmi la flebo o per l’aggiunta del latte. Ero in stanza con mio marito, mio figlio e mia madre quando abbiamo sentito bussare alla porta».E chi è entrato? «Una donna sui cinquanta anni, di bassa statura e corporatura robusta, che indossava un leggins nero, maglia nera, capelli raccolti a coda e con treccine afro».Che cosa ha detto? «Con tono deciso e in un Italiano corretto: “Buonasera, sono la puericultrice, da quante ore è stata cambiata la bambina?”. Io ho risposto che era stata prelevata la mattina per il cambio e a quel punto lei ha replicato testuale: “Sono passate più di tre ore! Allora datemi pannolino e salviette che la cambiamo”».A quel punto che è successo? «Naturalmente acconsentivo al cambio e questa donna, che poi ho appreso essere Rosa Vespa, si è allontanata con la culletta contenente mia figlia, così come avevano fatto nel giorno precedente e la mattina le altre puericultrici».E dopo che cosa è accaduto? «Passati 20 minuti ho cominciato a chiedermi dove fosse Sofia e perché ci mettessero tanto, per cui ho chiesto a mio marito di informarsi. Con mia mamma siamo uscite dalla stanza e abbiamo incrociato un’ostetrica nel corridoio alla quale abbiamo chiesto notizie. La ragazza ci ha risposto che forse Sofia era al piano di sopra per la visita con la pediatra e si è allontanata».Continui… «A quel punto è scesa di corsa una dottoressa con le mani nei capelli urlando: “A chi avete dato la bambina? Non è con noi!”. Ed è scappata a cercarla. A quel punto è iniziato il mio terrore».È rimasta per circa 4 ore senza la sua bimba, che era tra le braccia di una sconosciuta. Quali sentimenti ha provato in quel tempo interminabile? «È stato un incubo. È difficile da spiegare e sto ancora cercando di elaborare l’accaduto con l’aiuto di una professionista. Ho creduto davvero di non rivederla mai più. Era troppo piccola. Ho pensato che le avrebbero potuto fare del male, che l’avrebbero potuta portare in un altro Paese o che addirittura la avrebbero venduta o uccisa. Ho pensato di tutto. Ho pensato a tutti i bambini scomparsi nel nulla».Come Angela Celentano e Denise Pipitone… Sofia avrebbe potuto crescere a due passi da casa sua, accudita da due sconosciuti… ha pensato a questa eventualità? «No. In quel momento ho pensato solo che non l’avrei rivista mai più. Poi nei giorni successivi ho creduto che, visto che era una femminuccia spacciata per maschietto, se ne sarebbero in qualche modo liberati».Attorno alle 21:30 del 21 gennaio le è stato comunicato che Sofia era stata ritrovata e che a breve l’avrebbe riabbracciata. Che cosa ricorda di quei momenti? «Solo il sollievo che ho provato quando l’ho riavuta tra le braccia».Come ha trascorso quella notte, dopo che la bambina è stata ricoverata per alcuni controlli? «Quella, come le notti successive, non sono riuscita a chiudere occhio: continuavo a guardare la porta e ripensare a quell’attimo. Anche perché Sofia non c’era. Purtroppo mi succede ancora oggi».Nel frattempo la Polizia aveva arrestato la coppia che le aveva rubato la piccola. Qual è stato il suo primo pensiero quando ha visto, anche sui social, i volti di quelle due persone? «Ero incredula, sconvolta. Ho pensato alla tranquillità e alla professionalità con la quale quella donna era entrata spacciandosi per una puericultrice. È stato un attimo e ha preso mia figlia».Che cosa ha provato quando ha visto le immagini della festa per un bimbo mai nato e la sua piccola vestita da maschietto? «I primi giorni, vedendo quelle immagini, scoppiavo a piangere. Ho evitato di accendere la televisione e guardare il cellulare per un bel po’. Ancora oggi sono immagini molto disturbanti. Vedere la mia bambina tra le braccia di un’estranea che afferma di essere sua madre, ascoltare che addirittura intravedeva delle somiglianze con altri membri della sua famiglia… vedere Sofia vestita con abitini blu… sapere che era stata spogliata e rivestita, che i suoi primi abitini erano stati forse gettati… non è facile spiegare la sensazione di fastidio e disagio. Le immagini di mia figlia tra le braccia di due sconosciuti vestita di azzurro sono impresse nella mia mente e penso che non se ne andranno mai via per tutta la vita».Le indagini sono andate avanti: Moses è libero, Rosa resta in carcere. Ha creduto alla loro versione? A quella di Rosa riferita ai magistrati e a quella del marito raccontata anche ai giornalisti? «Sinceramente troviamo tutti poco credibile che nessuno avesse sospettato nulla della finta gravidanza. La vita, in una pancia, si sente. Soprattutto appare inverosimile che una donna di cinquantuno anni sia stata lasciata da sola a vivere una gravidanza descritta così attesa e miracolosa. Perché se la signora Vespa non è mai stata accompagnata da un ginecologo dal marito, da una mamma o da una sorella, se è stata lasciata partorire da sola, se sono stati tutti così poco attenti e disinteressanti a una gravidanza, a un parto (tra l’altro in età oggettivamente a rischio), tutto questo abbandono si concilia difficilmente con l’attesa di questo miracolo, col “baby shower”, la festa di benvenuto».Sembra di capire che non creda alla versione di Rosa Vespa… «Penso che se è vero che la disperazione e i disturbi mentali possano portare a gesti inconsulti, qui ci troviamo in una situazione diversa. Perché in quello che è successo, la parte più incomprensibile non è stata tanto la simulazione della gravidanza e del parto, ma i 10 giorni successivi: il periodo che è trascorso dal finto parto al rapimento di Sofia, in cui con lucidità e freddezza quella donna ha messo a punto il suo piano. Un lasso di tempo non breve. Per questo è difficile credere che nessuno tra i suoi congiunti più stretti non sapesse o non avesse capito».Chi sono, secondo lei, i principali colpevoli di quanto accaduto? «Crediamo che le responsabilità siano diverse e che molte cose siano poco chiare. Anche perché la foto e la notizia del rapimento di Sofia erano online dalle 19. Tutta la città e non solo, sono state travolte da questa notizia nel giro di pochi minuti. Ad ogni modo abbiamo fiducia negli inquirenti, nella Polizia che ci ha riportato Sofia e nei nostri avvocati».C’è, secondo lei, anche una responsabilità della clinica? «Per il tramite dei nostri legali abbiamo, per ora, diffidato la Clinica. Gli avvocati si sono riservati, all’esito di una serie di attività che stanno portando avanti, di agire in tutte le sedi preposte al fine di accertare le loro responsabilità: civili ed eventualmente penali. Certamente c’è un fatto: dopo un cesareo, in condizione di vulnerabilità, in una stanza a pagamento, mi sono vista sottratta mia figlia neonata. Questo perché un’altra donna, da giorni, senza nessun controllo, senza che vi fosse sicurezza all’ingresso, si recava a fare sopralluoghi indisturbata, girava nelle stanze, stazionava nell’ingresso ed è uscita da una clinica come se niente fosse con una neonata in braccio. Ribadisco, era una neonata. Io ero una degente in un luogo di cura. Certo Sofia non poteva passare per visitatrice. Nella migliore delle ipotesi era una neonata che doveva essere dimessa. Invece nessuno si è accorto di nulla, perché l’allarme l’ho dato io. È chiaro, dunque, che non vi sia stato alcun controllo e che se, invece, ci fosse stato, quanto meno nessuno sarebbe potuto uscire tranquillamente con in braccio mia figlia».Che cosa lei e suo marito vorreste dire, se poteste farlo, alla donna che le ha rubato sua figlia? «Sinceramente in questo momento non sentiamo la necessità di dirle nulla. Speriamo solo di non doverla incrociare mai più, né noi né soprattutto i nostri bambini. Quella donna, con quella sua idea malsana, non ha pensato al dolore che avrebbe arrecato a una mamma. Il suo è stato un gesto di puro egoismo».Pensa che prima o poi perdonerà la rapitrice di Sofia? «I sentimenti di vendetta non ci appartengono. Forse chiedere scusa libererebbe loro dal peso del dolore arrecatoci. Ma ad oggi dai due indagati non è pervenuto nessun messaggio in tal senso. Soprattutto da chi si professa estraneo anche in tv».
Marta Cartabia (Imagoeconomica)