2025-04-22
L’eroismo di Corto come antidoto al pensiero unico
Anarchico ma non iconoclasta, l’avventuriero alter ego di Pratt «scappa» da etichette e gruppi. Siena lo accoglie in una mostra.«Io non avevo pensieri generali, ma solo particolari, sceglievo amici senza accettare gruppi». Ecco la regola di una vita intera, che Hugo Pratt (1927-1995) stabilì appena adolescente e rispettò sempre, facendola applicare - da buon padre - anche alla sua creatura ovvero Corto Maltese. Strabiliante capolavoro del fumetto mondiale, anzi della «letteratura disegnata», celebrato fino al prossimo 19 ottobre a Siena dalla mostra Geografie immaginarie che riunisce oltre 300 opere originali del fumettista nato a Rimini ma veneziano nell’anima. In contemporanea, Rizzoli ne ripubblica i lavori capitali: Una ballata del mare salato, Corte sconta detta Arcana, La Casa dorata di Samarcanda, Favola di Venezia. Ed è proprio in quest’ultima storia, tra le più oniriche, che affiora dalle acque della laguna il pensiero più profondo di Pratt. La storia inizia con Corto Maltese che precipita in un tempio massonico, fra gli incappucciati allibiti. E li punzecchia pur consapevole che «l’ironia non è molto apprezzata dai fratelli». Pratt stesso era legato a quegli ambienti, e tutta la favola veneziana è un aggirarsi fra gli angoli magici del reale, alla scoperta della trama esoterica dell’universo. Nonostante questa vicinanza e fascinazione, Hugo non smette di mantenere una lucida distanza, non perde serietà e rispetto ma continua a giocare, a sorridere, resta consapevole della futilità delle tribolazioni umane. Questa la sua cifra, questo il suo indirizzo politico. Non era disimpegno, tutt’altro, e piuttosto rischioso, anche. Corto Maltese apparve nei piombati Settanta, e la mancanza di furore ideologico gli fu rinfacciata eccome. «La parola avventura fu messa al bando», ebbe a dire Pratt a riguardo. «Non è mai stata ben vista, né dalla cultura cattolica, né da quella socialista. È un elemento perturbatore della famiglia e del lavoro, porta scompiglio e disordine. L’uomo di avventure, come Corto, è apolide e individualista, non ha il senso del collettivo. Bisognava rispolverare Marx ed Engels, autori che mi annoiarono immediatamente. Venni subito accusato di infantilismo, di fascismo e di edonismo, ma soprattutto di essere evasivo, inutile come quegli scrittori che mi piacevano e che avrei dovuto dimenticare. Non ci riuscii e mi accorsi che c’erano parecchi altri che leggevano i narratori contestati».Anarca d’impronta jungeriana, avventuriero nemico degli Stati e dei confini, Corto Maltese è il sogno disegnato del suo ideatore, ostile ai gruppi, fedele agli amici, protettore dei deboli che talvolta si sporca le mani, consapevole che la realtà è altro dall’utopia ma è anche più affascinante. C’è nell’opera di Pratt l’eroismo spesso sfortunato, l’amore per le vite ruvide e senza paura, forse figlio dell’impronta militare acquisita in gioventù. In Aspettando Corto (Rizzoli), Hugo racconta la sua infanzia in Africa a seguito del padre, e il suo arruolamento precoce: «Le cose andarono così: a un certo momento mio padre non ce la fece più a sopportare Foresti, il suo capoufficio, e si fece militarizzare per essere mandato al fronte a combattere. Ma prima di partire mi mandò ad arruolare nella Polizia Coloniale. Mi disse: “Ci dev’essere sempre un Pratt nella Polizia Coloniale”. Cosa ha voluto mai dire con quella frase? Non ce ne erano mai stati di Pratt nella Polizia Coloniale! Il fatto è che mi trovai a fare queste marce di trenta chilometri sotto il sole; finivo sempre penultimo, dietro a me c’era solo un di-sgraziato, molto grasso, che proprio non ce la faceva. Il nostro compito era quello di camminare tanto per farci vedere in giro». Aveva tredici, quattordici anni. Il suo immaginario andava formandosi mano a mano che la Storia lo travolgeva. «Un giorno finalmente vidi per la prima volta come erano fatti i nemici della patria: rimasi stupefatto. Era la gente più grande che avessi mai visto. La contraerea aveva abbattuto un aereo, un vecchio trabiccolo, un Gloucester biplano che cadde tra gli eucaliptus. Scappammo tutti da scuola per correre a vedere. Scesero dagli alberi uomini così alti come neppure avevo immaginato potessero essere, ubriachi a tocchi si reggevano l’un l’altro ridendo come matti mentre li menavano via. Erano sudafricani, bestioni di boeri, costruiti come gente che mangia bene da tre generazioni. Mi colpirono profondamente: allora non sapevo che ne avrei di-segnati a centinaia, nelle mie storie di Ernie Pike. Allora ancora non sapevo che lo spettacolo del mondo stava diventando il mio archivio vivo di disegnatore. Avevo tredici anni!». Hugo era nipote del fondatore veneziano dei fasci di combattimento, e non amò mai la retorica del regime. Rispettava tuttavia le vicende dei singoli, i loro piccoli gesti capaci di trascendere la banalità umana: preferiva forse le storie alla Storia. «Tonelli lavorava nell’ufficio con mio padre. Era un tipo di uomo schivo, silenzioso, piccolino», raccontava. «L’opposto di mio padre che a vederlo girare per gli uffici si sarebbe preso per un comandante di coorte, un centurione. Invece no. Quando scelsero di andare a combattere, Tonelli lo vidi vestito da tenente e mio padre soltanto con i gradi di sergente. Questo Tonelli comandava un battaglione di irregolari abissini. Le cose andavano sempre peggio. Una sera il suo attendente gli disse che il battaglione passava con gli inglesi e che i sergenti intendevano farlo prigioniero per consegnarlo. Lui li ha fatti venire nella sua tenda, quando li ha avuti tutti intorno ha fatto esplodere le bombe a mano che si era messo in tasca ed è morto con loro. Si era fatto scoppiare le bombe in tasca». In Africa Pratt legava con gli abissini, ne diventava amico. Tornato in Italia provò a fare il callista, come il nonno, ma trovava il lavoro insopportabile e preferì fare il soldato. Ancora minorenne s’arruola nel battaglione Lupo della Decima Mas, e vi rimane fino a che la nonna imperiosa non va a riprenderlo a ombrellate. Non è ancora adulto, ma ha già vissuto tutta la meraviglia che rovescerà poi nei suoi gioielli disegnati. Certo non sono mancate, negli anni, le celebrazioni pompose, e i tentativi di fare di Pratt una statuina, un monumento del fumetto da santificare ripetendo tre o quattro formulette. Ma è sufficiente rileggerlo per togliere di mezzo tutte le ragnatele. Corto Maltese ridacchia dei gerarchi di provincia ma incontra Gabriele D’Annunzio e lo ammira. S’avventura tra le nevi con il barone Von Ungern, l’affilia a società segrete orientali, ama donne di ogni terra e ogni pelle, è in viaggio permanente ma gode della potenza delle tradizioni e delle culture antiche. Stirneriano, anarchico, ma non iconoclasta, s’abbandona a vagabondaggi metafisici e non teme di abbracciare l’Altro, il radicalmente differente, ben guardandosi dal perdere sé stesso. Parte e non ha partiti, consapevole dei rischi. Ripete, saggio e incosciente, Corto Maltese nella Favola di Venezia: «Non ho gridato “viva qualcuno”, sono divenuto antipatico a qualcun altro e così ho dovuto difendermi e fuggire. Sono tempi difficili». E di nuovo via verso l’Altrove, con coraggio.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.