La conferenza sul clima di Baku si sta chiudendo con un «fantadocumento» privo di valore. I Paesi in via di sviluppo chiedono «triliardi» di dollari per la transizione, gli altri offrono spiccioli e non firmano l’assegno.Ore piccole, aspettative enormi e un numero che sembra uscito da un quiz televisivo: «X Trillions». Benvenuti al festival dell’inconcludenza, meglio noto come Cop29 in corso a Baku, capitale dell’Azerbaigian, uno dei maggiori produttori al mondo di gas e petrolio. Difficile che potesse finire diversamente dopo che il presidente azero Ilham Aliyev, nel fare gli onori di casa, aveva definito l’oro nero «un dono di Dio». Tra una plenaria infuocata e un caffè freddo, la bozza sulla finanza climatica ha finalmente fatto la sua comparsa, ma con un dettaglio che ha scatenato sorrisi amari: il famigerato «X trillions». Proprio così. Un contratto firmato con penna invisibile: mancano i numeri! Si capisce che stiamo parlando di miliardi. Ma quanti? Ah, saperlo.Nella cornice del palazzo dei congressi di Baku, la parola d’ordine è stata unanime: «Inaccettabile». La bozza ha provato a elevare l’asticella dai 100 miliardi attuali di finanziamento per combattere il cambiamento climatico a un vago obiettivo plurimiliardario ma senza azzardare cifre. In pratica, un impegno che ricorda il classico «pagherò» del creditore inaffidabile. Risultato? L’indignazione globale, con delegati pronti a sfidarsi in una gara di metafore creative per descrivere il fiasco.«Un fantadocumento!», lo definiscono gli osservatori, temendo che la Cop29 possa passare alla storia come l’ennesimo incontro che finisce con un documento ricco solo di parole: senza numeri, senza obiettivi e, soprattutto, senza senso.Il commissario europeo al Clima, Wopke Hoekstra, è stato lapidario: «Non intendo indorare la pillola. Questo testo è inaccettabile!». Aggiunge indignato: «Non possiamo far finta che a Dubai lo scorso anno non ci siamo promessi di uscire dai fossili». La Germania, rappresentata da Jennifer Morgan, concorda: «Questa non è una bozza, è una fotografia sfocata della realtà». Poco fantasioso il rappresentante di Samoa, Cedric Schuster: «Il tempo dei giochi politici è finito». Peccato che, a giudicare dall’aria che tira, i giochi non siano nemmeno cominciati.Dall’altro lato del campo, Paesi come l’Arabia Saudita hanno impugnato i manifesti in difesa dei combustibili fossili con un fervore che farebbe invidia a un tifoso calcistico. E la Cina? Diplomazia e pragmatismo in salsa orientale: «Incontriamoci a metà strada», suggerisce il delegato Xia Yingxian, temendo di dover pagare il conto.Il vero protagonista, però, è quella «X» tra parentesi. Un segno grafico che rappresenta il nulla, ma al tempo stesso tutto: il sogno dei Paesi in via di sviluppo di ottenere almeno 1.3 trilioni di dollari, contro il muro delle economie avanzate, che non vogliono superare la soglia dei 500 miliardi.Gli analisti, intanto, giocano le scommesse: 1.3 trilioni? 2 trilioni? Chissà! L’unica certezza è che, per ora, il testo finale ha più il sapore di una sceneggiatura di un film comico che di una strategia diplomatica. In un disperato tentativo di riportare serietà al tavolo, il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha preso la parola con il tono grave di chi sa che nessuno lo ascolterà davvero. «Il fallimento non è un’opzione», ha dichiarato, probabilmente consapevole che la frase finirà sui social con didascalie ironiche entro poche ore.Il fallimento incombe. Nonostante l’appello a un «pacchetto ambizioso ed equilibrato», le probabilità che Cop29 produca un accordo concreto stanno scendendo più velocemente delle temperature investite dai venti artici. Con la chiusura ormai vicina, l’attenzione si sposta sulla prossima bozza, che dovrà trasformare questa maratona comica in qualcosa di vagamente serio. Le speranze sono basse, ma il dramma non manca: riusciranno i delegati a sostituire la «X» con un numero prima che le luci si spengano su Baku?Per ora, una cosa è certa: Cop29 sarà ricordata non tanto per le sue soluzioni, quanto per il suo simbolismo. Un vertice mondiale sul clima, con miliardi di vite e di dollari in gioco, che finisce con una «X» tra parentesi. Il tutto condito da dichiarazioni roboanti, una bozza che sembra scritta al buio, e il più grande interrogativo della settimana: quanti trilioni vale un sogno infranto?Riuscirà la Cop29 a consegnare un accordo concreto o ci troveremo di fronte all’ennesimo episodio della fiction «Carta straccia edition»? Gli occhi sono puntati sulla prossima bozza. Magari questa volta qualcuno oserà sostituire la «X» con un numero.Per ora l’indicazione ai delegati è una sola: se non riuscite a trovare un accordo, almeno evitate che il prossimo documento sembri scritto da un matematico dilettante. Trillions, ma senza il segno dell’incognita.
Rustem Umerov (Ansa)
Una delegazione di Kiev guidata da Umerov ricevuta a Miami da Witkoff (atteso giovedì al Cremlino), Kushner e Rubio. Il segretario di Stato: «Faremo in modo che l’Ucraina sia indipendente e sovrana».
«Tosti ma molto costruttivi», così nella serata di ieri, una fonte della Cnn ha definito i colloqui in atto tra Stati Uniti ed Ucraina. Una delegazione ucraina guidata da Rustem Umerov, ex ministro della Difesa ucraino e attuale segretario del Consiglio per la sicurezza nazionale e la difesa, è stata difatti ieri ricevuta vicino a Miami presso un club privato, lo Shell Bay, legato all’agenzia immobiliare dell’inviato speciale Usa Steve Witkoff. Scopo dell’incontro, la continuazione dei negoziati di pace, per aggiustamenti del piano in 28 punti elaborato durante i negoziati tra Washington e Mosca.
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Giuseppe Benedetto (Imagoeconomica)
Giuseppe Benedetto, presidente di Fondazione Einaudi: «Il ddl Stupri porta le toghe dentro ai letti e, invertendo l’onere della prova, apre a vendette».
«Non basta la separazione delle carriere: serve la separazione dei “palazzi”. Giudici e pm non devono neanche incontrarsi». Giuseppe Benedetto, avvocato siciliano di lungo corso, è il presidente della Fondazione Einaudi, storico punto di riferimento della cultura liberale. Da quel centro studi è nato il Comitato «Sì separa», in prima linea per il sì al referendum sulla riforma della giustizia. «L’Anm è solo un sindacato privato, e con questa riforma smetterà di dettare legge sulle nomine. Serve un cambio culturale: le toghe sono dipendenti pubblici, non i sacerdoti dell’etica, che oggi mettono piede persino in camera da letto».
Roberto Scarpinato, ex magistrato e senatore del M5s (Imagoeconomica). Nel riquadro Anna Gallucci, pubblico ministero e già presidente dell’Anm a Rimini
La pm Anna Gallucci: «A Termini Imerese raccolsi elementi anche su politici progressisti, ma il mio capo Cartosio indicò di archiviarli, “d’intesa con Scarpinato”. Rifiutai, poi subii un procedimento disciplinare». Sarebbe questa l’indipendenza minata dal governo?
Anna Gallucci ricopre la funzione di pubblico ministero a Pesaro, dopo avere fatto il sostituto procuratore anche a Rimini e Termini Imerese. È relativamente giovane (è nata nel 1982) e ha svolto vita associativa: è iscritta alla corrente moderata di Magistratura indipendente ed è stata presidente della sottosezione riminese dell’Associazione nazionale magistrati. Ha lasciato la carica dopo il trasferimento nelle Marche, sua terra di origine. Nel 2022 si era espressa contro il vecchio referendum sulla responsabilità civile delle toghe e aveva manifestato giudizi negativi sulla separazione delle carriere. Ma adesso ha cambiato idea ed è molto interessante ascoltare le sue motivazioni.






