
Il Venerdì di Repubblica intervista la consulente di Joe Biden, che critica le rigidità della Bce sull'emissione di cartamoneta. E pensare che, solo un anno fa, Pierluigi Bersani sentenziava: «Le banconote non si creano dal nulla».A Joe Biden riescono imprese inspiegabili. Prende più voti di Barack Obama, sorpassando un presidente uscente che a sua volta guadagna 10 milioni di voti rispetto al 2016, ma i suoi dem perdono tutti i duelli nei 29 collegi «indecisi» per la Camera. Strano, vero? Fa ovunque peggio di Hillary Clinton, tranne che in quattro città: Milwaukee (Wisconsin), Detroit (Michigan), Atlanta (Georgia) e Philadelphia (Pennsylvania). Tutti Stati che - guarda un po' - gli danno 62 grandi elettori, decisivi per l'ancora contestata elezione. E dove le schede superano addirittura il numero dei votanti. Dalla moltiplicazione di pani e pesci a quella dei voti. Strano, vero? E ora altro miracolo. Nella foga orgasmica di celebrarlo vincitore, la redazione di Repubblica, con il suo Venerdì, si accorge di cose che dalle colonne di questo giornale scriviamo da anni. E lo fa intervistando l'economista Stephanie Kelton, adesso consulente di Biden dopo aver per anni dispensato consigli al democratico Bernie Sanders. I fondamenti della Teoria monetaria moderna (in inglese Mmt), all'improvviso, illuminano le menti in Largo Fochetti. A dire il vero - come più volte detto dalla Kelton - la Mmt non è una «teoria» (in quanto non spiega, bensì descrive la realtà). E a pensarci bene non è neppure moderna, dal momento che si basa su una banalità che soltanto un piddino fa fatica a capire (ad esempio, Pierluigi Bersani, con un epico «perché i soldi non si stampano», sparato ad Agorà, nel 2019): lo Stato non può fare default sul debito emesso nella sua valuta, semplicemente perché è lui che la emette, al contrario di famiglie e imprese, che quella valuta devono guadagnarsela, piuttosto che prenderla a prestito prima di spenderla. A meno che lo Stato non faccia parte dell'eurozona, specifica la piacente Stephanie. Eh già, l'Italia non è padrona della sua valuta, giacché condivide la Banca Centrale con altri Paesi. Un po' come condividere il bagno con altre 18o persone. Il rischio di trovarlo sporco o occupato è piuttosto concreto. Se la Bce «smettesse di sostenervi così energicamente dove finireste se doveste pagare tassi dal 4 al 6% su un debito nel frattempo schizzato al 170%?», domanda la Kelton. Rischieremmo di fare la fine di Paesi «emergenti» come l'Argentina o lo Zambia, che invece default lo fanno per davvero, essendosi indebitati in valuta estera (principalmente dollari), che non hanno il diritto di stampare. E se un'economia si indebita in valuta estera un motivo ci sarà. Anzi, più di uno. Sono «emergenti» proprio perché non hanno imprese. E se vogliono, ad esempio, costruire infrastrutture devono attrarre aziende straniere, pagandole in dollari (non sarebbe il caso dell'Italia, se tornasse alla lira). Oppure, non riescono a produrre tutto ciò che consumano. L'import deve essere pagato in valuta estera, almeno per quanto eccede il suo export (non è il caso dell'Italia, che da sempre ha un surplus commerciale netto). Oppure, si indebitano in valuta estera per avere a disposizione riserve con cui acquistare valuta nazionale per difendere il cambio fisso. Un po' la genialata di Carlo Azeglio Ciampi, che da governatore di Bankitalia, nel 1992, vendeva marchi e dollari per acquistare le lire che avrebbe potuto stampare liberamente, pur di non svalutare la lira. Salvo poi doverla svalutare lo stesso, ma con il risultato di aver esaurito le riserve di valuta estera accumulate negli anni. Incassate da George Soros. L'ebbrezza dei principianti folgora i redattori di Repubblica, cui sembra di aver scoperto il Sacro Graal, dal momento che titolano: «Quando i soldi finiscono si stampano». Senza sapere che il 23 settembre 2019, Mario Draghi - ancora governatore all'istituto di Francoforte - disse che «la Bce dovrebbe aprirsi a nuove idee come la Mmt». E ignorando le parole di un altro banchiere centrale americano, Alan Greenspan (2011): «Gli Stati Uniti possono sempre onorare il proprio debito pubblico perché noi possiamo sempre stampare moneta per pagarlo. Quindi, le possibilità che gli Stati Uniti facciano default sono zero». Passando per il suo successore Ben Bernanke (2008): «Quando spendiamo non usiamo soldi dei contribuenti. Le banche hanno conti presso la Federal reserve, così come lei ha un conto presso una banca commerciale. Per prestare alle banche noi semplicemente usiamo i computer per aumentare i loro conti alla Federal reserve. Un po' come stampare denaro, più che prestarlo». Per finire all'attuale governatore della Fed, James Powell: «Come banca centrale, creiamo denaro digitalmente. Acquistiamo buoni del tesoro. E questo aumenta effettivamente l'offerta di moneta. Stampiamo anche moneta “reale" e la distribuiamo tramite le banche della Federal reserve». E nel cercare di osannare il prossimo presidente, quelli di Repubblica ancora non conoscono ciò che disse Donald Trump, durante la campagna del 2016, ai microfoni della Cnn, rispondendo a chi insinuava che avrebbe portato gli Usa in bancarotta: «Non facciamo bancarotta perché stampiamo il denaro. Mi spiace per voi, Ok?». Più che altro, ci spiace per Repubblica.
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