2022-02-10
«Contro nostro figlio è crociata ideologica. Si poteva trovare la soluzione in fretta»
Per la prima volta parla il papà che chiedeva per il bimbo cardiopatico la trasfusione da persone non vaccinate.La storia è nota: una coppia di genitori emiliani ha chiesto che al loro bambino fosse effettuata una trasfusione da sangue di donatori non vaccinati. Per questo i due sono finiti su tutti i giornali d’Italia, accusati di essere folli no vax disposti a mettere a rischio la vita del loro figlio in nome dell’ideologia. Ma forse la loro situazione è un po’ diversa da come è stata presentata, ha più sfumature, e merita di essere esaminata a fondo. Per la prima volta il padre del bambino ha deciso, restando anonimo, di parlare con un giornale. Ecco quello che ci ha detto.Quanti anni ha vostro figlio?«Ha meno di cinque anni».Quando avete scoperto che aveva problemi di salute?«Abbiamo avuto la prima informazione quando la mamma era ancora in gestazione. Ci hanno detto che ci potevano essere dei problemi, abbiamo fatto altri due accertamenti di cui uno al policlinico Sant’Orsola Malpighi di Bologna, e abbiamo avuto la conferma».Quale patologia ha vostro figlio?«Ha una patologia cardiaca che i medici hanno inizialmente tentato di risolvere tramite interventi che si chiamano cateterismi. Ma non sono stati sufficienti». Dopo avervi diagnosticato la patologia, che cosa vi hanno detto all’ospedale bolognese?«Nel settembre 2021 ci hanno detto che probabilmente sarebbe stato necessario un intervento. A ottobre, dopo l’ultimo cateterismo, ci hanno confermato la necessità dell’operazione».Voi avete rifiutato l’intervento?«No. Da subito abbiamo dato il consenso all’intervento. Abbiamo semplicemente chiesto che per l’eventuale trasfusione, che veniva indicata come assai probabile, fosse utilizzato sangue da persone non immunizzate».Perché avete fatto questa richiesta?«Per due motivi. Per un motivo precauzionale e per uno religioso».Partiamo da quello precauzionale. Di che si tratta?«Abbiamo sentito che la somministrazione del vaccino poteva generare problematiche cardiocircolatorie e a nostro modo di vedere questo poteva esporre il bambino a un rischio maggiore, per quanto remoto». Vi siete rivolti a qualche esperto per parlare di questi vostri timori?«Abbiamo chiesto pareri a due esperti del settore di ematologia e cardiologia. Ci hanno detto che nel sangue dei vaccinati sono stati trovati frammenti di proteina spike fino a sei mesi dopo l’immunizzazione. E questo ha confermato il nostro timore».Voi però avete parlato anche di un motivo religioso, una sorta di obiezione di coscienza.«Non è una sorta, è proprio una obiezione di coscienza. Motivata dal fatto che nella sperimentazione, nei test e nella produzione dei vaccini sono state utilizzate cellule umane derivate da feti abortiti volontariamente».Il Papa e i vescovi si sono espressi a favore del vaccino.«C’è un documento emesso dalla Congregazione per la dottrina della fede nel 2020 che richiama la possibilità dell’obiezione di coscienza. L’obiezione è un diritto, e in alcuni casi un dovere, per il cattolico, come testimoniato da numerosi altri documenti, pensiamo anche all’Evangelium Vitae. In ogni caso questa possibilità di ricorrere a cure - detto in senso lato - che prevedano utilizzo di cellule fetali viene di massima consentito tutte le volte che vi sia il pericolo di vita. Ma qui parliamo di un problema che si potrebbe risolvere serenamente rispettando le scelte e le sensibilità di ciascuno».Ecco, il punto è proprio questo. Non avete paura di mettere a rischio la vita di vostro figlio? Credo che in molti si chiedano: il bene del bambino non viene prima di tutto?«Ma certo, assolutamente, è esattamente quello che pensiamo e anche quello che dice il magistero della Chiesa. Se nostro figlio dovesse essere operato in condizioni di urgenza estrema non avremmo alcun tipo di problema a cambiare idea. Il diritto alla vita di nostro figlio è più importante della nostra scelta. Però qui è un po’ diversa. Noi siamo in ballo da mesi con questa storia, e si sarebbe già potuta risolvere mesi fa, se ci fossero venuti incontro. E ci saremmo anche evitati tutto questo polverone che ci sta facendo soffrire molto».Quando è iniziata la trafila?«A settembre abbiamo cominciato a chiedere di avere sangue da soggetti non vaccinati. Il servizio trasfusionale di Bologna ci ha risposto che non si poteva».Perché?«Ci hanno detto che loro non chiedono ai donatori questo dato e ci hanno ribadito che non avevano intenzione di chiederlo. Ci hanno solo risposto di no, che c’era una legge che impediva di chiedere informazioni sulla vaccinazione. Ma a noi risulta che sia proprio il contrario, che anzi vada dichiarato se il donatore si è sottoposto a inoculazione».Di fronte al rifiuto iniziale che avete fatto?«A ottobre 2021 abbiamo chiesto al servizio trasfusionale se avessimo potuto rintracciare noi i donatori disponibili a fornire il sangue. Ci hanno risposto che non sarebbe stato possibile perché la donazione avrebbe dovuto essere anonima e non avrebbe dovuto arrivare da famigliari».Ma non vi siete fermati.«Tramite una terza persona abbiamo procurato una serie di donatori compatibili con il bambino, e li abbiamo trovati rispettando le regole. Noi non sappiamo chi siano, loro ignorano identità e patologia di nostro figlio. Abbiamo offerto questa ulteriore opzione all’ospedale».Risposta?«Ci hanno nuovamente risposto di no, dicendo che i donatori devono essere censiti eccetera. Ma la gran parte di queste persone che si sono messe a disposizione sono donatori abituali dell’area di Bologna e di un’altra provincia».Mi risulta però che abbiate cercato un’altra via di uscita.«Sì. A quel punto la direzione sanitaria del Sant’Orsola ha suggerito di sentire qualche altra struttura dove effettuare l’operazione. E noi lo abbiamo fatto. Abbiamo trovato una struttura in un’altra provincia che si è resa disponibile a venire incontro alle nostre richieste. Ci hanno detto che lì l’intervento si sarebbe potuto effettuare».Ma?«Il cardiochirurgo di quella struttura ci ha detto che lui l’intervento sarebbe stato in grado di farlo, ma non aveva l’equipe necessaria».E quindi vi hanno rimandato a Bologna.«Sì, ma nel frattempo è successa un’altra cosa. Mentre io parlavo con il cardiochirurgo, il nostro legale aveva contattato il servizio trasfusionale della provincia in cui si trovava la nuova struttura».E che vi ha detto il servizio trasfusionale dell’altra provincia?«Ci ha detto che in 7-10 giorni sarebbero stati in grado di acquisire le sacche di sangue necessarie per effettuare l’intervento e venire incontro alle nostre richieste».Quindi vi siete trovati ad avere le disponibilità del sangue, ma al chirurgo mancava la squadra. Chiedo: ma non potevate fare l’operazione a Bologna facendo spedire il sangue dal servizio trasfusioni dell’altra provincia?«Ci avevamo pensato anche noi. Anzi, il responsabile del servizio trasfusionale dell’altra provincia mi ha detto che avrebbe provato a sentire Bologna, chiedendo di poter inviare lui il sangue».E Bologna che ha detto?«Bologna ha risposto di no».In pratica avete continuato a sbattere contro a un muro. Siete convinti che contro di voi stiano facendo una battaglia ideologica?«Io le racconto questo. A dicembre, durante uno dei tanti incontri al Sant’Orsola, a un certo punto si è presentato anche un assistente sociale chiamato dai vertici dell’ospedale».E perché?«In pratica loro hanno interpretato la nostra richiesta riguardo il sangue - una scelta terapeutica, prima ancora che una obiezione religiosa - come un rifiuto della cura. Ma noi non stavamo rifiutando l’intervento, non l’abbiamo mai fatto. Anzi, abbiamo dato il consenso, abbiamo dato anche il consenso a una trasfusione chiedendo semplicemente che il sangue avesse certe caratteristiche. Avremmo potuto risolvere tutto con semplicità, dialogando. Invece ora ci sono addirittura due tribunali coinvolti».Due?«Sì. Su questa vicenda sono intervenuti il giudice tutelare, contattato dall’ospedale, e anche il Tribunale dei minori di Bologna».Il Tribunale dei minori lo hanno coinvolto i servizi sociali?«Noi di sicuro non l’abbiamo interpellato. Quanto al giudice tutelare, come dicevo, è stato chiamato in causa dall’ospedale, affinché esprimesse il consenso all’intervento al posto nostro. Anche se, ripeto, noi non abbiamo mai rifiutato l’intervento».Sia il giudice tutelare che il Tribunale dei minori si sono espressi. Che cosa hanno deciso?«Il giudice tutelare per prima cosa ha accettato la visione della situazione dell’ospedale. Cioè ha considerato la nostra richiesta di una opzione maggiormente cautelativa come se fosse un diniego alla cura, anche se noi non ci siamo affatto opposti. Una volta stabilita questa equiparazione, ha dato il consenso all’intervento, anche se noi lo avevamo già dato».E il Tribunale dei minori?«Mi è appena arrivato il loro provvedimento. Lo apro adesso, mentre sono qui con lei. Ecco. Dice che ci ha sospeso provvisoriamente la potestà genitoriale nominando tutore di nostro figlio il servizio sociale territorialmente competente».Che farete ora?«Andremo al colloquio con gli assistenti sociali e torneremo a fare presente la situazione kafkiana in cui ci troviamo. Non abbiamo mai negato il consenso e ci trattano come se l’avessimo fatto. Ci atteniamo alle decisioni dei giudici e stiamo valutando come muoverci. Continuiamo a pensare che tutto questo si sarebbe potuto risolvere mesi fa, senza problemi. Invece ci troviamo in questa condizione, con i giornali che scrivono di tutto contro di noi. Non mi sembra giusto».
La Global Sumud Flotilla. Nel riquadro, la giornalista Francesca Del Vecchio (Ansa)
Vladimir Putin e Donald Trump (Ansa)