2020-02-23
«Noi sul virus primi in Europa». Sì, per morti e per contagiati
Roberto Speranza, Giuseppe Conte e Angelo Borrelli (Ansa)
Due decessi, decine di casi tra Veneto, Lombardia, Piemonte e Lazio: in barba alle vuote rassicurazioni di Sergio Mattarella e Giuseppe Conte, siamo il Paese occidentale più infetto. Del resto, il commissario all'emergenza è un commercialista...Da «Paese che ha adottato le misure di cautela più efficaci d'Europa e forse del mondo», come diceva fino al 30 di gennaio Giuseppe Conte, siamo diventati il Paese europeo e occidentale con il più alto numero di contagiati da coronavirus e, purtroppo, anche di morti. Ma questo già lo sapete perché ve lo abbiamo raccontato nell'edizione di ieri della Verità, descrivendo l'epidemia che sta infettando Lombardia e Veneto. Ciò che invece ignorate è che il commissario straordinario all'emergenza, ossia colui che deve mettere in atto le misure per fermare il contagio è, dal 31 gennaio, un signore di nome Angelo Borrelli, un tizio che meno di tre anni fa è stato nominato capo della Protezione civile. Di lui si sanno pochissime cose, se non che è laureato in Economia e commercio all'università degli studi di Cassino e che, prima di occuparsi di disastri e di ricostruzioni a seguito di terremoti e alluvioni, svolgeva la professione del revisore dei conti. Ora, che cosa c'entri un ragioniere con un'epidemia e quali strumenti abbia per fronteggiare ciò che sta accadendo in Italia è un mistero che vorremmo chiarire. Soprattutto perché fino a ieri il suddetto Borrelli spargeva sulle pagine dei quotidiani parole tranquillizzanti, quasi che in Italia il coronavirus fosse una bagatella di cui non preoccuparsi affatto. Intervistato dal Corriere della Sera, il super commissario il 10 febbraio mostrava molta sicurezza: «In Italia abbiamo monitorato 511.000 persone in tre giorni e abbiamo trovato solo otto persone con la febbre, quindi siamo rassicurati». «Avete ordinato verifiche nei porti. Il prossimo luogo saranno le stazioni?», incalzava il cronista curioso di conoscere le misure messe in atto per fermare l'epidemia. «Abbiamo disegnato tutti gli scenari possibili. Al momento non abbiamo motivo per andare a individuare altri punti da controllare».Sì, avete letto bene, l'uomo che doveva proteggerci dal contagio, fino a una decina di giorni fa non aveva motivo per allarmarsi e pensare ad altri controlli sulle persone di ritorno da un viaggio all'estero, in particolare dai Paesi asiatici. Di ciò non dobbiamo fare una colpa al revisore dei conti nonché dottore commercialista che si occupa delle emergenze italiane. Le responsabilità semmai stanno più in alto, ossia in capo a chi l'ha nominato. Se è arrivato ai vertici della Protezione civile bisogna ringraziare per primo Paolo Gentiloni, commissario europeo ed ex presidente del Consiglio per volere di Matteo Renzi. Se invece gli è stato affidato il compito di sovrintendere alle operazioni di emergenza contro il coronavirus il merito è di Giuseppe Conte, il quale gli ha affidato il mandato di proteggerci una ventina di giorni fa.Ora qualcuno potrebbe pensare che io ce l'abbia con i commercialisti, ritenendoli inabili a fronteggiare le epidemie virali piuttosto che quelle fiscali. Tranquilli, non ho alcuna antipatia nei confronti dei dottori in economia e commercio e men che meno dei revisori contabili, i quali si destreggiano con fatica tra le follie del fisco e delle norme italiane. Semplicemente penso che a guidare la task force anti epidemie serva un epidemiologo. Se bisogna curarsi da un virus, di regola, si va da un virologo, cioè da un medico che sa leggere le analisi mediche, non da uno che sa leggere i bilanci.Ma, come dicevo, non ce l'ho con Borrelli, che neppure conosco, ma con chi sin dal principio della diffusione del contagio si è preoccupato più di tranquillizzare i cinesi che di proteggere gli italiani. Ricordate? Mentre il mondo era in allarme, a Palazzo Chigi e anche al Quirinale sembravano attenti solo di non urtare la sensibilità della Cina, quasi che il problema fosse la reazione di Pechino e non quella alla malattia. Quando i governatori del Nord hanno chiesto la quarantena per i bambini cinesi di ritorno dal loro Paese, Conte e Sergio Mattarella si sono affrettati a solidarizzare con le comunità di Pechino e Shangai, forse temendo che la richiesta di isolamento preventivo mettesse a repentaglio gli affari con il Paese asiatico. Per tranquillizzare il Dragone, il capo dello Stato ha perfino organizzato un concerto sul Colle e, a sorpresa, ha visitato una scuola con un alto tasso di studenti cinesi. Ma ora che l'epidemia dilaga e ci sono due morti italiani, Conte e Mattarella che faranno? Visiteranno le scuole del Lodigiano e dei Colli euganei? Organizzeranno concerti per testimoniare la loro vicinanza alle zone esposte al contagio del coronavirus? Andranno a portare la loro solidarietà ai contagiati e ai parenti delle vittime oppure prenderanno atto che davanti a un'epidemia non si fa politica, ma prevenzione?
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)