2023-11-06
L’uomo che calpestò l’Aula con dpcm e lockdown ora teme il premier forte
Il leader M5s critica la riforma di Giorgia Meloni e contesta «l’uso massiccio dei decreti d’urgenza». Ma i sondaggi confermano: gli italiani vogliono eleggere chi comanda.C’è quel povero articolo uno della Costituzione che nei palazzi della politica è davvero passato di moda: la sovranità appartiene al popolo. Che ha le idee chiare: vuole l’elezione diretta di chi governa, si è stufato degli esecutivi tecnici (non li vuole quasi un italiano su due) e dice basta ai senatori a vita. Così ora c’è la gara a fare a meno del popolo. Soprattutto se, come dimostra un sondaggio del 30 ottobre di Demos illustrato da Ilvo Diamanti su Repubblica, il 57% degli italiani vuole l’elezione diretta di chi comanda, non importa se sta a palazzo Chigi o al Quirinale. Conta però di più la levata di scudi che c’è stata appena il consiglio dei ministri ha dato via libera a quella che Giorgia Meloni definisce, forse con un eccesso di enfasi, la «madre di tutte le riforme». E cioè l’elezione diretta del premier, la norma antiribaltone e la legge elettorale con premio di maggioranza. Cambiando 4 articoli della Carta si trasforma il presidente del Consiglio nel Sindaco d’Italia. Insorgono le vestali della Costituzione di cui è gran sacerdote il professor Gustavo Zagrebelsky con l’apporto di Giuliano Amato, dottor Sottile in servizio permanente effettivo nonostante assegni pensionistici che supererebbero i 30.000 euro lordi al mese e gli 85 anni di anagrafe, al grido del leso presidente della Repubblica, dell’attentato al Parlamento. Ascoltano come ambrosia le amnesie del capo dei 5 Stelle Giuseppe Conte. Che è poi lo stesso che la Costituzione in coppia con Roberto Speranza l’ha accantonata ai tempi del Covid nel silenzio delle suddette vestali. Verrebbe da dire: tu quoque? Ricordando gli anatemi pandemici alla Costituzione! genio e smemoratezzaLa coerenza in politica non sarà una virtù, ma il professore di Diritto privato di Volturara Appula in una intervista concessa a Repubblica - non potendo essere la terza Camera come Porta a Porta di Bruno Vespa si accontenta di essere la seconda Corte Costituzionale - dice tutto e il contrario di tutto: genio e smemoratezza degli atti che ha compiuto quando era a palazzo Chigi. Sostiene che il progetto di legge del ministro Maria Elisabetta Alberti Casellati «introduce nell’ordinamento un ircocervo che non esiste in nessun’altra nazione; distrugge l’equilibrio tra istituzioni». Gli fanno notare che però la norma anti-ribaltone quando lui stava a palazzo Chigi - lo hanno sfrattato prima Matteo Salvini e poi Matteo Renzi - gli avrebbe fatto comodo. E lui che s’ identifica col bene della nazione ribatte: «Questa norma non evita i ribaltoni, anzi per certi versi li “costituzionalizza”. Non Conte, ma l’Italia si sarebbe giovata di un meccanismo intelligente come la sfiducia costruttiva. Ci sono meccanismi per rafforzare la figura del premier mantenendo l’equilibrio tra i vari organi costituzionali. Ad esempio potrebbe prendere solo lui la fiducia dal Parlamento, potrebbe promuovere la revoca dei ministri che non si rivelassero all’altezza». Chissà che fine avrebbero fatto i vari Danilo Toninelli, Lucia Azzolina, Dj Fofò… Il massimo della smemoratezza Giuseppe Conte lo raggiunge quando afferma: «La decretazione di urgenza è invasiva e questo governo ne sta facendo un uso massiccio. Stravolgere il nostro sistema con un progetto così confuso significa esporre l’intero Paese a una pericolosa avventura». Ora bisogna ricordarsi che Giuseppe Conte ha di fatto «inventato» il dpcm, un atto amministrativo, fonte secondaria del diritto. Ebbene ai tempi del Covid Conte ha sottoposto alla sua potestà amministrativa le libertà più alte tutelate della Costituzione: dalla libertà di movimento a quella al lavoro e all’impresa. Ha persino intaccato una riserva di legge assoluta disponendo sanzioni penali con provvedimento amministrativo. E tutto questo senza far esercitare al presidente della Repubblica alcun controllo preventivo di legittimità costituzionale. Peraltro il Quirinale, dove siede un presidente eletto per la seconda volta con la Carta muta sul punto, assunse una posizione «benevola» sulle deroghe rispetto ai diritti fondamentali. nessun fronte comuneConte ora farà fronte comune col Pd? Non pare. Si confronterà, dice, con Elly Schlein «ma confidiamo che ci possa essere la disponibilità della maggioranza a intervenire in modo più razionale e costruttivo». E si spende in una previsione: quando gli italiani si renderanno conto che si tocca il presidente della Repubblica insorgeranno. Lo dice anche Giuliano Amato, sempre a Repubblica. «Il Quirinale perde due poteri fondamentali, quello di nominare il presidente del Consiglio e quello di sciogliere le Camere. Chiunque abbia un minimo di cognizione della politica - sostiene il dottor Sottile - non può ignorare il punto centrale: una istituzione che deriva la sua legittimazione dal Parlamento messa a confronto con un’altra istituzione legittimata dal corpo elettorale è paragonabile a un palloncino sgonfiato». Si capisce che questo popolo sovrano non piace, anzi se fa come gli pare è pericoloso. Lo dimostra un sondaggio di Alessandra Ghisleri (ieri su La Stampa) secondo cui il 38,2% degli italiani vuole l’elezione diretta del premier, contrario il 38,6, ma il 22,2 non si è ancora fatto un’opinione. Per il 46,9% se il governo cade bisogna andare al voto (indecisi il 19,4%, contrari il 33,7%). Perciò i governi tecnici nominati dai presidenti della Repubblica non piacciono agli italiani che vogliono la norma anti ribaltone (43,4 si, 38,7 no e 17,9% non sa) e dicono basta con i senatori a vita (40,7%, con oltre il 20% che non sa). Visto mai che il popolo ha le idee più chiare delle vestali?
Jose Mourinho (Getty Images)