2021-01-22
Conte in stallo nel suk dei senatori. E Renzi rifà capolino: «Noi ci siamo»
Giuseppe Conte (Monaldo/Pool/Getty Images)
Il leader di Iv tenta il disgelo, mentre si arena il negoziato con i centristi. Spunta l'ipotesi di liquidare Alfonso Bonafede per attirare altri transfughi azzurri. Goffredo Bettini avverte: «Allarghiamo i numeri o si torna al voto».I conti a Conte non tornano: si mette male, per il premier ciuffato, i muratori scarseggiano e la costruzione della famigerata quarta gamba che dovrebbe permettergli di raggiungere la maggioranza assoluta anche al Senato è bloccata. Il capo dello Stato, Sergio Mattarella, avrà pure concesso a Giuseppi un paio di settimane, ma in realtà la resa dei conti incombe sul premier: mercoledì prossimo, 27 gennaio, si voterà in Parlamento la relazione sulla Giustizia del ministro e capo delegazione del M5s, Alfonso Bonafede, e allo stato attuale dei fatti la bocciatura al Senato è dietro l'angolo. Bocciatura che comporterebbe il crollo del governo, l'addio di Conte a Palazzo Chigi e, se non si riuscisse a formare in extremis un nuovo governo, le elezioni anticipate. Ieri, tra i fedelissimi del premier tirava aria di funerale politico: non si esclude che Conte possa chiedere in extremis al suo caro amico Bonafede di dimettersi, per evitare la catastrofe. Il M5s del resto, a livello di gruppi parlamentari, ha già da tempo scaricato l'ex dj, il cui sacrificio potrebbe spalancare le porte a qualche muratore in pectore. «Per la mia storia», dice all'Adnkronos il senatore di Forza Italia, Luigi Vitali, ex sottosegretario alla Giustizia, annoverato tra i possibili responsabili, «non posso certo sostenere un governo dove alla Giustizia c'è un ministro come Bonafede. Nulla di personale nei suoi confronti, per carità, ma la sua visione della giustizia è completamente diversa dalla mia». Al di là delle dichiarazioni ufficiali, a quanto apprende La Verità, le dimissioni di Bonafede rappresenterebbero quella «discontinuità» richiesta a gran voce da molti dei senatori azzurri in teoria disponibili a saltare il fosso, e permetterebbero anche a Matteo Renzi di tentare un riavvicinamento alla maggioranza senza perdere completamente la faccia. Riavvicinamento che però, a quanto risulta sia da fonti del Pd che di Iv, per ora resta solo un'ipotesi di scuola, anche se Matteo Renzi sta lanciando segnali distensivi: «Il mio personalissimo suggerimento», dice Renzi a Piazzapulita, su La7, «al presidente del Consiglio e a tutti gli altri è smettiamola di fare le polemiche, se vogliamo confrontarci noi ci siamo».Nella tarda serata di ieri è stato convocato un Consiglio dei ministri, e al momento in cui andiamo in stampa non si sa ancora se sarà il momento in cui Conte cede la delega ai servizi segreti. Il premier vorrebbe conferirla a Pietro Benassi, consigliere diplomatico di Palazzo Chigi, ma Pd e M5s, e anche la Farnesina, sono perplessi. La legge consente al premier di scegliere un uomo di sua fiducia, ma la decisione va concordata con i partiti. Restano in gioco Luciana Lamorgese, Roberto Chieppa e Mario Turco, ma il preferito del premier ha le quotazioni più alte. I conti a Conte non tornano, dicevamo, anche perché l'inchiesta che ha coinvolto Lorenzo Cesa ha di fatto bloccato ogni trattativa con l'Udc: ieri sera Luigi Di Maio ha esplicitamente chiarito che «mai il M5s potrà aprire un dialogo con soggetti condannati o indagati per mafia o reati gravi». Certo, c'è che chi immagina che i tre senatori dell'Udc, Paola Binetti, Antonio Saccone e Antonio De Poli, ora siano allo sbando e quindi più facilmente ingaggiabili dalla maggioranza, ma il dato certo è che quel simbolo, che fino a 48 ore fa sembrava valesse oro, adesso è solo e soltanto una zavorra. Intanto, sia dal Pd sia dal M5s, si registra una crescente insofferenza per l'immobilismo di Conte: il premier non decide, tentenna, e soprattutto non ci mette la faccia nel reclutamento dei responsabili, lasciando fare tutto ai partiti. «Conte», spiega alla Verità un forzista tentennante, «non riesce a delineare un percorso chiaro. I suoi collaboratori giocano su dieci tavoli contemporaneamente, come se avessero a che fare con dei pivellini, ma non è questo il modo per risolvere una crisi così complicata. Non c'è chiarezza sulla prospettiva». Non è un caso che ormai anche chi, come il vicesegretario dei dem, Andrea Orlando, continua a definire Conte «il punto di equilibrio della coalizione», apre a nuovi scenari, a partire dalla «maggioranza Ursula», che per Orlando «può valere anche in Italia se c'è la volontà di tutti e ci si rende conto che questo obiettivo si può realizzare partendo da questa maggioranza». Ovviamente, a capo di questa maggioranza non potrebbe mai esserci Giuseppe Conte. Nuvoloni neri si addensano sul ciuffo dell'ex avvocato del popolo, come conferma Goffredo Bettini, guru del Pd che sta collezionando sui media più comparsate di un virologo: «Se in queste settimane», avverte Bettini a Oggi è un altro giorno, su Rai 1, «riusciamo a consolidare e allargare i numeri avremo maggiore agio nella vita parlamentare, penso alle commissioni, e allora bene. In quel caso si farà un Conte ter, il premier andrà da Mattarella e faremo quanto necessario. Spero vada così, ma non è detto. Altrimenti si andrà al voto, che per noi è lo sbocco naturale in democrazia quando sono finite tutte le opzioni».Al telefono con La Verità, l'uomo simbolo dei costruttori, Clemente Mastella, la mette giù con franchezza: «Se il centrosinistra vuole avere una prospettiva, sia oggi che alle prossime elezioni», dice Mastella, «deve aprirsi alle forze moderate, a chi ha consensi sul territorio, come è accaduto alle regionali in Campania e in Puglia, dove sembrava destinato alla sconfitta. A proposito della Puglia: c'è qualcuno che rincorre ancora Renzi, che già alle regionali aveva candidato Ivan Scalfarotto, col rischio di far perdere Michele Emiliano. Bene: Scalfarotto, sottosegretario, con Teresa Bellanova all'Agricoltura, ha preso l'1,5%».