2019-09-12
L'inciucio sguazza anche sulla retorica che «grazie a noi i rendimenti dei Btp calano, salvando miliardi». Ma l'andamento è in picchiata da fine maggio, quando la Bce ha annunciato un nuovo acquisto di titoli.«Abbiamo già risparmiato in poche settimane centinaia di milioni in interessi sui titoli di Stato: l'anno e mezzo passato ci è costato quasi 20 miliardi di interessi sottratti alle tasche degli italiani». Con queste parole, pronunciate nella dichiarazione di voto a favore della fiducia al governo Conte il 9 settembre alla Camera, il dem Graziano Delrio conquistava il podio nella corsa a sparare la cifra più grossa sui maggiori costi per interessi attribuibili al governo Conte 1.Quella affermazione faceva il paio con l'altra bufala circolata sui media inneggianti al governo amico dell'Europa e relativa al presunto tesoretto per il risparmio di interessi conseguente al crollo dei rendimenti dei Btp avvenuto in coincidenza con la formazione del nuovo esecutivo.Tali affermazioni non reggono alla prova dei fatti che deve essere però preceduta da una doverosa premessa di metodo, per la cui banalità mi scuseranno gli addetti ai lavori.La variazione dello spread non incide sul costo per interessi da parte dello Stato, è infatti una differenza tra rendimenti (il nostro Btp ed il Bund tedesco). Tale differenza può essere benissimo causata da movimenti anche solo del Bund, senza che vari un centesimo nel rendimento dei Btp. Ciò che conta è il rendimento del Btp spuntato in asta, che è fortemente correlato al rendimento del titolo sul mercato secondario (su cui si calcola lo spread).Ma anche osservando quest'ultimo tasso, stabilire una relazione monocausale tra atti politici o, peggio, dichiarazioni rilasciate dal politico «euroscettico» di turno e tale tasso significa compiere un errore ancora più grave della semplice osservazione dello spread. Tentare di isolare l'effetto politico nel movimento dei tassi di uno dei titoli di Stato più liquidi al mondo è davvero un esercizio complesso e privo di riscontri contro fattuali. Nessuno potrà mai dire cosa sarebbe accaduto se un presunto atto politico definito ostile verso i mercati, spesso portato come unica causa del rialzo dei tassi, non si fosse verificato. Ma vi è di più. Come noto, dal marzo 2015 la Bce, tramite Banca d'Italia, è uno dei più grandi compratori di titoli di Stato italiani, arrivando a detenerne a fino giugno circa 400 miliardi di euro (il 20% circa del totale). Come conseguenza, gli interessi su quei titoli rientrano nella casse dello Stato tramite il bilancio di Banca d'Italia. Tale programma è terminato a dicembre 2018, raggiungendo un massimo di acquisti mensili pari a 80 miliardi, importo poi ridotto nel 2018 dapprima a 30 ed infine a 15 miliardi. Da allora, la Bce reinveste solo le somme dei titoli rimborsati perché giunti a scadenza. Qualcuno è forse disposto a negare che il ruolo di principale attore del mercato sia della Bce, che tra l'altro gode di una relativa discrezionalità nel dosaggio degli acquisti mensili che spesso giocoforza oscillano intorno alla predefinita base di ripartizione degli acquisti tra i diversi Paesi?A questo punto la discussione sui maggiori o minori costi dovrebbe essere già terminata, ma vale la pena superare per un attimo le precedenti obiezioni e provare ad osservare comunque le cifre. Ebbene, da fine maggio, in coincidenza con le insistenti voci relative ad una ripresa del programma di acquisto di titoli pubblici, poi confermata da Mario Draghi ad inizio giugno, il Btp ha innescato una clamorosa discesa che ha portato il rendimento dal 2,50% al 1,30% circa nella settimana delle dimissioni di Conte. Successivamente il rendimento è sceso ancora fino ad un minimo del 0,80% per attestarsi oggi poco sotto l'1% (si veda la tabella sopra).Non credo ci sia bisogno di algoritmi particolarmente complessi per rilevare che la gran parte della discesa (120 punti base, da 2,50% a 1,30%) sia avvenuta quando del nuovo governo non c'era nemmeno l'ombra ed il movimento al ribasso dei tassi era guidato dalla grande fame di rendimenti in giro per il mondo e dall'annuncio di Draghi. È d'altronde innegabile che l'ulteriore ed ancora più repentina prosecuzione del ribasso sia fortemente correlata con la formazione del nuovo governo. Ma, se proprio dobbiamo correlare gli eventi politici ai rendimenti dei Btp, vogliamo distinguere la trave del ribasso del Conte 1 dalla pagliuzza del ribasso del Conte 2, quest'ultima magnificata a reti unificate nel tripudio generale?La bufala dei 20 miliardi di interessi in più, è figlia dello stesso metodo distorto, con l'aggravante che quando il tasso dei Btp sale, allora è demerito di Conte 1, ma quando scende non è merito di Conte 1 ma di Draghi. Salvo poi ricordarsi di riattribuire il merito al neo insediato Conte 2 per una settimana di discesa, dimenticando le 10 precedenti. Quantomeno singolare.In ogni caso, anche i 20 miliardi non reggono essi stessi alla prova dei fatti. Lo scorso 19 agosto sul Sole 24 Ore si stimava il maggior costo pari a circa 5 miliardi su 2 anni, calcolandolo rispetto all'andamento dei Bonos spagnoli, presi ad esempio di titolo «tranquillo» anch'esso beneficiario degli acquisti della Bce. Ma quel calcolo soffriva di due difetti: non considerava che lo spread Btp/Bonos a maggio 2018 c'era già ed era pari a circa 40 punti e quindi il costo aggiuntivo dei Btp andava ridotto di tale spread iniziale, riducendo la maggiore spesa di almeno un terzo. Ma, soprattutto, trascurava le diverse dimensioni dei due mercati, praticamente l'uno doppio dell'altro, con il Btp mercato preferito per speculare, soprattutto quando la Banca centrale europea talvolta sembra improvvisamente assentarsi. Piuttosto che costruire scenari fantasiosi in cui si sceglie il momento iniziale e l'oggetto del confronto in modo arbitrario, forse è meglio concentrarsi sull'andamento effettivo della spesa per interessi, che scende da anni e si prevede che continui a scendere, considerato la trappola in cui si è infilata la Bce.
        
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Marcello Degni ha rinverdito i suoi post social contro l’esecutivo, difendendo la bocciatura del progetto del Ponte sullo Stretto e invitando a votare «no» al referendum sulla riforma Nordio. La collega Franchi è stata consulente di Bellanova e Patuanelli.
        Giancarlo Giorgetti e Giorgia Meloni (Ansa)
    
Sulla sentenza con cui la Corte dei Conti ha bocciato il Ponte sullo Stretto ci sono le impronte digitali di quella parte della magistratura che si oppone a qualsiasi riforma, in particolare a quella della giustizia, ma anche a quella che coinvolge proprio i giudici contabili.
        Ansa
    
Il provvedimento, ora al Senato dopo l’ok della Camera, mira a introdurre misure più garantiste per i pubblici amministratori e a fissare un tetto per gli eventuali risarcimenti. Anche in questo caso, l’Anm contabile frigna.
Il clochard ha anche minacciato gli agenti. Silvia Sardone (Lega): «Sala ha nulla da dire?».






