
Il Bullo giurava che si sarebbe seduto con il Movimento solo per scongiurare il rincaro Iva. A governo avviato, il premier svela il trucco: le imposte verranno «rimodulate». Un modo subdolo per indorare la pillola, ma alla fine chi pagava meno pagherà di più.La parola d'ordine dietro a cui si vuole nascondere l'aumento dell'Iva si chiama rimodulazione. Sì, scrivendo che le tasse sui beni di consumo saranno rimodulate, non si dice che cresceranno, come invece sarà. Si dice che ci sarà un restyling, un po' come quando un ristorante, per farti pagare un conto più salato, rifà l'arredamento e dà una rinfrescata alle pareti. Poi ti serve sempre la stessa zuppa, ma quando ti presenta la ricevuta scopri che il piatto che hai consumato costa un po' di più. Per mascherare meglio l'incremento dell'Iva, la rimodulazione sarà attuata con un'aliquota di mezzo, all'8%. Sui prodotti che oggi pagano una tassa al 4 sarà applicato un prelievo dell'8, ossia ci sarà un incremento dell'imposta sul valore aggiunto pari al 100%. Un raddoppio che, secondo le strategie di Palazzo Chigi, sarà compensato da una riduzione dell'Iva su alcuni prodotti, con un'aliquota che passerebbe dal 10 all'8%, vale a dire con uno sconto del 20%. Ovviamente la rimodulazione non verrà presentata come un aumento delle tasse, cosa che invece è, ma come un riordino delle aliquote, per rendere più funzionale la tassazione. Peccato che alla fine dell'operazione di restyling fiscale, il risultato per il contribuente non sarà a saldo zero. Nel gioco delle tre tavolette - ti sposto l'aliquota bassa un po' più in alto, quella media un po' più in basso e la più cara la lascio al suo posto - gli italiani rischiano di perdere un bel po' di bigliettoni, scoprendo che la promessa di un governo di salute pubblica per evitare che scattassero le clausole di salvaguardia era una gigantesca frottola.Ricordate? Renzi e compagni, per giustificare la capriola e tornare al governo, dissero che lo avrebbero fatto per il Paese. Ci alleiamo con i grillini anche se il Movimento 5 stelle ci fa schifo, spiegarono in coro, solo per evitare che l'Iva aumenti. Beh, in base alle ipotesi che circolano dalle parti del ministero dell'Economia, l'Iva aumenterà e a pagare saranno, come sempre, i pensionati e il ceto medio.Le cattive notizie però purtroppo non sono finite. La mannaia di Palazzo Chigi è pronta anche per le partite Iva sotto una certa soglia di reddito. Come ricorderete, Matteo Salvini tenne a battesimo una mini Flat tax che riguardava artigiani, professionisti e lavoratori autonomi. Tasse a forfait sotto i 65.000 euro, che per l'anno in corso dovevano diventare 100.000. Ma mentre chi lavora in proprio fa conto su una tassazione più mite, il governo è al lavoro per renderla più aspra. Risultato, artigiani, professionisti e lavoratori autonomi si devono preparare a pagare di più. Inoltre, tra i disegni del governo c'è la riduzione di Quota 100, ossia della flessibilità previdenziale introdotta dal precedente esecutivo a trazione leghista. Per Conte e compagni quella via d'uscita va stoppata, cominciando con il restringerne l'accesso. Ma questo non sarà il governo delle tasse, recitano in coro Conte e compagni, perché faremo una guerra senza quartiere a chi le evade, e se si renderà necessario scatteranno le manette. Premesso che non si è mai visto un esecutivo che dicesse il contrario, ossia favoriremo chi non paga le imposte, in questo campo le promesse sono di regola scritte sulla sabbia, perché se a parole ministri e primi ministri assicurano di voler perseguire i furbi, nella pratica se ne ricordano solo quando c'è da appostare in bilancio qualche miliardo di nuove entrate con la scusa della lotta all'evasione, ma poi la regola è dimenticarsene.Basti dire che negli anni i controlli su chi non paga, invece di aumentare, sono diminuiti. Nonostante governasse la sinistra, nel 2017, per esempio, l'Agenzia delle entrate ha fatto poco più di 1.600 verifiche sul campo e anche quelle della Guardia di finanza si sono dimezzate, passando in pochi anni da 250.000 a meno di 90.000. Il risultato è che le maggiori entrate sbandierate ogni volta e attribuite al recupero delle tasse non pagate sono quasi sempre frutto non di un'evasione accertata, ma di errori nella compilazione della dichiarazione dei redditi, oppure di contenziosi con le aziende a causa di divergenze interpretative sulle norme fiscali. Insomma, siamo davanti a un grande bluff, perché nonostante l'anagrafe fiscale, il controllo dei conti correnti e l'invasività del Fisco nei confronti dei contribuenti, chi vuole evadere continua a farlo.A fermarlo non basteranno lo sconto per chi usa le carte di credito, né la ventilata tassa sul contante. Perché chi lavora in nero, senza pagare le tasse, evidentemente ha una contabilità parallela, che certo non deposita in banca, pena l'immediata segnalazione da parte dell'istituto di credito alla Banca d'Italia per sospetto riciclaggio. L'imposta sui prelievi al bancomat, spacciata come strumento contro i furbi, si riduce dunque a essere l'ennesimo sistema per far pagare chi già paga. A dimostrazione, se qualcuno avesse avuto dubbi, che nonostante le dichiarazioni, l'obiettivo del governo è fare cassa a spese degli italiani, magari finanziando qualche mancia come ai bei tempi degli 80 euro di Renzi. Mance che i contribuenti poi - come si è visto - ripagano a caro prezzo, con l'aumento del debito o le clausole di salvaguardia.
Stephen Miran (Ansa)
L’uomo di Trump alla Fed: «I dazi abbassano il deficit. Se in futuro dovessero incidere sui prezzi, la variazione sarebbe una tantum».
È l’uomo di Donald Trump alla Fed. Lo scorso agosto, il presidente americano lo ha infatti designato come membro del Board of Governors della banca centrale statunitense in sostituzione della dimissionaria Adriana Kugler: una nomina che è stata confermata dal Senato a settembre. Quello di Stephen Miran è d’altronde un nome noto. Fino all’incarico attuale, era stato presidente del Council of Economic Advisors della Casa Bianca e, in tale veste, era stato uno dei principali architetti della politica dei dazi, promossa da Trump.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 10 novembre con Carlo Cambi
Martin Sellner (Ansa)
Parla il saggista austriaco che l’ha teorizzata: «Prima vanno rimpatriati i clandestini, poi chi commette reati. E la cittadinanza va concessa solo a chi si assimila davvero».
Per qualcuno Martin Sellner, saggista e attivista austriaco, è un pericoloso razzista. Per molti altri, invece, è colui che ha individuato una via per la salvezza dell’Europa. Fatto sta che il suo libro (Remigrazione: una proposta, edito in Italia da Passaggio al bosco) è stato discusso un po’ ovunque in Occidente, anche laddove si è fatto di tutto per oscurarlo.
Giancarlo Giorgetti e Mario Draghi (Ansa)
Giancarlo Giorgetti difende la manovra: «Aiutiamo il ceto medio ma ci hanno massacrati». E sulle banche: «Tornino ai loro veri scopi». Elly Schlein: «Redistribuire le ricchezze».
«Bisogna capire cosa si intende per ricco. Se è ricco chi guadagna 45.000 euro lordi all’anno, cioè poco più di 2.000 euro netti al mese forse Istat, Banca d’Italia e Upb hanno un concezione della vita un po’…».
Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, dopo i rilievi alla manovra economica di Istat, Corte dei Conti e Bankitalia si è sfogato e, con i numeri, ha spiegato la ratio del taglio Irpef previsto nella legge di Bilancio il cui iter entra nel vivo in questa settimana. I conti corrispondono a quelli anticipati dal nostro direttore Maurizio Belpietro che, nell’editoriale di ieri, aveva sottolineato come la segretaria del Pd, Elly Schlein avesse lanciato la sua «lotta di classe» individuando un nuovo nemico in chi guadagna 2.500 euro al mese ovvero «un ricco facoltoso».






