2020-03-12
Conte pensa a un rinvio delle nomine per cambiarle in autunno
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Giuseppe Conte e Nicola Zingaretti (Ansa)
Spostare per decreto le assemblee delle nostre partecipate statali che hanno i vertici in scadenza potrebbe non piacere al mercato. L'ipotesi di posticipare il calendario è gradita soprattutto ai 5 Stelle che vogliono due delle cinque poltrone pesanti delle aziende di Stato, lasciando le altre tre, due al Pd di Nicola Zingaretti e una a Matteo Renzi.Emergenza coronavirus e nomine delle aziende partecipate statali in scadenza. Da qualche giorno il governo è al lavoro per un decreto che dovrebbe far slittare in autunno le assemblee delle controllate del Mef e di Cassa depositi e prestiti. Tra queste, come noto, ci sono Eni, Enel, Terna, Leonardo, Poste e molte altre ancora, tra cui Mps, che tra la fine di marzo e maggio dovranno rinnovare i consigli di amministrazione. Il tema è che il divieto di assembramento contenuto nelle ultime disposizioni di argine alla pandemia, di fondo esclude la possibilità di convocarle. Ma c'è un problema ben più profondo, ovvero l'intervento dello Stato su aziende che hanno una parte di azionariato pubblico diviso con altri fondi esteri indipendenti e i piccoli azionisti. Un intervento così a gamba tesa non rischia di lanciare un pessimo segnale ai mercati già provati in tutto il mondo? E non c'è la possibilità, come viene lasciato intendere anche nella bozza del decreto, che le assemblee possano svolgersi anche virtualmente? Quindi perché un decreto? A quanto pare la decisione di rinviare per decreto le assemblee sarebbe soprattutto politica, sostenuta da una parte dai 5 Stelle e dallo stesso Giuseppe Conte che vorrebbero rinnovare gli incarichi, intervenendo a piedi uniti su nomine che sono state gestite negli ultimi sei anni soprattutto dal Partito democratico, in particolare dall'ex premier Matteo Renzi. Non a caso, stando a chi segue da vicino il dossier, quella che sembra essere una coincidenza, ossia la nomina di Domenico Arcuri a commissario straordinario per la gestione dell'emergenza Covid-19, e il possibile rinvio delle nomine nelle principali aziende partecipate dallo Stato (Eni, Enel, Poste, Leonardo, Terna, ecc.), potrebbe corrispondere in realtà a una precisa strategia. Innanzitutto, non è un mistero che Arcuri sia un manager molto stimato dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Così come non è un mistero che Conte abbia pensato proprio a lui per il posto di amministratore delegato di Leonardo, ora occupato da Alessandro Profumo. Lo schema, però, potrebbe appunto saltare se le nomine venissero fatte adesso. Da qui la mossa di rinviarle a tempi migliori. Semplici congetture? Forse. Ma che potrebbero avere un qualche fondamento. Tra l'altro, lo schema sarebbe anche in linea con la volontà di Conte e dei partiti di maggioranza, in primis Cinque stelle, di rinnovare, in tutto o in parte si vedrà, gli amministratori delegati delle aziende in questione. Dalle parti del Pd, invece, con Renzi in prima fila, c'è chi punta a cambiare solo i presidenti e lasciare gli amministratori delegati, espressione come detto della gestione dem degli ultimi anni. Chi invece ha un interesse diverso, anche perché potrebbe essere l'ultima occasione, sono in primis i pentastellati, i quali sperano di portare a casa almeno due delle cinque poltrone pesanti, lasciando le altre tre, due al Pd di Nicola Zingaretti e una, appunto, a Renzi. Oltre a ciò, in tutta questa vicenda non va sottovalutato il ruolo di Conte, il quale forte anche del legame con il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, sta ovviamente seguendo la partita molto da vicino. Niente dunque sembra ancora deciso, e tutto è in movimento. Per ora l'unica conferma è quella di Lorenzo Starace che veleggia sicuro verso il terzo mandato in Enel. Per Luigi Ferraris i meriti nella gestione di Terna potrebbero non bastare dal momento - questo il ragionamento che circola - che Terna avendo un business regolato è un'azienda che dipende meno delle altre dal Mef, dunque l'amministratore delegato può essere cambiato senza troppi contraccolpi. E se l'azionista deciderà in tal senso, uno che di certo non disdegnerebbe l'incarico è Giuseppe Lasco, attuale braccio destro di Matteo Del Fante in Poste. Per Lasco si tratterebbe in realtà di un ritorno (pare molto poco gradito dai dipendenti del Gestore della rete) dal momento che il manager prima di seguire Del Fante in Poste ha lavorato per un decennio proprio in Terna, prima con Flavio Cattaneo poi con lo stesso Del Fante. Quanto a Del Fante, i buoni risultati della gestione, ma soprattutto l'ottimo rapporto con il M5s (cosa che lo avrebbe fatto cadere in disgrazia presso Renzi), potrebbero essere un buon viatico per la conferma. Su di lui incombe minacciosa l'ombra di Fabrizio Palermo, attuale numero uno di Cassa depositi e prestiti, che pur non essendo in scadenza, viene spesso tirato per la giacchetta da più parti.
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson