Davanti alla resa di «Sandokan», Giuseppi accusa il governo di delegittimare i magistrati. Una scemenza contro un premier che ha visto finire la latitanza di Matteo Messina Denaro e ha affidato la polizia a Vittorio Pisani, nemico numero uno dei Casalesi.Non so se Francesco Schiavone abbia deciso di vuotare il sacco perché pentito di aver avere fatto parte di una banda criminale o perché parlare con i magistrati, rivelando mezzo secolo di omicidi e traffici illegali, era il solo modo di uscire di galera e di non morire in solitudine dietro le sbarre. Personalmente, propendo per la seconda ipotesi, in quanto i pentimenti tardivi mi sono sempre sembrati sospetti. Venticinque anni in cella sono tanti e a 70 anni sai che se ti va bene ne hai altri 25 da trascorrere come i precedenti senza poter fare nulla se non aspettare l’ora d’aria e la visita di un parente. Tuttavia, a prescindere da quale sia la ragione che ha spinto il capo della camorra a decidere di parlare, un fatto mi pare certo. Se l’attuale governo appena insediato non avesse confermato le misure dell’ergastolo ostativo, negando i benefici di legge che consentono anche a chi si è macchiato di reati gravi come l’omicidio di ottenere permessi premio, sconti di pena o la possibilità di svolgere un lavoro in regime di semilibertà, «Sandokan» quasi certamente non si sarebbe mai «pentito». L’ergastolo ostativo è un provvedimento d’emergenza, che fu introdotto nel nostro ordinamento più di 30 anni fa dopo le stragi di mafia. In pratica, il governo dell’epoca ripristinò il «fine pena mai», accompagnando la norma con una serie di misure che escludevano per il detenuto condannato per reati associativi come mafia, camorra e ’ndrangheta la possibilità di avere contatti con il mondo esterno e i benefici di legge.Contro l’ergastolo ostativo si sono schierati fior di intellettuali e in genere anche la sinistra, che - ritenendo ormai superata la stagione emergenziale - sostenevano la necessità di tornare a un regime di carcerazione più umano e in linea con i principi costituzionali che vorrebbero la detenzione non uno strumento punitivo, ma di rieducazione del reo, per poi consentirne il reinserimento della società.Ma al contrario di ciò che avrebbero desiderato Roberto Saviano e i suoi compagni, il governo Meloni nel suo primo decreto confermò l’ergastolo ostativo per cui mafiosi, camorristi e ’ndranghetisti continuano ad avere davanti a sé la prospettiva di una detenzione perpetua e di vedersi aprire la porta della cella solo da morti.Tutto ciò dunque, rende ancora più ridicolo il commento con cui il capo dei 5 stelle ha accompagnato la notizia del pentimento di Schiavone. Invece di complimentarsi con i magistrati e con l’attuale maggioranza di governo, Giuseppe Conte se n’è uscito con il solito pippone, denunciando l’allentamento della lotta alla mafia e l’isolamento dei magistrati che combattono la criminalità organizzata eccetera. Ci sarebbe da ridere, dicevo, se a parlare non fosse un ex premier dal quale ci si aspetterebbe un minimo di aderenza alla realtà. Capisco che l’avvocato di Volturara Appula sbavi dal desiderio di ritornare a Palazzo Chigi, ma non credo che inventarsi curiose teorie lo agevolerà nella manovra.Come dicevo, appena insediatosi l’esecutivo ha confermato l’ergastolo ostativo, non concedendo sconti a mafiosi e camorristi, e già questo è un segnale inequivocabile, soprattutto se si considera che i boss fecero ogni cosa per ottenere un allentamento del regime di carcere duro. Non starò a ricordare che, nel passato, l’inasprimento delle misure contro la mafia e le altre organizzazioni criminali fu deciso sempre da governi di centrodestra, nonostante negli ultimi decenni la narrazione di giornali e tv abbia preferito ignorare la cosa e descrivere una realtà inventata. Ma anche senza passare in rassegna la legislazione degli ultimi 30 anni, credo che basti ricordare un paio di episodi. La latitanza di Matteo Messina Denaro, la primula rossa della mafia, è stata interrotta qualche mese dopo l’insediamento di Giorgia Meloni, non prima. E la nomina alla guida della polizia di Vittorio Pisani, il capo della squadra mobile che più contribuì allo smantellamento del clan dei Casalesi, è pure avvenuta dopo la vittoria elettorale del centrodestra. Con Silvio Berlusconi al governo si pose fine alla latitanza di molti boss, a cominciare da quella di Bernardo Provenzano, il capo dei capi, e la caccia ai peggiori criminali continua con l’attuale presidente del Consiglio. Da quando Giorgia Meloni è a Palazzo Chigi sono stati arrestati 205 affiliati a Cosa nostra e alla Stidda, 869 ’ndranghetisti, 598 camorristi e 357 appartenenti alla criminalità pugliese. Dunque, raccontare agli italiani che questa maggioranza sta trascurando la lotta alla criminalità organizzata e sta delegittimando i magistrati antimafia, come dice Conte, non è soltanto ridicolo, ma è una scemenza. Una delle tante che si aggiunge alla carriera di un presidente del Consiglio da barzelletta, uno che oltre ad aver fatto ridere i partner durante i vertici internazionali (copyright Jean Claude Juncker), continua a far piangere i conti degli italiani (copyright della Ragioneria generale dello Stato sugli effetti del superbonus). Insomma, uno che dovrebbe tenere la bocca chiusa.
Antonio Scurati (Ansa)
Eccoli lì, tutti i «veri sapienti» progressisti che si riuniscono per chiedere all’Aie di bandire l’editore «Passaggio al bosco» dalla manifestazione «Più libri più liberi».
Sono tutti lì belli schierati in fila per la battaglia finale. L’ultima grande lotta in difesa del pensiero unico e dell’omologazione culturale: dovessero perderla, per la sinistra culturale sarebbe uno smacco difficilmente recuperabile. E dunque eccoli, uniti per chiedere alla Associazione italiana editori di cacciare il piccolo editore destrorso Passaggio al bosco dalla manifestazione letteraria Più libri più liberi. Motivo? Tale editore sarebbe neofascista, apologeta delle più turpi nefandezze novecentesche e via dicendo. In un appello rivolto all’Aie, 80 autori manifestano sdegno e irritazione. Si chiedono come sia possibile che Passaggio al bosco abbia trovato spazio nella fiera della piccola editoria, impugnano addirittura il regolamento che le case editrici devono accettare per la partecipazione: «Non c’è forse una norma - l’Articolo 24, osservanza di leggi e regolamenti - che impegna chiaramente gli espositori a aderire a tutti i valori espressi nella Costituzione italiana, nella Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea e nella Dichiarazione universale dei diritti umani e in particolare a quelli relativi alla tutela della libertà di pensiero, di stampa, di rispetto della dignità umana? Poniamo quindi queste domande e preoccupazioni all’attenzione dell’Associazione italiana editori per aprire una riflessione sull’opportunità della presenza di tali contenuti in una fiera che dovrebbe promuovere cultura e valori democratici». Memorabile: invocano la libertà di pensiero per chiedere la censura.
Olivier Marleix (Ansa)
Pubblicato post mortem il saggio dell’esponente di spicco dei Républicains, trovato impiccato il 7 luglio scorso «Il presidente è un servitore del capitalismo illiberale. Ha fatto perdere credibilità alla Francia nel mondo».
Gli ingredienti per la spy story ci sono tutti. Anzi, visto che siamo in Francia, l’ambientazione è più quella di un noir vecchio stile. I fatti sono questi: un politico di lungo corso, che conosce bene i segreti del potere, scrive un libro contro il capo dello Stato. Quando è ormai nella fase dell’ultima revisione di bozze viene tuttavia trovato misteriosamente impiccato. Il volume esce comunque, postumo, e la data di pubblicazione finisce per coincidere con il decimo anniversario del più sanguinario attentato della storia francese, quasi fosse un messaggio in codice per qualcuno.
Roberto Gualtieri (Ansa)
Gualtieri avvia l’«accoglienza diffusa», ma i soldi andranno solo alla Ong.
Aiutiamoli a casa loro. Il problema è che loro, in questo caso, sono i cittadini romani. Ai quali toccherà di pagare vitto e alloggio ai migranti in duplice forma: volontariamente, cioè letteralmente ospitandoli e mantenendoli nella propria abitazione oppure involontariamente per decisione del Comune che ha stanziato 400.000 euro di soldi pubblici per l’accoglienza. Tempo fa La Verità aveva dato notizia del bando comunale con cui è stato istituito un servizio di accoglienza che sarà attivo dal 1° gennaio 2026 fino al 31 dicembre 2028. E ora sono arrivati i risultati. «A conclusione della procedura negoziata di affidamento del servizio di accoglienza in famiglia in favore di persone migranti singole e/o nuclei familiari o monogenitoriali, in possesso di regolare permesso di soggiorno, nonché neomaggiorenni in carico ai servizi sociali», si legge sul sito del Comune, «il dipartimento Politiche sociali e Salute comunica l’aggiudicazione del servizio. L’affidamento, relativo alla procedura è stato aggiudicato all’operatore economico Refugees Welcome Italia Ets».
2025-12-03
Pronto soccorso in affanno: la Simeu avverte il rischio di una crisi strutturale nel 2026
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iStock
Secondo l’indagine della Società italiana di medicina d’emergenza-urgenza, dal 2026 quasi sette pronto soccorso su dieci avranno organici medici sotto il fabbisogno. Tra contratti in scadenza, scarso turnover e condizioni di lavoro critiche, il sistema di emergenza-urgenza rischia una crisi profonda.
Il sistema di emergenza-urgenza italiano sta per affrontare una delle sue prove più dure: per molti pronto soccorso l’inizio del 2026 potrebbe segnare una crisi strutturale del personale medico. A metterne in evidenza la gravità è Alessandro Riccardi, presidente della Simeu - Società italiana di medicina d’emergenza-urgenza - al termine di un’indagine che fotografa uno scenario inquietante.






