2018-12-02
Conte fa l’ambientalista per mediare con l’Ue
Il premier si converte all'accordo di Parigi: un favore a Bruxelles che vuole lasciare gli Usa isolati sul tema climatico. In cambio spera di avere qualche margine di manovra in più nella trattativa sul deficit. Incontro con Bin Salman: vero tema, gli armamenti.Depositati solo nella notte gli emendamenti del governo, slitta a martedì l'arrivo del provvedimento in Aula. Luigi Di Maio smentisce la riduzione del reddito a 500 euro. Accordo con le Regioni per i soldi alla salute e l'edilizia.Lo speciale contiene due articoli.Strette di mano, selfie e bilaterali. Il vertice del G20 in Argentina è stato caratterizzato da enormi tensioni, quasi tutte nella sfera del non detto. I nemici storici si stringono la mano. Gli storici alleati si accoltellano alle spalle. Basti pensare alle tensioni e gli scontri tra Arabia Saudita, Stati Uniti e Turchia sul tema dell'uccisione del giornalista saudita Jamal Khashoggi.La Turchia, che ha scoperchiato il caso, dice di averlo fatto in nome dei diritti umani. La sola dichiarazione fa sorridere, e spiega come si voglia spezzare la relazione preferenziale tra Riad e Washington. Stesso discorso vale per i dazi tra gli Stati Uniti e la Cina, e per la proposta di infrazione avanzata da Bruxelles nei confronti dell'Italia. Tutti temi che si trasformano in convitati di pietra, e dimostrano come l'assemblea del G20 ospiti un quadro magmatico in via di ridefinizione. Troppo presto per dire chi starà con chi fra due anni. Nel frattempo, ciascuna delle parti in causa ha la necessità di rispondere alla propria opinione pubblica, ai propri azionisti (vedi l'Arabia) o elettori. È il caso dell'Italia e dell'Europa.Finché Roma non capirà quanto e fino a che punto gli Stati Uniti vorranno coprirci le spalle, dovrà in ogni caso accettare di imbarcarsi in un valzer poco romantico con i rappresentanti di Bruxelles. «Non rinunciamo alla prospettiva delle riforme. Anche l'Unione europea è entrata in quest'ottica», ha detto il presidente del consiglio, Giuseppe Conte. Ai giornalisti che gli hanno chiesto se sia ancora più fiducioso che con l'Ue una soluzione possa essere trovata e che quindi non ci sarà la procedura di infrazione, Conte ha risposto: «Ogni volta che ci si alza da un tavolo di negoziazione, dandosi la mano e guardandosi negli occhi in modo sereno, si fa un passo avanti». Il riferimento era all'incontro appena concluso poco prima con Jean Claude Juncker, il presidente della Commissione Ue. «Sono il garante del patto sociale e politico con i cittadini che è nato in campagna elettorale, si è rinsaldato nel contratto di governo e anche in tema di politica economica complessiva», ha aggiunto dicendo che ci deve essere il «rispetto di quelle riforme che devono assicurare equità e stabilità sociale e crescita economica». Quale sarà il punto di caduta in termini decimali possiamo immaginarlo. Bruxelles vuole poter sostenere la vittoria nel braccio di ferro sui conti. Al clan di Juncker non importa in alcun modo il contenuto della legge Finanziaria. Importa solo poter affermare di aver tagliato il deficit, e averlo riportato a una percentuale vicina al 2. I gialloblù vorrebbero poter portare il deficit più vicino al 2 senza dichiararlo apertamente. Fa parte dei paradossi delle campagne elettorali. I rallentamenti nell'applicazione del reddito di cittadinanza, le modalità di realizzazione dello stesso compreso l'ampiezza del perimetro faranno la differenza ai fini del calcolo del deficit effettivo. Non solo. Al momento, la manovra contiene nero su bianco una dato negativo sul debito strutturale. Portare il reddito di cittadinanza dentro le aziende (trasformare l'assegno in un incentivo) avrebbe il vantaggio di sminare il dato sul debito strutturale. Il contratto di governo parla genericamente di «politiche attive». Quindi il suggerimento leghista (sebbene smentito da Luigi Di Maio) non romperebbe alcun vincolo e sarebbe il cavallo di Troia per trovare l'equilibrio tra Roma e Bruxelles. Si comincerà a capire qualcosa di più già domani, quando si riunirà l'Eurogruppo, ma le idee si chiariranno soltanto il 13 dicembre con l'Ecofin. Conte ieri ha pensato bene di trasformarsi in ambientalista per lanciare un amo nei confronti di Bruxelles. Si è espresso a favore dell'accordo di Parigi sul clima. Nel suo intervento alla sessione di lavori, il premier italiano ha detto che l'accordo rimane «la stella polare» per ciò che concerne i cambiamenti climatici. Conte ha sottolineato l'urgenza di accelerare il processo di avvicinamento ai Sustainable developement goals (Sdgs), cioè gli obiettivi di emissione prefissati dalle Nazioni Unite per il 2030. La posizione italiana si discosta nettamente da quella americana, ed è chiaramente opportunistica. La Francia e Bruxelles desideravano il sostegno italiano per lasciare isolato Donald Trump. Ci risulta che tale favore sarà fatto pesare in sede di Ecofin quando si dibatterà di nuovo del nostro deficit. Nel frattempo, resta il tira e molla politico che nasconde le vere attività diplomatiche. Comprese quelle dell'Italia. Un esempio su tutti è l'incontro riservato tra Conte e il principe saudita Mohammed Bin Salman. Il giorno precedente la delegazione italiana aveva fatto presente di voler chiedere garanzie al capo di Riad di essere estraneo all'uccisione di Khashoggi. In realtà, a quanto risulta alla Verità, durante l'incontro si è discusso soprattutto di un altro tema: le armi. L'Arabia saudita avrebbe chiesto rassicurazioni affinché il nostro Parlamento non la infili nella lista nera (un rumor che gira da qualche mese) al posto della Cina. Sarebbe un cambio storico ed enorme, che però ci metterebbe in contrasto con gli Usa. Bin Salman avrà voluto accertarsi che il rumor resti tale.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/conte-fa-lambientalista-per-mediare-con-lue-2622088074.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="ultime-limature-per-la-manovra-ma-da-subito-2-miliardi-per-la-sanita" data-post-id="2622088074" data-published-at="1757651365" data-use-pagination="False"> Ultime limature per la manovra, ma da subito 2 miliardi per la sanità Il vicepremier e ministro del Lavoro e dello Sviluppo Luigi Di Maio blinda il reddito di cittadinanza nonostante le critiche di chi sostiene che non vi siano le coperture sufficienti per arrivare agli ormai noti 780 euro. Ieri diversi organi di stampa hanno sottolineato che l'assegno da 780 euro ipotizzato dal governo per il reddito di cittadinanza scenderà in realtà a quota 500 euro perché non ci sarebbero le coperture sufficienti per far fronte alle esigenze di tutti i richiedenti. Alle ipotesi di stampa ha poi fatto seguito anche il vicepresidente della Camera, Mara Carfagna, intervistata da Maria Latella: «Bellissimo dire che ci sarà chi prenderà 780 euro al mese senza lavorare», dice l'ex ministro per le Pari opportunità, «ma quell'entrata non sarà nemmeno di 500, perché nove milioni di euro non bastano. Mancano i soldi per dare il reddito di cittadinanza a cinque milioni di persone che vivono sotto la soglia della povertà». Non ci è voluto molto perché ieri arrivasse subito una secca smentita da parte del governo: l'abbassamento da 780 a 500 euro per il sussidio ai disoccupati non è mai stato nemmeno preso in considerazione. «Ogni giorno ci sono nuove ipotesi sul reddito di cittadinanza. Il reddito come è partito così arriva», ha sottolineato ieri il vicepremier Luigi Di Maio. «È un provvedimento che arriverà alle persone che vorranno mettersi in gioco per trovare lavoro e noi, come Stato, gli proporremo un lavoro e se non lo accetteranno perderanno il reddito», ha sottolineato Di Maio. «È una misura, di politiche attive del lavoro che tra l'altro darà sgravi alle imprese che assumeranno dalla platea del reddito di cittadinanza», ha aggiunto. «Se un'impresa assume chi prende il reddito, avrà uno sgravio fiscale pari al reddito di cittadinanza che prendeva quella persona». Proprio in tema di imprese, ieri Di Maio ha anche ricordato che «è vero quello che dice la Cgia che dal 2019 ci saranno 6,5 miliardi di tasse in più per le imprese. Ma riguarderanno solo le banche, le assicurazioni e le società del settore del gioco d'azzardo. Invece dal 2019 per il 99,9% delle imprese italiane, cioè pmi e le altre grandi imprese è previsto un taglio delle tasse di 500 milioni», cifra che «salirà nel 2020 a due miliardi di euro e a quattro miliardi di euro nel 2021». Resta dunque il fatto che il reddito di cittadinanza rappresenta l'ago della bilancia del rapporto deficit/Pil che tanto spaventa l'Ue. Un provvedimento di cui si è parlato molto ma che, al momento, non c'è ancora tra i testi della manovra. La speranza era che si potessero avere maggiori dettagli ieri sera, quando alle 19 era atteso in commissione il pacchetto delle proposte di modifica dell'esecutivo, ma il termine non è stato rispettato. Secondo fonti contattate dalla Verità, lo sbarco in Aula dovrebbe essere fissata per martedì 4, ma finché gli emendamenti non vedranno la luce non se ne può essere certi. L'unica certezza, dunque, è che la cifra prevista, 780 euro, non cambierà. Sempre in tema di legge di bilancio, poi, ieri è stato il giorno in cui il presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, Stefano Bonaccini (dal 2014 presidente dell'Emilia Romagna in quota Pd), ha sintetizzato alcuni degli esiti dell'accordo governo-Regioni in materia di sanità. «Non c'è alcun incremento del fondo sanitario per il 2019», ha detto Bonaccini, «ma c'è la garanzia scritta, nero su bianco, di un aumento di due miliardi per il 2020 e di 1,5 miliardi per il 2021 e soprattutto ci sono ulteriori due miliardi, da subito, per gli investimenti in sanità, in particolare per l'edilizia sanitaria», spiega. «Per l'abbattimento delle liste d'attesa, anche se non ci sono tutte le risorse indispensabili, c'è indubbiamente un migliore dimensionamento del budget che passa da 50 a 150 milioni nel 2019». L'accordo raggiunto, quindi, è un passo in avanti rispetto a quelli firmati dai precedenti governi. È lo stesso Bonaccini a sottolinearlo. «Quella che il governo si appresta a sottoporre al Parlamento, in materia di sanità, non è certo la manovra che come Regioni chiedevamo, ma l'accordo sottoscritto, grazie all'azione di sensibilizzazione dell'esecutivo che abbiamo portato avanti, rappresenta un passaggio importante rispetto alle proposte iniziali del governo, a dimostrazione che il confronto che abbiamo preteso aiuta», spiega. «Se non possiamo ritenerci pienamente soddisfatti è anche perché, come Regioni, dovremo farci carico di uno sforzo molto importante, e non è purtroppo la prima volta in questi anni. Voglio comunque dare atto ai sottosegretari Giorgetti e Garavaglia e alla ministra Grillo di aver riconosciuto le nostre ragioni e di essersi fatti carico delle risposte più impellenti». Se però il governo continua a non mettere nero su bianco tutti questi propositi (a meno di un mese dalla fine della partita sulla manovra), il dubbio che viene è che trasformare le promesse in realtà non sia sempre così facile.