2021-02-11
Conte e Agnelli, l’amore tradito finito in una triste zuffa da stadio
Antonio Conte e Andrea Agnelli in una foto d'archivio (Ansa)
Il presidente e l'allenatore hanno vinto molto assieme. Ma dopo il divorzio è stata guerra, fino agli insulti durante la semifinale di Coppa Italia Juventus-Inter, su cui si è pronunciato oggi il giudice sportivo.Troppo comodo, per chi coltivasse vaghe reminiscenze di filosofia, scomodare il principio di non contraddizione caro a Parmenide: ciò che è stato, è, non può non essere. L'apparenza ci mostra il contrario. A volte, ciò che è stato, non è più. Nei sentimenti, nel lavoro, nel calcio. Nei sentimenti sbocciati sul campo da calcio, che della vita è sintesi cruda. Martedì sera allo Juventus Stadium di Torino, durante il ritorno della semifinale di Coppa Italia tra Juventus e Inter - pareggio a reti inviolate, qualificazione per i bianconeri - è andato in scena l'epilogo furibondo di un rapporto, quello tra Andrea Agnelli e Antonio Conte, sbocciato anni fa con le qualità rosee del sodalizio inattaccabile. Lo si è capito fin dal primo tempo, con un'ammonizione comminata al giocatore nerazzurro Matteo Darmian che ha innervosito il tecnico, innescando un primo battibecco tra lui e la panchina juventina, culminato con il dito medio rivolto dal salentino alla dirigenza avversaria. Lo scambio di convenevoli è proseguito durante l'intervallo, Conte e Lele Oriali da una parte, Fabio Paratici e sodali dall'altra. Fino al fischio finale, quando il presidente della Juve Andrea Agnelli, intascata la vittoria, scendendo le scale della tribuna verso il campo, col labiale a favor di telecamera nel silenzio dello stadio vuoto, avrebbe detto: «Ora stai zitto, co...», terminando la frase con uno schietto raffronto tra Antonio Conte e le gonadi maschili. Oggi il giudice sportivo si pronuncerà sull'accaduto, una volta acquisiti i referti. La sanzione nei confronti di Conte potrebbe riguardare il divieto a sedere in panchina nel prossimo turno di Coppa Italia. Per i dirigenti bianconeri, già in occasione della finale di quest'anno. Ma è anche possibile che scatti una squalifica a tempo, valida pure per il campionato. Aleggia persino l'ipotesi, meno probabile, che vi siano state violazioni dell'articolo 39 del Codice di giustizia sportiva, con sanzioni più rigide. C'è chi si è affrettato a scorgere analogie tra lo scontro Conte-Juventus di questa settimana e la scaramuccia del derby Inter-Milan tra Zlatan Ibrahimovic e Romelu Lukaku di due settimane fa, sulla quale la giustizia sportiva deve ancora pronunciarsi. La differenza sostanziale tra i due episodi è che, se durante la sfida tra le squadre milanesi, la zuffa è avvenuta tra due pari grado, in questo caso i livelli erano distinti: un ex dipendente si scontra con quello che fu il suo datore di lavoro. Del resto, il rapporto tra Antonio Conte e Andrea Agnelli (quest'ultimo tra l'altro è stato appena sentito dai pm di Perugia come persona informata sui fatti per il caso Suarez) affonda le radici in un passato lontano. Dopo una carriera prestigiosa come centrocampista della Juventus per tredici stagioni e l'inizio della gavetta come allenatore, il corteggiamento di Agnelli nei confronti del tecnico fu serrato. Si dice che il presidente rimase colpito dal colloquio avuto con il salentino quando questi allenava il Siena, neopromosso in Serie A: gli avrebbe affidato la panchina bianconera, puntando su di lui per la rinascita dopo qualche annata deludente e la parentesi in Serie B. La fiducia nei confronti di Conte era tale da fargli mettere da parte un'uscita infelice del suo passato. Campionato di Serie B 2006/2007, il primo dopo Calciopoli, ultima giornata. i bianconeri perdono i casa contro lo Spezia e i liguri si salvano dalla retrocessione in serie C a scapito dell'Arezzo allenato da Conte, che commenta sibillino: «Rispetto tanto i tifosi juventini, ma poco la squadra. Retrocedere così fa male, ma mi fa capire alcune cose che già sapevo». L'incidente fu dimenticato. Conte si accomodò sulla panchina bianconera, vincendo uno scudetto da imbattuto e conquistandone un secondo, nonostante la squalifica di quattro mesi per una vicenda di calcioscommesse. Poi arrivò lo scudetto dei record, oltre 100 punti in Serie A, malgrado l'uscita prematura dalla Champions League e l'eliminazione da un'Europa League accessibile. L'allenatore iniziava a mal digerire la campagna acquisti. «Non si può mangiare in un ristorante da 100 euro con 10 euro in tasca», fu la frase che scatenò il divorzio. Conte sosteneva che primeggiare in Europa senza rinforzi adeguati sarebbe stato impossibile, lasciò Torino nell'estate 2014 accasandosi sulla panchina della Nazionale, rimpiazzato da Massimiliano Allegri, che centrò due finali di Champions League. Quell'abbandono a stagione già iniziata, un voltafaccia in piena regola, Andrea Agnelli e John Elkann non l'hanno mai mandato giù. Più volte, nelle stagioni successive, Conte ha provato a tornare alla Juventus insistendo con gli amici Nevded e Paratici. Ma al termine dell'era Allegri, gli verrà preferito Maurizio Sarri. L'approdo sulla panchina dell'Inter segnerà il divorzio umano definitivo, culminato con gli insulti di martedì sera. C'è chi, parafrasando Antonello Venditti, insiste nel ricordare che gli amori non finiscono, fanno solo grandi giri prima di ritornare. Se è così, il giro pare ancora lungo. E impervio per entrambi. Da un lato, Agnelli deve fronteggiare i giornalisti francesi de L'Equipe, che in un articolo di ieri hanno stigmatizzato le sue intenzioni di caldeggiare la famigerata Superlega Europea, un campionato continentale tra grandi squadre capace di relegare le realtà provinciali verso l'inconsistenza sportiva. Dall'altro, Conte dovrà gestire le difficoltà della proprietà cinese Suning a investire nell'Inter.
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