2019-02-13
Conte a Strasburgo dà una lezione all’Ue. E fa uscire di testa l’ultrà Verhofstadt
Il premier elenca i rischi di disgregazione. Il capo dell'Alde lo insulta: «Burattino dei suoi vice». Matteo Salvini: «È vergognoso. Le élite europee contro le scelte dei popoli. Preparate gli scatoloni».Giornata dai due volti per Giuseppe Conte. In mattinata, un vertice con Matteo Salvini, Enzo Moavero, Riccardo Fraccaro e Giancarlo Giorgetti, con un'imbarazzante sedia vuota, quella di Luigi Di Maio, scomparso e silente dopo il voto abruzzese. Sul tavolo, i nodi Tav e Venezuela, tema - quest'ultimo - su cui il ministro degli Esteri era atteso alla Camera e al Senato. Ci sono voluti dieci giorni, ma alla fine l'Italia si è sostanzialmente allineata (manca un ultimo passo, come vedremo) agli Usa e alla comunità internazionale sul Venezuela. In Aula Moavero si è liberato delle scorie introdotte nel dibattito dai grillini Alessandro Di Battista e Manlio Di Stefano, e ha espresso una posizione più chiara: «Il governo ritiene che le scorse elezioni presidenziali non attribuiscano legittimità democratica a Nicolas Maduro». Dunque, la richiesta «al più presto di elezioni presidenziali democratiche, libere, trasparenti e credibili», visto che le ultime «sono state inficiate nella loro correttezza, equità e legalità». Sintetizzando: sconfessione del regime di Maduro e riconoscimento dell'assemblea nazionale, presieduta dal capo dell'opposizione Juan Guaidò. L'ultimo tassello che manca (lo ha fatto notare l'Istituto Friedman, che in Italia sostiene la causa della libertà per il Venezuela) è il riconoscimento esplicito del ruolo di Guaidò come interlocutore ufficiale. Dal canto suo, il dittatore Maduro prosegue nel suo arrocco disperato, dicendo no a elezioni e aiuti umanitari: «Gli aiuti», ha fatto sapere, sono «parte di una farsa», il pretesto per consentire agli Usa di intervenire. «Non vogliamo le loro briciole, il loro cibo tossico, i loro avanzi». Il tutto in un paese che, sotto il suo regime, manca di medicinali, ha l'inflazione al 1000%, e stipendi equivalenti a 3-4-5 euro, con la popolazione allo stremo. Nel pomeriggio, Conte si è spostato a Strasburgo, dove, dopo un faccia a faccia con Jean Claude Juncker (in cui il lussemburghese ha accettato un invito a Roma per il prossimo primo aprile) ha preso la parola davanti al Parlamento europeo, che ogni mese invita un leader a discutere del futuro dell'Ue. E nell'emiciclo a lui ostile di Strasburgo (per l'occasione, con larghissimi vuoti) si è materializzata una sorpresa, con un discorso di Conte notevole e non scontato, di forte caratura politica. Dopo cinque minuti di omaggio formale ad un europeismo-soft (elogio della libertà di movimento delle persone, apprezzamento per la creazione di uno spazio giuridico europeo), Conte ha iniziato a picchiare in modo pesantissimo sulle certezze degli eurolirici. «L'edificio europeo attraversa una fase critica, il progetto ha perso la sua spinta propulsiva», ha detto Conte. «Non siamo riusciti a diventare compiutamente un popolo». E poi l'attacco più duro: «L'Europa ha sostenuto politiche di rigore anche a fronte di una fortissima compressione dei consumi, di una crisi economica senza precedenti; ha seguito la fredda grammatica delle procedure, con effetti devastanti». «Si è perso il contatto con il popolo, l'Ue è apparsa distante e oligarchica», ha proseguito il premier. Ma ora «il popolo europeo si è riaffacciato prepotentemente sul palcoscenico della storia, chiede di essere ascoltato: il distacco tra governanti e governati, se alimentato con il silenzio e l'indifferenza, può portare all'implosione del progetto». Conte ha proseguito portando almeno altri quattro colpi durissimi. Primo: il rapporto con Donald Trump («crediamo fortemente nel legame transatlantico con Washington»). Secondo: un cenno, senza neanche citare Emmanuel Macron, al recente scontro con la Francia: «I dissidi bilaterali sono il prodotto dell'incapacità europea di offrire soluzioni». Terzo: un lunghissimo passaggio sull'immigrazione, rimproverando all'Ue la mancanza di una strategia su Africa e flussi migratori. Quarto: un attacco pesante all'austerity, con un passaggio sarcastico verso Juncker. «Ho visto che Juncker ha definito avventata l'austerità praticata verso la Grecia. Molti di noi ne erano convinti da anni. Dobbiamo evitare che fra qualche anno qualcuno debba scusarsi per la mancata gestione dell'immigrazione e la perdita di coesione sociale». E infine la conclusione: serve una «nuova Europa, l'Europa del popolo». Avendo capito che gli eurodeputati si preparavano a processarlo, Conte ha scelto di andare all'attacco. Nel dibattito, i toni più sgradevoli sono venuti più velenoso di tutti, il belga Guy Verhofstadt, leader dell'Alde e filo Macron, che si è rivolto a Conte come «burattino di Salvini e Di Maio. Mi fa male vedere la degenerazione politica di questo Paese, iniziata 20 anni fa con Berlusconi e peggiorata con questo governo». E ancora altri insulti, pronunciati in italiano: «L'Italia è diventata il fanalino di coda dell'Europa. Un governo odioso verso gli altri stati membri, con Di Maio e Salvini veri capi di questo governo». Dura la replica di Conte: «Ha dato del burattino a chi rappresenta il popolo italiano, di cui sono orgoglioso di interpretare la voglia di cambiamento. È burattino chi risponde ai comitati d'affari». Gli dà man forte anche Salvini: «Vergognoso. Le élite europee contro le scelte dei popoli. Preparate gli scatoloni».