
Camera e Senato in seduta comune non hanno eletto il tecnico indicato dal premier. La mossa di Elly Schlein sull’astensione spiazza i grillini, che trattavano per la Rai.I conti non tornano, e soprattutto il Conte, e così Giorgia Meloni incassa una pesante battuta d’arresto: ieri mattina il parlamento riunito in seduta comune non ha eletto il giudice della Corte Costituzionale che manca da quando si è concluso il mandato di Silvana Sciarra. Esce così di scena, forse in maniera definitiva, Francesco Saverio Marini, consigliere giuridico della Meloni, autore della riforma del premierato, l’uomo che la premier aveva individuato come componente della Consulta. Per eleggerlo erano necessari i 3/5 dei voti dell’assemblea, ovvero 363: la maggioranza partiva sulla carta da circa 355 voti, ai quali si sarebbero aggiunti i vari transfughi di questa legislatura, a partire dalle tre fuoriuscite da Azione, Mara Carfagna, Mariastella Gelmini e Giusy Versace, riapprodate pochi giorni fa nel centrodestra. Quando si è capito che però dall’opposizione non sarebbe arrivato nessun «aiutino» coperto dal voto segreto, poiché il centrosinistra non avrebbe partecipato alla votazione, la Meloni ha ingranato la retromarcia, dando l’ordine ai suoi di votare scheda bianca, nel tentativo, probabilmente vano a questo punto, di non «bruciare» Marini. Alla fine il risultato è di 342 presenti, con 323 bianche, 9 voti dispersi e 10 schede nulle. Niente di fatto, quindi, e via libera alle dichiarazioni di pura propaganda: «Le opposizioni», azzarda Giovanni Donzelli, big di Fdi, «non possono abusare del nostro senso delle istituzioni e pensare di giocare a scegliere loro chi la maggioranza debba votare, perché questa non è democrazia. Se andiamo avanti su Marini? Questo lo decideremo noi, non la Schlein». Già, la Schlein: è stata Elly a mandare all’aria i piani della Meloni, proponendo alle opposizioni di non partecipare al voto e quindi di fatto impedendo che qualche esponente dell’opposizione potesse votare per Marini. «Per la prima volta», confida alla Verità una fonte estremamente informata sulla vicenda, «la Schlein ne ha fatta una giusta. Con la strategia della non partecipazione al voto, ha impedito a Giuseppe Conte di fornire a Marini i voti necessari all’elezione, in cambio della direzione del Tg3 per un suo uomo. In queste votazioni si devono mettere in conto sempre assenze e franchi tiratori, evidentemente la Meloni era certa che da sinistra sarebbero arrivati almeno 30 voti. Quando la Schlein ha deciso di non entrare in aula», aggiunge il nostro interlocutore, «ha messo spalle al muro Conte. Se il M5s avesse partecipato al voto a differenza delle altre opposizioni, il gioco sarebbe stato scoperto». E ora che succede? A quanto apprende la Verità, Marini non sarà riproposto, anche perché a questo punto la Meloni non può che aprire un tavolo con le opposizioni (del resto, il quorum dei 3/5, valido dopo la terza votazione andata a vuoto, mentre per le prime servono i 2/3, serve proprio a non lasciare alla sola maggioranza il potere di eleggere i giudici della Consulta). A dicembre scade il mandato, che dura nove anni, anche del presidente della Consulta, Augusto Barbera, e dei vice Franco Modugno e Giulio Prosperetti. Saranno quindi quattro i giudici costituzionali da eleggere, e per riuscirci sarà necessaria un’intesa che vada oltre il centrodestra. Tre alla maggioranza e uno all’opposizione? «Macchè», commenta con la Verità un big del Pd, «a dicembre l’unico giudice costituzionale eletto dal parlamento che resterà in carica sarà Luca Antonini, indicato dalla Lega. Quindi si dovrà ragionare su uno schema di 2 indicazioni di centrodestra e 2 di centrosinistra. Sarà una trattativa lunga e difficile». Ricordiamo che la Corte costituzionale è composta da quindici giudici. Perché la Corte possa deliberare, ricordiamolo, il collegio deve essere composto da almeno 11 membri. A dicembre, con la scadenza degli altri tre membri, i giudici costituzionali saranno appunto 11, col rischio concreto di una paralisi nel caso di un impedimento di uno dei componenti. «La compattezza delle opposizioni», commenta la Schlein, «ha fermato la forzatura che la maggioranza voleva fare. Ora accettino il dialogo con le opposizioni che si sono rifiutati di avere fino a qui. E quando intendo dialogo non intendo fare chiamate spicciole a parlamentari di opposizione per cercare dei voti per andare avanti sulla propria forzatura, intendo chiamare le forze di opposizione a un dialogo sulla composizione della Corte Costituzionale».
Leone XIV (Ansa)
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