2022-03-08
Consegnò i verbali di Amara a Davigo. Assolto Storari: non violò il segreto
Per il gup di Brescia, il passaggio di carte dal pm di Milano all’allora consigliere del Csm non costituisce reato. L’accusa aveva chiesto sei mesi, il minimo della pena. L’ex campione di Mani pulite è finito invece a processo.La consegna dei verbali dell’avvocato Piero Amara sulla loggia Ungheria all’ex consigliere del Csm Piercamillo Davigo «non costituisce reato». Ieri mattina il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Brescia Federica Brugnara ha assolto il pm Paolo Storari, che aveva scelto di essere giudicato con il rito abbreviato. Per lui i pm di Brescia Donato Greco e Francesco Milanesi avevano chiesto una condanna a sei mesi di reclusione, ovvero il minimo della pena. Il gup bresciano deve aver ritenuto che Storari, consegnando quei documenti a un membro del Csm, abbia valutato che il segreto istruttorio non fosse a rischio. A conti fatti, quindi, non sarebbe imputabile a lui la rivelazione del segreto d’ufficio che gli contestavano i magistrati bresciani. Questione che resta al momento tutta da discutere, invece, per Davigo. Il 20 aprile, infatti, l’ex componente del Csm, già rinviato a giudizio, dovrà affrontare la prima udienza del processo. Storari si era rivolto a lui per tutelarsi, in quanto riteneva che i suoi capi, l’ex capo della Procura milanese Francesco Greco (indagato per l’ipotesi di omissione di atti d’ufficio, la sua posizione è stata archiviata il 10 gennaio) e Laura Pedio traccheggiassero con le iscrizioni sul registro degli indagati. Concetti poi approfonditi durante gli interrogatori in Procura a Brescia, nei quali ha spiegato ai colleghi che le attività investigative erano rimaste ferme per mesi, senza deleghe alla polizia giudiziaria. Stando alla sua versione, non riuscì ad acquisire neppure i tabulati telefonici. E addirittura a quella richiesta si sarebbe sentito rispondere da Greco che sarebbe scattato un procedimento disciplinare. «Questi», argomentò Storari riferendosi ai suoi superiori, «si sono infrattati il fascicolo per cinque mesi», aggiungendo: «Non c’è un atto istruttorio per un anno e mezzo». Ragione per la quale Storari sostiene di essersi preoccupato non poco. «Questo (riferito ad Amara, ndr) ha cominciato a parlare a dicembre 2019, il fascicolo è andato a Perugia con quattro sit schifose, a gennaio 2021. Le sembra (rivolgendosi al procuratore di Brescia Francesco Prete, che lo stava interrogando, ndr) una cosa ammissibile con quelle dichiarazioni?». A quel punto si è chiesto: «Ma scusate, non è che dopo ci vado di mezzo io alle mancate iscrizioni?». E, così, ha deciso di parlare con Davigo, spiegando di averlo fatto in «autotutela».Ma ai colleghi bresciani Storari ha spiegato anche che quell’attività d’indagine la riteneva necessaria per fare subito una netta distinzione tra verità e calunnie contenute in quei verbali, ritenendo strano, inoltre, un certo dinamismo, invece, nell’utilizzare le dichiarazioni dell’ex avvocato del Cane a sei zampe nel processo Eni-Nigeria che coinvolgeva i vertici della compagnia petrolifera (alla fine tutti assolti). Risolta la questione penale, a Storari restano ora da affrontare il procedimento disciplinare pendente alla Procura generale della Cassazione e la procedura aperta al Csm per decidere sulla sua ipotizzata incompatibilità ambientale con la sede giudiziaria di Milano.Resta da chiarire la posizione di Davigo, che con quei verbali fece il giro delle sette chiese. È stato proprio l’ex consigliere del Csm a fare i nomi dei colleghi ai quali avrebbe anticipato le questioni o addirittura ai quali avrebbe fornito i verbali: al vicepresidente del Csm David Ermini, che ha dichiarato di essersi affrettato a distruggerli ritenendoli irricevibili (ma parlò della vicenda con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella); ai consiglieri del Csm Giuseppe Marra, Giuseppe Cascini, Ilaria Pepe, Fulvio Gigliotti e Stefano Cavanna; alle sue due segretarie Marcella Contraffatto (accusata di averli mandati ai giornalisti di Repubblica e del Fatto, che non li pubblicarono) e Giulia Befera; e al presidente della Commissione parlamentare antimafia Nicola Morra, durante un colloquio privato fuori, secondo l’accusa, da qualunque regola, con la finalità di motivare i contrasti insorti con il consigliere del Csm Sebastiano Ardita. Ma Davigo ne avrebbe parlato anche con il procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi. Ma questo episodio non è entrato nelle contestazioni che i pm hanno fatto a Davigo. Con lui Salvi, spiegò Davigo, «non mostrò alcuna sorpresa, segno che doveva essere stato già informato [...]», aggiungendo che «nessuno si è sognato di dirmi di formalizzare. Non lo fece Ermini e non lo fece Salvi [...] salvo poi prendersela con Storari». «Spero che questa decisione ponga fine al calvario a cui Storari è stato sottoposto per aver fatto il proprio dovere dal suo punto di vista», ha commentato a fine udienza il difensore di Storari, l’avvocato Paolo Della Sala. Che si è detto «soddisfatto», perché la sentenza restituisce equità a un ambito che è stato anche forse un po’ strumentalizzato da una certa stampa». Per il legale, insomma, l’assoluzione è piena e «priva di errori interpretativi».