2022-02-22
Per salvare il turismo siamo già in ritardo
Pasqua e Primo maggio alle porte, ma resta ignota la data di addio al lasciapassare. L’incertezza spinge i villeggianti a scegliere mete diverse, senza vincoli e restrizioni.Pare proprio che i turisti non li vogliamo. Siamo infatti alla mattina del 22 febbraio, ed è esattamente in questi giorni (se non l’hanno già fatto con ampio anticipo) che i turisti di mezzo mondo stanno prenotando le vacanze di Pasqua (17 aprile) e il ponte del Primo Maggio. Quanto a quelli italiani, vorrebbero farlo anche loro, magari aggiungendo pure il weekend lungo che porta al 25 aprile: ma basta guardarsi intorno per capire quanto i consumi interni siano tuttora drammaticamente rattrappiti, e quanto le nostre città abbiano un aspetto letteralmente spettrale. Tornando ai non italiani, la domanda sorge spontanea. Un turista straniero, desideroso di svago e divertimento, e non certo in cerca di angoscia e preoccupazioni, quale paese sceglierà per il suo break di primavera? Preferirà tutti i Paesi ormai totalmente riaperti, privi di restrizioni o comunque già dotatisi di scadenze certe e ravvicinate per il ritorno alla vita (dalla Spagna al Regno Unito, dalla Svizzera a Israele, per fare quattro esempi), o sarà così masochista da scegliere l’unico Paese, l’Italia, che ancora prevede vincoli e restrizioni, e il cui ministro della Salute imperversa in tv spargendo panico? Va detto che da settimane, meritoriamente, il titolare del Turismo, Massimo Garavaglia, spinge in direzione opposta: lo fa in primo luogo nella comunicazione, segnalando come «Paesi concorrenti» abbiano già fissato le date «per l’eliminazione delle restrizioni». E ancora ieri, Garavaglia ha pubblicamente richiamato «la necessità di un pieno ritorno alla vita e alla normalità e il fisiologico superamento delle misure restrittive». Di più: il ministro del Turismo, anche nel dibattito interno alla maggioranza e all’esecutivo, sta premendo affinché la cosiddetta road map annunciata da Mario Draghi l’altra settimana sia ufficializzata presto e soprattutto sia rapida. Senza giri di parole, Garavaglia si attende che in tempi veloci sia annunciato che, con il 31 marzo, finisca non solo lo stato di emergenza, ma ogni altra restrizione (green pass incluso), eccezion fatta per ciò che ha già un’altra data di scadenza (ad esempio, l’obbligo vaccinale, esteso fino al 15 giugno). Ma come si sa, è ancora Roberto Speranza (con il supporto dell’ineffabile Walter Ricciardi) a far pesare i suoi no, e a ribadire la volontà di far durare molte misure ben oltre il giro di boa del 31 marzo. In questo senso, c’è già un precedente che inquieta gli operatori turistici. Il 14 dicembre scorso, nell’imminenza del Natale, un’ordinanza aveva stabilito che, per arrivare in Italia da un Paese Ue, non sarebbe più bastato il green pass, ma sarebbe servito pure il risultato negativo di un tampone. E si ricorderà che, non essendo stata concordata con gli altri Paesi, la misura suscitò significative proteste in sede europea. Solo a fine gennaio Speranza si decise finalmente al contrordine: in base alla nuova ordinanza, infatti, dal 1º febbraio al 15 marzo, per arrivare da noi partendo da un altro paese Ue, è diventato sufficiente - si fa per dire - il green pass, senza più la necessità del tampone. A onor del vero, la virata fece seguito a un’ulteriore sollecitazione europea. Sempre a gennaio, infatti, il Consiglio dell’Unione Europea, con una raccomandazione, aveva chiesto ai Paesi membri di non affidarsi al criterio delle aree di rischio epidemiologico, ma di basarsi sulla condizione sanitaria delle singole persone. Tutto ciò, sempre a parere del Consiglio, per semplificare «considerevolmente le norme applicabili» e fornire «ai viaggiatori ulteriore chiarezza e prevedibilità». Avete capito? Ce lo siamo dovuti far dire dal Consiglio dell’Unione Europea, quando bastava ascoltare il buon senso di un ristoratore o anche semplicemente dell’ultimo turista. Tutto bene, quindi? Purtroppo no. Perché la decisione di fine gennaio è avvenuta «a babbo morto» rispetto alle vacanze di Natale e al cuore della stagione sciistica, contribuendo in modo determinante alla crisi di turismo, ristorazione, hotellerie. Ancora: perché anche dopo la decisione di fine gennaio, è rimasto il problema di chi proviene da fuori l’Ue. E infine: perché pure per chi proviene dall’Ue, la sola idea di aver ancora a che fare con green pass, mascherine al chiuso, quarantene lunghe in caso di positività, rappresenta un poderoso disincentivo a scegliere l’Italia. Ecco perché Garavaglia si attende almeno quattro decisioni. Primo: che non sia rinnovata la norma (scadenza 31 marzo: ma l’annuncio della mancata proroga dovrebbe essere il più possibile rapido) che impone il green pass rafforzato per alberghi e strutture ricettive, fiere, congressi, eventi. Secondo: che non sia rinnovato (scadenza sempre il 31 marzo) l’obbligo di green pass rafforzato per aerei, treni, navi, trasporto pubblico locale. Terzo: che si chiarisca presto quanto dureranno le restrizioni per i locali al chiuso. Quarto: che si alleggerisca il regime delle quarantene, altro elemento che getta comprensibilmente nel dubbio i turisti, timorosi di restare intrappolati lontano da casa. Ora tocca a Draghi far sapere a tutti, italiani e non, se è Speranza che impone la linea.
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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Chi ha inventato il sistema di posizionamento globale GPS? D’accordo la Difesa Usa, ma quanto a persone, chi è stato il genio inventore?