- La criminalità a Rio de Janeiro è cresciuta sensibilmente nell'ultimo anno. La violenza predatoria non risparmia gli stranieri, con una media di quasi 10 turisti assaliti ogni giorno.
- Le origini e la storia delle favelas di Rio, le «megalopoli della miseria» in mano al crimine organizzato.
La criminalità a Rio de Janeiro è cresciuta sensibilmente nell'ultimo anno. La violenza predatoria non risparmia gli stranieri, con una media di quasi 10 turisti assaliti ogni giorno. Le origini e la storia delle favelas di Rio, le «megalopoli della miseria» in mano al crimine organizzato.Lo speciale contiene due articoli.Rio de Janeiro ha sempre rappresentato nell’immaginario collettivo un luogo di vacanza fra il mare e la foresta, sorvegliata dall’enorme statua del Cristo Re ed adagiata sulle mitiche spiagge di Ipanema e Copacabana. Oggi però la grande città brasiliana è diventata una metropoli pericolosa, con interi quartieri in mano a gang criminali che non permettono a nessuno di avvicinarsi al proprio territorio. Basta uscire dalle zone strettamente turistiche per rischiare la vita o addirittura perderla come è successo a due turisti nel dicembre scorso. Il primo caso riguarda un argentino che insieme alla sua famiglia era arrivato a Rio de Janeiro proprio per visitare la statua del Cristo Re e per un errore del suo Gps satellitare era finito in una favela, una delle baraccopoli della città dove vive circa il 20% degli abitanti. La sua auto era subito stata bersagliata da colpi di arma da fuoco e lui era stato ferito gravemente, morendo poi in ospedale alla fine di gennaio. Il secondo caso riguarda una giovane donna venuta da San Paolo, altra megalopoli brasiliana, che stava viaggiando su un’auto del servizio Uber che sarebbe entrata in un’area controllata dalle bande. La donna è stata colpita al collo ed è morta praticamente sul colpo. Episodi che si sono ripetuti ancora, ma fortunatamente senza vittime, ma filmati e pubblicati sui social con persone imploranti di non essere uccise solo per essere finite nel posto sbagliato. Victor dos Santos è Segretario della Sicurezza dello Stato di Rio De Janeiro e descrive un quadro a tinte fosche. «La guerra fra le bande criminali che si contendono il controllo del territorio si è molto intensificata nell’arco del 2024, i nostri dati parlano chiaro. Gli ingressi delle favelas sono presidiati da uomini armati che sparano sulle auto che non conoscono o che non rispettano il codice di condotta che le gang impongono. Pretendono che le auto entrino a 20 km orari, con tutti i finestrini abbassati e con le luci accese per essere certi che non si tratti di elementi di una banda rivale che vuole invadere il loro territorio. Questa situazione è frutto di errori politici del recente passato quando si è dato troppo potere alle cosiddette milizie, gruppi di paramilitari di ex poliziotti che controllavano i quartieri ed erano antagonisti dei narcotrafficanti. Con il tempo queste milizie si sono rivelate altrettanto pericolose per lo stato e la polizia ha iniziato a combatterli. Ma intanto le gang di narcotrafficanti come il famigerato Comando Vermelho hanno dilagato approfittando della guerra fra lo stato e le milizie. Ora dobbiamo combattere questi gruppi e colpirli economicamente perché non abbiamo più finanziamenti per comprare armi». Nell’autunno scorso è stato licenziato il Segretario della Polizia Civile Marcus Amim, perché ritenuto colpevole di inerzia davanti a questa terribile ondata di violenza, ma la situazione non è migliorata. I dati del Public Security Institute (ISP) mostrano notevoli aumenti di rapine in strada, furti di veicoli e furti di telefoni cellulari tra gennaio e dicembre 2024, in particolare nella Zona Sud , soprattutto in quartieri come Botafogo e Flamengo, due nomi che scaldano i cuori degli appassionati di calcio brasiliano. Percentuali che parlano di una crescita di quasi il 20% delle rapine a mano armata per il proliferare di armi in tutto lo stato di Rio de Janeiro, armi che finiscono in mano a criminali sempre più giovani. I crimini sono leggermente calati nelle zone a più alta densità turistica, perché fortemente presidiate dalla polizia brasiliana, ma il centro cittadino e tutte le aree periferiche sono terreno di scontro con le bande. Stando ai dati del 2023 i turisti vittime di crimini sono comunque stati circa 3500, con una media di 9,5 al giorno e nel 2022 si erano verificati gli omicidi di un cittadino statunitense e di un cileno, mentre una donna ucraina era stata accoltellata, senza riportare gravi conseguenze. Nell’ottobre del 2022 anche due turisti italiani, finiti per errore nella baraccopoli di Manguinhos, erano stati feriti da colpi di arma da fuoco. Insieme ad altri tre uomini stavano cercando un distributore di benzina, quando la loro auto è stata crivellata di colpi. I due sono rimasti feriti, ma sono riusciti ad allontanarsi rapidamente raggiungendo l’ospedale più vicino. Sono oltre due milioni gli abitanti di Rio che vivono in queste condizioni e le proteste contro il governo federale sono ormai all’ordine del giorno. In molti chiedono l’intervento dell’esercito, accusando la polizia di fare troppo poco per la popolazione, concentrando le forze soltanto nelle aree più ricche e frequentate dai turisti. Il presidente brasiliano Lula ha dichiarato che non intende dichiarare nessun tipo di stato d’emergenza per la situazione a Rio de Janeiro perchè la sua applicazione nel 2018 non aveva portato a nessun risultato. Lula si è detto pronto a lavorare con i governatori che chiedono misure d’emergenza, ma senza concedere eccessivi poteri alla polizia che potrebbe arrivare ad entrare nelle favelas soltanto per uccidere, senza una base giuridica. Il governo federale ha stanziato nuovi fondi per riorganizzare la sicurezza nello stato di Rio de Janeiro, ma le gang sembrano ormai padrone di interi quartieri e pronte ad una vera e propria guerra.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/con-lula-peggiora-ancora-la-sicurezza-in-brasile-2671313708.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="le-favelas-di-rio-le-baraccopoli-che-nacquero-da-una-guerra-locale" data-post-id="2671313708" data-published-at="1741783530" data-use-pagination="False"> Le favelas di Rio: le baraccopoli che nacquero da una guerra locale All’origine delle favelas brasiliane ci sono il capo carismatico di una setta religiosa e una guerra locale. O, almeno, gli albori delle baraccopoli di Rio de Janeiro furono indirettamente dovuti a questi due elementi combinati. Siamo nel 1895, a ridosso della nascita della Repubblica brasiliana dopo la sconfitta della monarchia, nella regione di Bahia. Qui si era insediata una sacca di resistenza al nuovo Stato, capeggiata dal santone Antônio Conselheiro, un predicatore filomonarchico che aveva raccolto attorno a sé una folta schiera di ex contadini e ex schiavi, a cui aveva inculcato l’ossessione dell’origine demoniaca dei nuovi governanti del Brasile. La resistenza di Conselheiro e dei suoi seguaci durò quasi due anni, nei quali furono assediati dall’esercito regolare nella cosiddetta guerra di Canudos, nome della località occupata dai ribelli. I soldati brasiliani si attestarono su una collina, dove cresceva rigogliosa il Cnidosculus quercifolius, una pianta tipica della zona, dai locali chiamata «favela». La battaglia finì nel 1897 con la morte di Conselheiro, e la smobilitazione lasciò migliaia di soldati senza lavoro e senza tetto. Assieme agli ex schiavi la massa di diseredati mosse verso Rio de Janeiro, in cerca di fortuna. Qui iniziò a accamparsi in baraccamenti, nella zona collinare detta «Morro da Providencia», poi comunemente noto come «Morro da Favela» per la presenza dei reduci della guerra dei Canudos che avevano battezzato così la collina teatro dell’assedio. La favela del Morro da Providencia, costruita a ridosso del centro di Rio dopo che il governo aveva disatteso la promessa di provvedere alla sistemazione degli ex soldati, fu ingrossata negli anni successivi a causa della riforma urbanistica della allora capitale (sostituita da Brasilia nel 1960), voluta dal presidente Rodrigues Alves e dal sindaco Pereira Passos. La trasformazione di Rio sul modello europeo di Parigi portò alla demolizione di numerosi edifici popolari ne centro storico, per lasciare il posto alle grandi «avenue» che ricordavano la capitale francese. Ai suoi abitanti, non rimase che la collina della favela, che cresceva così senza piani regolatori e soprattutto senza alcun tipo di servizi. La situazione peggiorò ulteriormente con la crisi globale del 1929 e con la risposta del presidente populista Gètulio Vargas. Se la scelta dell’industrializzazione portò ad una forte crescita del Paese negli anni interbellici, determinò anche un massiccio esodo dalle campagne falcidiate dalla crisi dell’export dei prodotti agricoli. Il risultato fu un ulteriore ingrossamento delle popolazioni delle favelas di Rio, una sacca di forza lavoro per l’industria e i servizi della città trasferita da un’agricoltura che con la meccanizzazione richiedeva sempre meno addetti. L’urbanizzazione sregolata proseguì per tutti gli anni Cinquanta, ma nel 1960 Rio perse lo status di capitale, entrando in una fase di declino temporaneo. Nel 1964 un colpo di Stato portò al potere una giunta militare, che iniziò un programma di eradicazione forzata delle favelas per fare spazio a nuove costruzioni residenziali, una azione che porterà solo ad uno spostamento ancora più ai margini dell’area metropolitana del problema, acuito da una nuova urbanizzazione dovuta al periodo di crescita economica del Brasile. Alla fine del decennio, la politica di abbattimento delle baraccopoli di Rio fu abbandonata, lasciando una sacca di potenziale instabilità sociale. Negli anni Ottanta, la criminalità diventerà progressivamente la padrona delle favelas. L’origine dell’infiltrazione fu dovuta ad una interconnessione tra gli ex oppositori del regime ed il narcotraffico avvenuta nelle carceri di massima sicurezza. Il «Comando Vermelho» (comando rosso) inizialmente nato con intenti rivoluzionari nel contesto suburbano, si trasformò ben presto nel più potente gruppo criminale del Paese, radicandosi totalmente nelle favelas complice la fase di non intervento governativo seguita alla fine della dittatura. La guerra al narcotraffico delle Favelas prese piede negli anni Novanta, con violente operazioni di polizia, tra le quali spiccano quelle del BOPE (Batalhão de Operações Policiais Especiais), un Corpo d’élite della polizia militare, spesso criticato per l’uso indiscriminato della violenza. Per tutto il decennio e quello successivo le favelas carioca sono state un campo di battaglia. Tra gli scontri più famosi quello della favela del Complexo do Alemão nel 2010, dove si contarono oltre 50 morti accertati. Dal 2008 il governo ha introdotto nelle favelas le Unità di polizia pacificatrice (UPP-Unidades de Polìcia Pacificadora), per aumentare e mantenere il controllo sul territorio. Dopo i primi frutti positivi, a partire dal 2016 a causa della crisi economica e dei tagli il programma ha conosciuto un forte rallentamento, mentre le violenze incontrollate sono riprese con vigore dopo la pandemia di Covid-19. Un esempio sono stati i 28 morti della strage nella favela di Jacarezinho nel 2021. Ad oggi i dati stimano che in Brasile circa l’8% della popolazione sia costituito da «favelados».
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