2020-08-21
Con la trattativa dem-grillini si tocca il fondo
Nicola Zingaretti e Luigi Di Maio (Ansa)
In vista delle imminenti regionali, Pd e M5s non fanno neanche più finta di discutere di programmi: si mercanteggia sulle poltrone senza più ritegno. Il livello dell'operazione è rasoterra. La politica è sempre stata l'arte del compromesso, ma qui si sta esagerando.Che cosa vuoi per non candidarti? La vicepresidenza? L'assessorato al Bilancio? L'assessorato alla Sanità? L'assessorato alla Sanità e l'assunzione di tua cugina? L'assessorato ai Trasporti e l'assunzione di due cugine? L'assessorato ai Trasporti, l'assunzione di due cugine e una consulenza a tuo cognato? Ci aggiungiamo una pizza? Con la birra? Pizza quattro formaggi e doppia birra? Una cena completa, primo secondo e ammazzacaffè? Due poltroncine a scelta e l'assessorato ai Lavori pubblici? Più un caffè, un gettone di presenza e la promozione di tua zia? E, magari, un buono sconto al supermercato?Quello che sconvolge, nella trattativa tra Pd e 5 stelle per l'alleanza alle regionali, è il livello del degrado raggiunto. Davvero troppo basso anche per chi ormai in Italia si è abituato al peggio. Per carità: è vero che tutto ha un prezzo, nella vita. Ma non immaginavamo che il prezzo della politica fosse così basso. «Mi hanno offerto di essere sistemata a vita. Poltrone comode. E prestigio assicurato», ha detto la candidata grillina in Puglia, Antonella Laricchia, che finora ha stoicamente resistito a tutte le offerte. Che non saranno esattamente quelle da noi appena esplicitate in modo ironico, ma di poco si allontanano: pare che, in caso di ritiro dalla corsa, le abbiano proposto la vicepresidenza e l'assessorato alla Regione, minacciando invece meschine ritorsioni in caso di non ritiro. Anche nelle Marche la trattativa segue più o meno gli stessi binari. E anche lì, per il momento, il candidato grillino Gian Mario Mercorelli, sta resistendo alle proposte indecenti del Pd: vicepresidenza, assessorati, sottopanza e qualche piatto di lenticchie.Se tu dai una cosa a me, poi io do una cosa a te. Si sa che la politica è come il vecchio carosello, l'arte dello scambio e del compromesso. Non siamo proprio ingenui, da diversi anni ormai siamo qui in platea ad assistere al mesto spettacolo di mercanteggiamenti da suk. Ma ciò che colpisce in questo mercanteggiamento da suk è la miseria che lo circonda. Un conto, infatti, è fare un accordo politico di alto livello e poi distribuire gli incarichi necessari per attuarlo, come da sempre avviene in democrazia. Un conto è ridurre l'intero accordo politico alla sola spartizione delle poltrone, perché non c'è tempo per fare altro. Neppure per scrivere un finto contratto di governo. Neppure per mettere giù due o tre punti simbolici di accordo, uno straccio di programma, un volantino di facciata. Niente. Solo la trattativa sull'assessorato alla Sanità. Che tristezza.Così due partiti che fino all'altro giorno si insultavano e si confrontavano nelle aule giudiziarie («Mafiosi», «Incapaci», «Ladri di bambini», «Cialtroni», etc) ora si dovrebbero presentare insieme agli elettori forti di un unico percorso compiuto insieme: quello della spartizione delle cadreghe in Regione. Voi capite che è un po' dura, no? Cambiare idea è sempre possibile, d'accordo. Ma per cambiare idea bisognerebbe discutere almeno un po' di idee. Non soltanto di privilegi da accaparrarsi. Altrimenti è difficile anche solo salvare la faccia. M'immagino, per dire, la povera Laricchia: una vita passata a combattere contro la giunta Emiliano, a dire le peggio cose sul Pd locale, a denunciarne intrallazzi e consorterie. E poi all'improvviso, da un giorno all'altro, deve dire ai suoi sostenitori e amici: «Scusate, ho cambiato idea: votate per Emiliano, il Pd è immacolato». Immagino che quelli le domanderanno: scusa, ma che cosa ti ha spinto a cambiare idea? «Eh sai, mi sono sistemata per la vita». Ma come si fa? Se uno ha un po' di dignità non ci riesce. Ora Antonella Laricchia passa per un'eroina, e anche noi ci alziamo in piedi per applaudirla, sia chiaro. Ma pure il fatto che questo comportamento di assoluta e decente normalità venga considerato come una straordinaria eccezione la dice lunga sul degrado raggiunto dalla nostra politica.E la cosa impressionante è che tutto ciò avviene in un momento storico assai delicato, in mezzo alla crisi provocata dalla pandemia, con l'economia che crolla e il mondo che cambia. Tutti i parlamentari che compaiono nei talk show, non a caso, si riempiono la bocca con parole altissime: il futuro, i giovani, la svolta europea, il Paese da ricostruire, il nuovo dopoguerra, i progetti ambiziosi, i sogni da realizzare, Bretton Woods, Piano Marshall, stati generali e riforme epocali. E dopo, però, appena escono dallo studio che fanno? Vanno a trattare sull'assessorato regionale della Puglia. Lo vuoi? Se te lo do ti ritiri? Ci devo aggiungere qualcosa? Una poltrona? Una poltroncina? Una cadrega al consiglio di circoscrizione? Un'altra al circolo rionale?Anche qui: non siamo nati stamattina, sappiamo che da sempre c'è una certa discrepanza tra le dichiarazione solenni che si fanno in pubblico e le trattative meschine che si fanno sottobanco. Ma qui si sta esagerando: non c'è una discrepanza. C'è un abisso. Una voragine. Dentro cui sprofonda quel poco che resta della nostra fiducia nella politica. La quale politica una volta, con tutti i suoi difetti, almeno provava a volare alto. E le partite fondamentali le giocava sulla presidenza della Repubblica, Palazzo Chigi, i ministeri importanti, le presidenze degli enti nazionali. Mica sull'assessorato alla Sanità delle Marche. Che la politica fosse sangue&merda, in fondo, lo sapevamo da un pezzo. Ma ora ci accorgiamo con un po' di sgomento che il sangue è venuto meno. E anche la merda, per dire, si è ridotta al massimo a una cacchina.
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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