
Il governo giallorosso aveva promesso di dialogare con l'Ue per spuntare maggiori margini di manovra. I dem che presiedono le postazioni chiave, invece, si stanno dimostrando i primi fanatici dell'austerità.«Vedrete, ora che al governo con il M5s c'è il Pd, l'Europa allenterà i cordoni della borsa. Del resto, sono state Parigi e Berlino a orientare il ribaltone…». Alzi la mano chi, in queste ultime settimane, non ha sentito ripetere questo concetto in tv, al bar, in tram. Bene (anzi, male): potete archiviare questa teoria nella cartellina «leggende metropolitane». Lasciamo ogni speranza: qui tra il neo commissario europeo agli Affari economici, Paolo Gentiloni (che ieri ha avuto la sua audizione al Parlamento Ue) e gli altri due scudieri dem del rigore europeo, il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, e quello agli Affari europei, Enzo Amendola, la troika ormai ce l'abbiamo direttamente in casa nostra. La troika italiana, l'ha definita Francesco Verderami sul Corriere della Sera, riportando la raccomandazione di Gentiloni al nostro governo sulla legge finanziaria: «Paolo ci ha detto nun v'allargate». Lo stesso Gualtieri ha spiegato che «forzare la mano in questa fase non conviene, perché ci sarebbe il rischio di recuperare da una parte ma di perdere dall'altra con un aumento dello spread».Il terzo componente della troika italiana, Enzo Amendola, ieri al Foglio ha detto chiaro e tondo che «l'Europa non è un bancomat, semmai è una polizza assicurativa. Non esiste una spectre europea che ci vuole male», ha ammonito Amendola, «quel che va evitato è alimentare gli scontri con l'Unione europea per poi ritrovarsi con rischi di procedure di infrazione». Se Jean Claude Juncker e Pierre Moscovici erano la padella, si può ben dire che Ursula von der Leyen e Paolo Gentiloni promettono di essere la brace, con Gualtieri e Amendola impegnati nel controllare che la cottura degli italiani sia bella al sangue. Alla prova dei fatti, quella che sta emergendo è una verità che fa molto male: mentre all'epoca dell'alleanza Lega-M5s il governo italiano, come tutti ricorderete, ingaggiò un durissimo braccio di ferro con l'Unione europea per ottenere un po' di ossigeno (leggi flessibilità sui conti pubblici) per tentare di far ripartire l'economia, ora che alla guida del nostro Paese e della nostra economia c'è il Pd, Roma e Bruxelles vanno d'amore e d'accordo. Il nostro governo è infatti totalmente allineato ai diktat della Commissione, che tra l'altro vede in Gentiloni la rappresentazione plastica del commissariamento (è il caso di dirlo) del nostro Paese. Gentiloni parla la stessa lingua del suo predecessore, Pierre Moscovici, ancora in carica per qualche settimana. Rigore, rigore, rigore: questa la filastrocca che ieri, a Bruxelles, Gentiloni ha ripetuto nel corso dell'audizione da parte delle commissioni competenti dell'Europarlamento (Economica, Affari sociali e Bilancio), che hanno dato l'ok alla sua nomina.«Supervisionerò l'applicazione del Patto di stabilità e crescita», ha promesso Gentiloni, «per assicurare la sostenibilità dei conti, farò uso delle flessibilità quando necessarie, per ottenere una fiscal stance appropriata e consentire alle politiche di bilancio di giocare un ruolo di stabilizzazione e promuovere gli investimenti. Il Patto di stabilità e crescita non è perfetto», ha azzardato Gentiloni, «userò l'opportunità che ci dà la revisione del six e two pack per riflettere sul futuro, basandomi sull'evidenza del passato e prendendo in considerazione il contributo del Fiscal Board».Dunque il Patto di stabilità, vera e propria arma letale che l'Europa utilizza a suo piacimento, per randellare le economie dei paesi che non si piegano ai diktat dei burosauri di Bruxelles, per Gentiloni semplicemente «non è perfetto». «Nell'applicare le nostre regole», ha aggiunto il commissario Gentiloni, «mi concentrerò sulla riduzione del debito pubblico come qualcuno a cui sta profondamente a cuore l'impatto potenzialmente destabilizzante del debito alto quando l'economia va male. Mi occuperò anche di un uso adeguato dello spazio di bilancio per far fronte al rischio di rallentamento delle nostre economie».Viene da chiamarlo Pierre Gentilonì, vista la solerzia con la quale il «nostro» commissario europeo si premura di ricalcare pedissequamente la linea del suo predecessore: regole rigide, riduzione del debito pubblico, applicazione senza se e senza ma del Patto di stabilità. Nessun accenno alla necessità di ridiscutere queste regole, che soffocano l'economia dell'Italia e non solo. Anzi: «Abbiamo il Patto, abbiamo le regole», ha tuonato Gentiloni, «dobbiamo applicarlo, nel patto ci sono le flessibilità che non sono concessioni verso questo o quel Paese, ma è qualcosa che sta nelle regole».E via, con la beatificazione del rigore: «Non sempre le regole Ue», ha sentenziato Gentiloni, «sono l'ostacolo per l'efficace realizzazione di investimenti. Il Patto già prevede la possibilità di incentivare gli investimenti pubblici, e non dobbiamo ignorare che molto spesso la difficoltà nel promuovere investimenti non è legata al funzionamento delle regole Ue, ci sono difficoltà non solo in Italia ma anche in altri paesi a promuoverli e a dargli ritmo anche quando ci sono risorse e non ci sono vincoli Ue». Cari italiani, siamo fritti. Anzi, cotti: al sangue.
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.