Basterebbe questa cifra per garantire le borse di studio che formano gli specialisti necessari negli ospedali. L'associazione dirigenti dei camici bianchi: «Dobbiamo puntare sul ricambio generazionale, richiamare in corsia gli anziani non serve a niente».Mancano meno di 50 milioni di euro per avere il numero di giovani specialisti ospedalieri che servono a garantire i Livelli essenziali di assistenza (Lea). Inutile richiamare in corsia i medici già in pensione per sopperire alle carenze di organico. «È una non soluzione», ha dichiarato alla Verità Carlo Palermo, segretario nazionale dell'Associazione dei dirigenti medici Anaao Assomed. Il riferimento è alla delibera approvata in questi giorni dalla Regione Veneto, che autorizza i direttori delle aziende sanitari regionali a conferire incarichi di lavoro autonomo ai medici già in pensione e far fronte così ai 1.300 camici bianchi che mancano per garantire le cure adeguate. La decisione è stata definita «un atto estremo» dallo stesso Luca Zaia, governatore del Veneto, che ha giustificato la scelta come atto dovuto alla «mancanza di risorse per formare i giovani».Il problema della carenza di personale in corsia è vecchio di dieci anni ed è dovuto a «una programmazione fallimentare». Su questo concordano sia Zaia sia il segretario del sindacato Anaao: i 52.000 specialisti che oggi mancano all'appello a livello nazionale non si rimpiazzano con gli over 65 già a riposo, anche perché non è detto che accettino. Inutile attingere dall'estero, dato che in Germania, per lo stesso ruolo, uno specialista guadagna mediamente il doppio di un italiano. «Nei prossimi cinque anni», ha spiegato Palermo, « in Europa mancheranno 260.000 medici, ma il mercato si sposterà dove il livello di remunerazione è più alto», quindi non certo alle nostre latitudini, dove lo stipendio «è fermo da dieci anni intorno a 2.300 euro al mese contro i 4.000-5.000 di tedeschi e francesi». Il rischio è di perdere così ulteriori giovani specialisti. «Noi spediamo 250.000 euro per formarli», ha osservato il presidente Anaao, « e poi regaliamo questo patrimonio all'estero a causa di una programmazione sbagliata da dieci anni». Dov'è l'inghippo? Il numero delle borse di studio per le specializzazioni è programmato a livello regionale, ma i fondi sono, in gran parte, nazionali. In questi anni «molte regioni», ha spiegato Palermo, « avendo una discrepanza tra programmazione e finanziamento nazionale, hanno aumentato le borse con fondi regionali. Questo è successo in Lombardia, Emilia Romagna e nello stesso Veneto, ma solo per alcune specialità e non in modo adeguato». A peggiorare il quadro è subentrato il blocco del turnover, che ha di fatto evitato l'assunzione di 50.000 addetti e consegnato all'Italia il triste primato di Paese con i medici ospedalieri più vecchi al mondo (il 54% ha più di 55 anni). Questo provvedimento ha fatto risparmiare circa due miliardi di euro (dati 2017). «La prima cosa da fare», secondo il segretario Anaao, «è sbloccare le assunzioni e attingere da questi soldi risparmiati e assumere i circa 6.000 specializzati che già ci sono». Il secondo punto è applicare quanto previsto dall'ultima legge di bilancio, cioè «assumere anche gli specializzandi dell'ultimo anno, che sono 6.000», come ha osservato Palermo. Sembra facile, ma in realtà «sono già partite delle diffide», ha continuato, «perché si continuano a fare bandi di concorso senza permettere a quelli dell'ultimo anno di specialità di partecipare». In ogni caso però, i conti non tornano ancora. «Il ministro della Salute continua a dire che le borse disponibili sono sufficienti», ha commentato Palermo, «ma pur considerando lo sforzo fatto dal ministero che ha portato da 6.200 a 7.100 le borse di studio per la specializzazione, con relativo stanziamento di 100 milioni, ancora non risolviamo il problema». Anche considerando le circa 600 borse finanziate con i soldi regionali, si arriva al massimo a 8.000, ma ne servono 10.000. «Secondo i nostri calcoli», ha spiegato l'esperto, «per garantire la qualità del nostro Sistema sanitario che, va ricordato, secondo i dati Ocse, ha la più bassa mortalità per infarto acuto a 30 giorni e più alta sopravvivenza per ictus, servono almeno 10.000 borse di studio per le specialità». Mancano quindi all'appello 2.000 specializzandi all'anno, pari a un investimento che non supera i 50 milioni. Il calcolo è semplice. Ogni borsa costa circa 24.000 euro l'anno. Moltiplicando per i 2.000 giovani specializzandi che servono, si arriva tra i 48-50 milioni, una cifra irrisoria rispetto a un fondo sanitario nazionale che vale complessivamente circa 115 miliardi di euro.Il problema è che il ministro Giulia Grillo «sembra voler prendere un'altra strada e mantenere ferme le borse a 8.000, immettendo negli ospedali neolaureati per compiti non specialistici», ha spiegato Palermo che teme, da questa scelta, una deriva pericolosa. «La qualità del nostro sistema sanitario è fondata sugli specialisti. Per questo», ha ribadito, «l'investimento va fatto sui giovani in specialità e non sui medici generici e sugli anziani». A ragione il segretario Anaao parla di investimento. Il Sistema sanitario non è uno spreco e nemmeno un costo perché, oltre a mantenere in buona salute la popolazione, muove un indotto di due milioni di operatori ad elevato livello tecnologico e di innovazione. È un sistema che vale intorno all'11% del Pil nazionale: ogni euro investito in sanità ne frutta 1,7. Ecco perché salvaguardare la qualità di questo sistema è un investimento. Non ci vuole molto: meno di 50 milioni all'anno per rinnovare una classe medica che, una volta in pensione, faccia finalmente spazio ai giovani.
Matteo Ricci (Ansa)
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