2022-10-14
Cl torna a inginocchiarsi davanti al Papa
Papa Francesco. Nel riquadro, Karol Wojtyla e Don Giussani (Ansa)
Domani in San Pietro attesi circa 50.000 aderenti a Comunione e liberazione. Nell’anniversario del fondatore (e servo di Dio) don Giussani, il movimento incontra Francesco nel pieno del cammino di riforma chiesto dalla Chiesa alle associazioni laiche.Domani Comunione e liberazione «torna» dal Papa, in un momento storico delicato e cruciale per la storia del movimento fondato da don Luigi Giussani, scomparso nel 2005 e oggi servo di Dio. L’udienza accordata agli aderenti a Cl a sette anni dall’ultima concessa da Francesco e 24 da quella che vide protagonisti lo stesso sacerdote di Desio e Giovanni Paolo II, rappresenta infatti un doppio tornante: da un lato il centenario della nascita di don Luigi Giussani, nato a Desio il 15 ottobre 1922, dall’altro l’impatto sul cammino di riforme chiesto a tutti i movimenti dal Vaticano, che su Cl ha avuto un impatto tutt’altro che trascurabile.Per dare la dimensione dell’opera del «Gius», così lo chiamano i suoi amici, basti ricordare che per l’udienza di domani sono attese in Piazza San Pietro a Roma circa 50.000 persone da ben più di 60 Paesi al mondo. Ma, si diceva, il momento è doppiamente storico per Cl: innanzitutto perché Francesco, che sui movimenti in generale ha una visione peculiare rispetto ai predecessori, con certa decisione ha impresso un cammino di rinnovamento che ha portato alle dimissioni dal ruolo di presidente di Cl don Julián Carrón, il prete spagnolo diretto successore di Giussani e in carica dal 2005 fino al novembre dello scorso anno. Un percorso complesso, iniziato nel giugno 2021 con la pubblicazione di un documento del dicastero vaticano per Laici, famiglia e vita, retto dal cardinale Kevin Farrell, in cui il Papa, che non ama l’incistarsi di leadership vitalizie e relative conventicole, mandava a dire a tutti i movimenti che la stessa persona può restare al comando «per un periodo massimo di dieci anni consecutivi». Conseguenti, anche se non tecnicamente inevitabili, le dimissioni dopo qualche settimana di Carrón. Nel frattempo era arrivato anche il «commissariamento» dei Memores domini, l’associazione laicale di Comunione e liberazione i cui membri si impegnano a praticare castità, povertà e obbedienza. Anche qui la Chiesa, pur mostrando particolare stima per la formula vocazionale ideata da Giussani, ha avanzato rilievi importanti sulla sua declinazione storica: monsignor Filippo Santoro, ciellino e vescovo di Taranto, incaricato di essere «traghettatore» per i Memores, ha spiegato come sia necessario purificare l’associazione dai rischi di una mentalità per cui «se non c’è don Carrón non può esserci la guida del movimento e non ci può essere conduzione del carisma». E questo «il Papa e il dicastero ritengono che non è giusto». Tornando a tutta Cl, al posto di Carrón è quindi arrivato l’incarico a Davide Prosperi, «presidente ad interim» di Cl, accompagnato poi da una significativa missiva del cardinale Farrell, che ha prorogato il suo mandato per un quinquennio. Ha scritto il cardinale: «La dottrina della “successione del carisma” - proposta e alimentata durante l’ultimo decennio in seno a Cl da chi era incaricato della conduzione, con strascichi che vengono ancora coltivati e favoriti in occasione di alcuni interventi pubblici - è gravemente contraria agli insegnamenti della Chiesa». Un passaggio di inusitata durezza per la felpata diplomazia vaticana.È quindi Prosperi, per dieci anni vicepresidente di Cl, direttore del Centro di Nanomedicina dell’Università Milano Bicocca (primo laico dopo due sacerdoti), a raccogliere la sfida di rinverdire le radici del Movimento e portarlo domani davanti al Papa. Nella sua lettera ai membri della Fraternità in vista dell’udienza di domani, Prosperi ricorda che Cl esiste solo per un motivo e lo fa citando don Giussani: «Nel grande alveo della Chiesa e nella fedeltà al Magistero e alla Tradizione, abbiamo sempre voluto portare la gente a scoprire - o a vedere in modo più facile - come Cristo è presenza». È il «segreto» semplice ed eterno del Gius, a sentire appunto il suo amico cardinale Biffi. «Quando (nel 1954, ndr) Giussani lasciò la docenza teologica per dedicarsi a tempo pieno ai ragazzi del liceo Berchet di Milano», ricordava il grande prelato scomparso nel 2015, «non aveva il convincimento di iniziare qualcosa di inedito. Voleva semplicemente far conoscere in maniera più efficace, più coerente, più persuasiva il cristianesimo di sempre agli adolescenti che gli si presentavano. Neanche inventò forme inedite di pastorale giovanile». Faceva il suo mestiere, quello di prete. «Non pensò nemmeno di dare al movimento un programma», conclude Biffi. «Ebbe una sola grande preoccupazione: quella di trasmettere a tutti l’esperienza del cristianesimo».Non è una ritirata in qualche «scelta religiosa» quella del prete brianzolo, ma nemmeno un programma politico. La sua era una fede tutta intera, così straripante che forse ancora attende un pieno sviluppo e comprensione nelle sue implicazioni culturali. Fede e ragione, non sentimento. Fede e vita, non sacrestia. La fede, rispose in una memorabile intervista concessa al giornalista Massimo Fini, «o investe tutta la personalità umana oppure resta una giustapposizione intellettualistica o, al più, un’intrusione sentimentale. Noi non crediamo alla separazione fra fede e politica. A una fede che non abbia alcuna incidenza sulla vita (e quindi su quella fondamentale espressione della vita che è la politica) io non ci crederei».
Leonardo Apache La Russa (Ansa)
Nessuna violenza sessuale, ma un rapporto consenziente». È stata archiviata l’indagine a carico di Leonardo Apache La Russa e l’amico Tommaso Gilardoni, entrambi 24enni, accusati di violenza sessuale da una di ventiduenne (ex compagna di scuola di La Russa jr e che si era risvegliata a casa sua).
Nel riquadro, Howard Thomas Brady (IStock)