2021-01-21
I «compagni» litigano sulle scorte. Il partito unico delle fiale è già finito
Stefano Bonaccini e Nicola Zingareti (Ansa)
Il dem Stefano Bonaccini insiste sulla solidarietà tra le Regioni. Secco no dell'assessore della giunta Zingaretti. Slitta di una settimana l'entrata in servizio dei 1.500 infermieri promessi dal commissario a inizio dicembre.Non piace a tutti i governatori l'ipotesi di un meccanismo di solidarietà, in base al quale le Regioni che hanno conservato più dosi di vaccino ne cederebbe una parte a quelle che hanno somministrato di più, senza tenere le scorte per il richiamo. Ieri il presidente dell'Emilia Romagna, nonché presidente della conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini, ha ribadito quanto era emerso martedì sera nella videochiamata con i ministri Francesco Boccia, Roberto Speranza e con il commissario Domenico Arcuri. «Abbiamo deciso il riequilibrio tra Regioni, perché Pfizer ha deciso unilateralmente a chi togliere di più e a chi meno. Regioni come la nostra, la Lombardia e il Friuli sono state colpite in maniera più pesante», ricordava il governatore. Il problema, però, è l'assenza di un piano di vaccinazione nazionale che stia funzionando e se manca vaccino, è perché le dosi sono state distribuite senza obbligare con precise direttive a metterne da parte il 30%. Si doveva fin dall'inizio programmare una campagna che garantisca agli oltre 1,2 milioni di italiani già vaccinati di poter fare anche il richiamo, senza prefigurare intervalli di tempo diversi da quelli raccomandati da Pfizer, ovvero dopo 21 giorni. Marco Cavaleri, responsabile vaccini dell'Ema, l'Agenzia europea del farmaco, l'ha detto chiaramente su Repubblica: «Non abbiamo dati sull'efficacia della singola dose sul lungo termine e quindi raccomandiamo di usare il vaccino in linea con i test clinici e con la nostra autorizzazione». Ma al commissario per l'emergenza interessava solo dimostrare che l'Italia corre nelle vaccinazioni, per essere primi in Europa a iniettare il maggior numero di farmaco anti Covid. La gara a chi arriva primo non è ragionevole, se si utilizzano tutte le fiale inviate da Pfizer sapendo che le dosi sono due. Invece di insistere sul concetto di Regione più o meno virtuosa in base alle somministrazioni di farmaco effettuate, bisognava modulare la campagna non solo in riferimento al target dei cittadini da immunizzare, ma anche delle scorte obbligatorie. Non opzionali. Adesso, i governatori che hanno conservato più dosi fanno resistenza e non accettano di essere penalizzati solo perché Arcuri tenta di rimediare alla mancata programmazione, chiedendo di rivedere la distribuzione dei vaccini. Il piano al vaglio dei suoi uffici sarebbe quello di destinare le prossime prime dosi ai richiami, rimandando così la fase 2 della vaccinazione per molti degli over 80 che, dopo operatori sanitari e pazienti Rsa, come da piano nazionale, sono la seconda categoria per cui è prevista la somministrazione. Sull'idea di redistribuire le fiale in giro per il Paese si è espresso con molta chiarezza l'assessore regionale alla Sanità della Regione Lazio: «Il problema non è il trasferimento di dosi ma averle tutti», ha detto Alessio D'Amato. «Anche perché noi non siamo nelle condizioni di trasferirle in quanto abbiamo già 100.000 persone che devono essere sottoposte a richiamo nei prossimi 14 giorni». L'assessore aveva infatti precisato che «i ritardi Pfizer impongono priorità nella somministrazione delle seconde dosi per completare la copertura vaccinale». Anche il presidente del Veneto, Luca Zaia, ha dichiarato: «Per adesso stiamo facendo solo i richiami», aggiungendo «ma ci servono 110.000 dosi», perché «dobbiamo essere messi nelle condizioni di vaccinare». Il governatore veneto pensa che le seconde dosi dovrebbero essere «garantite da un magazzino nazionale», che il commissario Arcuri non ha previsto. Le Regioni sono costrette a litigare perché devono arrangiarsi senza quel piano dettagliato che doveva essere pronto dallo scorso ottobre, come da raccomandazione Ue, e devono fronteggiare l'assenza di vaccini come di vaccinatori. Ieri dovevano essere pronti i primi 1.500 infermieri promessi da Arcuri. Lo scorso 11 dicembre, il super commissario aveva emanato un avviso pubblico per assumere con un contratto a tempo determinato fino a 3.000 medici e 12.000 infermieri e assistenti sanitari, per sostenere la campagna di somministrazione del vaccino nelle 1.500 strutture distribuite su tutto il territorio nazionale, ma sono arrivate solo 3.900 domande di infermieri. Le tre agenzie per il lavoro, che li stanno selezionando facendosi pagare ben 25 milioni di euro, evidentemente non riescono a rispettare i tempi annunciati da Arcuri. Alla base di una così scarsa risposta all'avviso pubblico ci sarebbe il malcontento, per un trattamento economico giudicato troppo basso con stipendi da 1.500 euro per sei vaccinazioni l'ora su una base di 37 settimanali, senza nessuna prospettiva di assunzione a fine contratto. Manca il personale promesso da dicembre, eppure la Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi) si è resa disponibile a mettere a disposizione i circa 60.000 infermieri liberi professionisti che hanno i requisiti richiesti dal bando. Possiamo somministrare i vaccini, hanno scritto in una lettera una lettera appello inviata al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ai ministeri della Salute e degli Affari regionali, al commissario Domenico Arcuri e al presidente delle Regioni, Stefano Bonaccini. L'invito è rimasto senza risposta. Ad oggi continuano a mancare infermieri e prima della prossima settimana non sono attesi i primi rinforzi promessi. Anche per i vaccinatori e i medici il piano nazionale prosegue alla giornata, forse oggi si conoscerà come sarà distribuito sul territorio lo scarso personale a disposizione.
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