2020-06-28
Comincia a far effetto l’odio anti lombardo. Proiettili a Bonometti che va sotto scorta
Due buste con pallottole al capo della Confindustria regionale. Si era detto contrario a istituire la zona rossa nella Bergamasca.L'odio dei buoni produce proiettili, è arrivata l'ora di togliersi la mascherina dagli occhi. L'ultimo piccolo manufatto con una carica simbolica da paura è arrivato in una busta a Confindustria Bergamo, ma indirizzato al presidente regionale degli imprenditori, il bresciano Marco Bonometti. Nessun errore del postino, la pallottola è finita proprio lì dove voleva mandarla il misterioso mittente: a pochi chilometri da Nembro e Alzano, i luoghi della zona rossa «arrivata tardi», proprio quella che la sinistra dei partiti, delle sigle sindacali e delle redazioni considera la Stalingrado della guerra ideologica alla Lombardia.Potrebbe essere l'opera di un matto ma il brodo di coltura involontario è quello della subdola campagna politica post Covid. Nel pacco dono a Bonometti - è il secondo dopo le minacce - sembra esserci un salto di qualità: l'orizzonte non comprende più solo i presunti capri espiatori politici e sanitari della faccenda (Attilio Fontana e Giulio Gallera, colpevoli d'essere stati in trincea per tre mesi), ma anche gli imprenditori. Il presidente regionale li rappresenta tutti, anche quelli che non volevano chiudere perché in quell'inizio di marzo nessuno poteva cogliere la portata del virus cinese. Non lo compresero i sindaci Giuseppe Sala e Giorgio Gori, non lo comprese il segretario del Pd Nicola Zingaretti contagiato dopo un apericena, non lo compresero volti televisivi come Corrado Formigli, Myrta Merlino che si strafogavano di involtini primavera in diretta, non lo comprese il capo dello Stato che abbracciava bambini cinesi a scuola, non lo compresero il premier Giuseppe Conte e l'Istituto superiore di sanità che decisero il primo provvedimento un mese dopo avere dichiarato lo stato di emergenza. Curiosamente il meccanismo è lo stesso di Tangentopoli: c'è chi poteva non sapere e chi non poteva non sapere. A scelta.Un meccanismo subdolo che non tiene conto dei fatti: non essendo l'Italia uno Stato federale, la zona rossa riguardava Palazzo Chigi. Lo ha ammesso lo stesso Conte dopo un lungo scaricabarile. Ma la realtà è un optional, decidono ancora una volta minoranze rosse e giornali compiacenti. Dipende dal colore, dipende dagli obiettivi da raggiungere. E la Lombardia ferita è il target più succulento, oggi vittima di imboscate vietnamite nella giungla degli esposti, delle minacce. E ora anche dei proiettili via posta prioritaria. Interrogato dai magistrati della procura di Bergamo, Bonometti ha riferito di non avere «mai ritenuto indispensabile la chiusura delle attività industriali». Risultato, pallottole e scorta. Come Fontana, contro il quale da un mese il complimento «assassino» viene scritto sui muri di Milano e scandito in pubblico da persone facilmente identificabili dalla Digos. Un pessimo segnale in vista di un autunno annunciato come difficile per colpa dei soldi del Monopoli del governo; un autunno nel quale si prevedono ristrutturazioni e licenziamenti soprattutto nel Nord industriale. Sottovalutare oggi le pallottole senza P38 significa esporsi a drammi ben noti, abbiamo già dato.A margine, si nota un atteggiamento disinvolto della classe politica al governo e dei suoi guru di riferimento. Il leader grillino Vito Crimi che dice: «Vogliamo commissariare la Lombardia»; il ministro Francesco Boccia che da maestrino attribuisce le colpe più surreali al Pirellone; Carlo Cottarelli che flauta il vergognoso «La Padania... c'è riuscito il virus»; l'europarlamentare piddino Pierfrancesco Majorino che attizza i social («Bisogna mandarli a casa con ogni mezzo»); miserevoli giornalisti che concludono i post su Facebook con l'esclamativo «vergogna», diventano facili alibi per chi vive con il fiammifero acceso. Se n'è accorto Stefano Bonaccini, non imputabile di simpatie leghiste, e ha sottolineato: «Il virus ha colpito i territori più popolosi e dinamici. Sul virus non si specula». C'è un dato politico a far da scenario. La sinistra assistenzialista incapace di parlare ai lavoratori lombardi, alle partite Iva, ai commercianti, ai piccoli imprenditori; la sinistra parolaia che coccola i vip e i centri sociali ma non riesce a intercettare le masse posfordiste dopo la rivoluzione industriale che ha parcellizzato le grandi fabbriche feudi del Pci, sembra volerci provare così. Sconfitta alle elezioni da 30 anni, sconfitta dopo Mani pulite nonostante la cavalleria del generale Antonio Di Pietro, forse crede di avere trovato un alleato nel virus per tentare la più sgangherata delle spallate.Finora si sono mosse le avanguardie sindacali ed extraparlamentari. I Carc minacciano Fontana a ogni occasione, i Cobas e la Cgil hanno presentato denunce a raffica. Con una credibilità da dimostrare: a firmare l'assurdo esposto contro l'ospedale in Fiera a Milano è stato un pregiudicato, Riccardo Germani, noto per essersi travestito da Zorro a un comizio di Matteo Salvini. Tutti in prima fila con le bandiere rosse, come se fosse normale trasformare una pandemia in un processo infinito sfruttando il dolore per le vittime. C'è chi gioca col fuoco. Eppure la storia insegna che i proiettili non stanno solo nelle buste.